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La differenza tra Conte e Sarri (o Giuntoli) spiegata da Sciascia

Le cinque categorie dell’umanità. Conte rifiuta “chi non salta juventino è”, Sarri rinnega il sarrismo e Giuntoli svela la sua juventinità

La differenza tra Conte e Sarri (o Giuntoli) spiegata da Sciascia
Db Milano 06/10/2019 - campionato di calcio serie A / Inter-Juventus / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Antonio Conte-Maurizio Sarri

La differenza tra Conte e Sarri (o Giuntoli) spiegata da Sciascia

Ha incredibilmente fatto discutere la ovvia risposta di Antonio Conte ai tifosi del Napoli che in piazza a Dimaro hanno cantato, rivolgendosi al tecnico, “chi non salta, juventino è”. Conte ha risposto in poche parole, ha detto «non chiedetemi quel che non posso fare». Ha spiegato che gli allenatori devono dare l’esempio e che non mancherebbe di rispetto ad alcuna squadra. Non ci dilunghiamo più di tanto. Tutto ciò che non marcia in direzione del populismo, e delle alici da dare in posto ai tifosi, è sempre ben accolto dal Napolista. La juventinità di Conte è tema che lasciamo ad altri, agli autoproclamatisi custodi dell’identità (che poi chissà perché a Napoli il concetto di identità è sempre associato alla paccottiglia). Noi preferiamo ricordare Napoli che impazzì di gioia quando arrivò lo juventino Sivori. Erano tempi in cui la parola identità era associata esclusivamente al documento.

C’è un altro aspetto della reazione di Conte. Ci ha fatto ricordare le reazioni di Maurizio Sarri e Cristiano Giuntoli non appena coronarono il sogno della loro vita: lavorare per la Juventus. Sarri rinnegò quella pagliacciata immonda che fu il sarrismo e che a Napoli lui cavalcò per ragioni demagogiche. Giuntoli addirittura svelò una sua fin lì nascosta juventinità, con tanto di trasferte in autobus al seguito del padre che lo instradò sulla fede bianconera. Sarebbe bello sottoporre Giuntoli a un quiz sulla Juve degli anni Settanta e Ottanta, potrebbe risultare divertente.

Conte, Sarri e Giuntoli spiegati da Sciascia

Ecco questo contrasto ci ha richiamato alla memoria Leonardo Sciascia la memorabile divisione dell’umanità in cinque categorie ne “Il giorno della civetta”, nel dialogo tra don Mariano Arena, il mafioso, e il capitano Bellodi.

«Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo…».

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