ilNapolista

La Spagna ha sconfitto il dogmatismo: si è finalmente liberata dell’egocentrismo del tiqui taca (El Paìs)

“Ha due ali che ci riconciliano col calcio classico. È una nazionale guidata solo dal buon senso”, il suo è un calcio libero da schiavitù tattiche

La Spagna ha sconfitto il dogmatismo: si è finalmente liberata dell’egocentrismo del tiqui taca (El Paìs)
Mg Colonia (Germania) 30/06/2024 - Euro 2024 / Spagna-Georgia / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: esultanza gol Nicholas Williams

La Spagna, questa Spagna, così non se l’aspettavano nemmeno loro. Anzi. Perché l’opinione pubblica del calcio spagnolo era fuori dalla sua zona di comfort: non riusciva ad assegnare alla nazionale di de la Fuente una identità. Ed ecco la magia: la stessa mancanza di una identità specifica ha fatto il miracolo. Lo scrive Ramon Besa sul Paìs, in un ennesimo pezzo – El Paìs ormai va avanti così da giorni – in cui scarnifica questa squadra che funziona così bene, alla ricerca di un perché. Appunto: non se l’aspettavano proprio.

E dunque ecco il perché: la sconfitta del dogmatismo. Besa scrive che per fortuna è morto “il culto di quel modo di giocare, l’esercizio di egocentrismo chiamato tiqui-taca”. Ora la nazionale spagnola va forte perché “non ha avuto alcun attacco di stile né di furore, né di dogmatismo, lontana dall’impostura e abbracciata dal buon gusto del gioco, dal buon senso, senza altra sfida se non quella di provare a vincere ogni partita”.

Il calcio di questa Spagna “è un calcio socializzato, senza padrini né schiavitù, libero da debiti, gioghi personali e tattici, lontano dalle tensioni, indipendente dai club e dal bipolarismo della Lega. Non è una squadra d’autore, ma plurale, che seduce per l’autostima, l’armonia e la varietà del gioco ideato da de la Fuente”.

“Pur essendo una squadra pensata per avere palla, dominare, attaccare e pressare, può anche ribattere senza che nessuno gridi allo scandalo, allo stesso modo perdere il possesso non significa più rinunciare all’identità se si vince per 3-0. La squadra si allunga e non fa più girare il gioco, come accade con l’Inghilterra, né usa la palla per far sì che non succeda nulla – l’esempio è la Francia – ma usa il passaggio per danneggiare l’avversario e ricorre al tiro per concludere il gioco. La palla non va da un piede all’altro, viaggia veloce e in verticale, con pochi tocchi, da una parte all’altra”.

“La Spagna è una squadra moderna che vanta di avere due ali che la riconciliano con il calcio classico. Lamine e Nico simboleggiano il cambio di registro in Spagna. Il dribbling e l’inganno, la capacità di accelerare e fermarsi, sono gesti creativi in ​​un calcio in divisa e fisico, più preoccupato di non subire che di sfidare”.

Insomma, per Besa, le cose funzionano “da quando la Spagna ha smesso di giocare contro la Spagna”.

ilnapolista © riproduzione riservata