A Oggi: «Il mio primo incontro finì con un ko. Ricordo di essere tornata a casa e di aver fatto piangere mia nonna perché le avevano detto che avevo picchiato a sangue una ragazzina».
Oggi ha intervistato Irma Testa, a 12 anni i primi guantoni a Torre Annunziata, a 14 ad Assisi per allenarsi, la nostra pugile più famosa, va all’Olimpiade.
Nella sua vita precedente ha fatto danza classica, agli antipodi rispetto al pugilato.
«Come pallavolo, nuoto, pattinaggio. La maestra di danza disse a mia madre: “Questo sport non fa per sua figlia, ti pago se me la porti via dalle lezioni, disturba tutta la classe”».
Che cosa non le piaceva?
«Il silenzio durante gli allenamenti. In palestra nell’ora di punta, quando ci alleniamo, sembriamo tanti cani che abbaiano perché facciamo casino. Si urla quando ci si allena, sul ring, si urla quando tiri i colpi. E poi nonmi piacciono le regole della danza».
Ovvero?
«Sono noiose. Il pugilato ha regole che posso applicare anche nella vita di tutti i giorni».
Mi spieghi.
«Insegnano a rispettare il tuo avversario. All’inizio facevo fatica a capire, dicevo: una persona che vuole picchiarmi, vuole rubarmi un incontro, vuole vincere al posto mio, sale sul ring per togliermi qualcosa che desidero, la devo rispettare? Ero bambina».
Invece?
«I maestrimi spiegarono che come me quell’avversario aveva fatto molti sacrifici e sofferto.Da quando ho capito questo, ho iniziato a rispettare tutti».
Che ricordi ha dei suoi primi guantoni.
«Il mio primo incontro finì con un ko. Ricordo di essere tornata a casa e di aver fatto piangere mia nonna perché le avevano detto che avevo picchiato a sangue una ragazzina».
L’aveva davvero picchiata a sangue?
«È questo il pugilato. Puoi picchiare a sangue, ma lo devi fare rispettando le regole».
Quando è lei a grondare sangue come si sente?
«Mi piace. Un occhio nero, la faccia gonfia. Guardi, qui ho avuto 30 punti sul sopracciglio, infatti ho un tatuaggio perché ho dovuto coprire la cicatrice. È proprio questo il bello: ci sono due persone che si picchiano, però bisogna farlo con delle regole»
All’Olimpiade di Rio ha fallito,ma non si è arresa.
«Si aspettavano la medaglia. Erano usciti tutti i maschi. Ci credevo, è stato un fallimento enorme per una ragazzina di diciott’anni che per la prima volta partecipava a un evento così. Quattro mesi prima avevo battuto quella che poi sarebbe diventata la campionessa olimpica della mia categoria. E non riuscivo a capire dove avessi sbagliato. Mi sono rintanata a Torre Annunziata».
Chi le ha fatto cambiare idea?
«Mamma. Mi ha detto: “Ti rendi conto che sei una delle poche in famiglia ad avercela fatta? Torna a combattere per me, per tua sorella”.Mi sono detta: se devo ricominciare, voglio che succeda nella mia palestra. E così è stato».