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La lezione (all’Italia) della Federcalcio spagnola: si costruisce con il multiculturalismo, non con l’identità

Dal Paìs: la Rfef segue circa 200 talenti figli dell’immigrazione, ogni anno. Hanno un database, è un lavoro scientifico. Escono così Yamal e Williams

La lezione (all’Italia) della Federcalcio spagnola: si costruisce con il multiculturalismo, non con l’identità
Spain's Lamine Yamal (L) and Georgia's Georgia's midfielder Luka Gagnidze fight for the ball during the UEFA Euro 2024 qualifying first round group A football match between Georgia and Spain in Tbilisi on September 8, 2023. (Photo by Vano SHLAMOV / AFP)

I giovani, dice. Italiani, però: giovani E italiani, devono essere. E’ la ricetta – sempre la stessa, sempre uguale – che tiriamo fuori quando l’Italia del calcio naufraga. Praticamente sempre, negli ultimi anni. Da dove ripartiamo? Ma dai “giovani” signora mia. L’annessa polemica è che in Serie A ci sono troppi stranieri. E poi guardiamo agli “altri”. La Spagna per esempio, che agli ultimi Mondiali aveva fatto una figuraccia ed adesso… Ecco, come ha fatto la Spagna a rinascere così? Risponde El Paìs, e – spoiler – non è con l’identità che si va avanti, nel 2024… Si vince col multiculturalismo.   

Le punte di diamante della nazionale spagnola che fa sfracelli agli Europei sono Nico Williams e Lamine Yamal, figli di immigrati. Avrebbero potuto essere tre, se Alejandro Balde non si fosse infortunato. Ai Mondiali in Qatar erano in quattro: Williams, Ansu Fati, Balde e Roberto Sánchez. Una squadra multietnica. Ci sono altri giocatori nati all’estero: Le Normand e Laporte (Francia), e Joselu (Germania).

Nel 1995, secondo i dati delle Nazioni Unite, il numero degli immigrati in Spagna sfiorava il milione, pari al 2,51% della popolazione totale. Tra il 1995 e il 2010, sono aumentati di sei volte: da un milione a circa 6,2 milioni. La Federcalcio spagnola (Rfef) ha seguito da vicino questa evoluzione, spiega El Paìs. “Analizziamo, a seconda di ogni generazione, circa 200 giocatori all’anno”, spiega Francis Hernández, coordinatore della cava La Roja. “Abbiamo fatto un lavoro molto approfondito per avere un database con nomi e cognomi. Dalla generazione del ’96 a quella del 2010 abbiamo trovato 125 giocatori che potevano giocare con due o più federazioni“. Tra questi 125 ci sono Nico e Lamine. Il giocatore dell’Athletic avrebbe potuto giocare con il Ghana, come suo fratello Iñaki, e il giocatore del Barcellona con il Marocco. “Di questi 125 giocatori, 107 hanno scelto di giocare per la Spagna. L’85% sceglie noi. Si sono presi cura di loro qui. Si sentono importanti, il che è essenziale per un calciatore”, spiega Francis Hernández.

La mappa demografica della Spagna è in evoluzione, così come la selezione. “Ci troviamo in un momento, rispetto a 15 anni fa, in cui gli immigrati bussano alla porta per avere più rappresentanza. Tuttavia, vediamo che questa rappresentanza esiste più nello sport che in altri settori, spiega Abdoulaye Fall, membro del gruppo di esperti sulla migrazione della Commissione europea. Il sociologo Sebastian Rinken conclude: “È un ulteriore sintomo del cambiamento demografico in Europa. E poiché il calcio è lo sport con la maggiore accettazione sociale e significato mediatico, questo cambiamento può avere effetti molto positivi”.

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