In napoletano si direbbe che è “angiaruso”, è ingordo. Crede sempre di poter ottenere di più e spesso rimane fregato. In più, ha il difetto dell’amore
La vicenda Osimhen conferma il punto debole di De Laurentiis: non sa vendere
Il termine in napoletano è angiarusia. Ingordigia. È a nostro avviso il principale punto debole di De Laurentiis che ormai, dopo vent’anni, è un uomo che conosciamo sufficientemente bene. Il presidente del Napoli non ama la vita comoda, non sa gestire le situazioni di vantaggio. Se fosse stato uno sportivo, non sarebbe mai stato uno di quelli che vanno in testa e dominano la gara. De Laurentiis si eccita nelle difficoltà. Ha bisogno di sentire l’adrenalina del terreno che gli viene a mancare sotto i piedi. Lo abbiamo visto, per l’ennesima volta, pochi mesi fa quando – noi ne ce lo saremmo mai aspettato – è uscito dall’angolo con il colpo Antonio Conte e aggiungiamo quello non inferiore di Gabriele Oriali. Credevamo che avesse imboccato il viale del tramonto e invece si è rimesso al centro della scena. Calcistica e mediatica. Ha piazzato il colpo da maestro mentre lui e la sua creatura stavano franando.
Quando invece veleggia col vento in poppa, con ampio vantaggio, decide di strambare per andare a cercare bonaccia o, peggio, burrasca.
De Laurentiis Osimhen e una lunga tradizione di affari sfumati per ingordigia
A differenza di quel che gli ha sempre contestato il popolo (per popolo intendiamo massa, quest’accezione di popolo include il fior fiore dei professionisti napoletani, la cosiddetta intellighenzia), che lo ha sempre definito pappone e lo ha accusato di lucrare sul sentimento dei tifosi, in realtà De Laurentiis avrebbe potuto guadagnare molto ma molto di più nel corso della sua presidenza. Se solo non fosse stato puntualmente vittima dell’angiarusia. Dell’ingordigia. È più forte di lui. Il Psg gli offre settanta milioni per Allan? E lui si infoia, si convince che potrebbe ricavarne novanta. Alza il prezzo. Fa le barricate. E poi resta con il peperone sullo stomaco. Un anno e mezzo dopo, lo svende all’Everton per poco più di venti milioni. Gli esempi sono innumerevoli. I quasi cento milioni rifiutati per Koulibaly che poi è finito quasi per pochi spiccioli al Chelsea a un anno dalla fine del contratto.
L’ultimo caso è stato quello di Osimhen. La scorsa estate, quella post-scudetto, De Laurentiis – come sappiamo – era entrato in una dimensione allo stesso tempo onirica e nicciana (da Nietzsche). Voleva dimostrare che lo scudetto era stato merito esclusivamente suo. E in questa fase di scarsa aderenza alla realtà, si trovò a fronteggiare le offerte per Victor Osimhen. Lui le rifiutò tutte. Senza starci a pensare due secondi. Evidentemente non c’era verso di ricondurlo quantomeno a una fase di riflessione. Voleva il duecentino. Rifiutò i 180 milioni di euro dell’Al Hilal, Osimhen avrebbe guadagnato 40 milioni di euro netti l’anni per cinque anni. Oggi lo ha ricordato L’Equipe che ha scritto: “Osimhen non dimentica che De Laurentiis gli ha fatto perdere 40 milioni netti l’anno per cinque anni”. Che in totale fanno 200 milioni netti.
Oggi, dodici mesi dopo, con un rinnovo e una clausola da 130 milioni che al momento è fuori mercato, De Laurentiis si ritrova tra le mani offerte che sono giusto la metà di quei 180 milioni offerti dagli arabi. E siamo certi che alla prossima occasione si comporterà allo stesso modo. Ciascuno ha i suoi punti deboli. È anche la conferma che, al fondo, anche per un uomo che non sottovaluta certo l’importanza del denaro, sono altri i fattori che scatenano la libido e fanno perdere la testa. Sono la gloria e soprattutto la sensazione di sentirsi amato. Il burbero De Laurentiis di fronte all’ebbrezza di sentirsi amato, ha perso più di duecento milioni tra mancata Champions, mancato Mondiale per club e svalutazione dei calciatori. E ha dovuto poi sborsare uno sproposito per Conte e il suo staff nel tentativo di rimettersi in carreggiata. Ci ha ricordato la figura dello strozzino magistralmente interpretato da Giacomo Rizzo nel film di Sorrentino “L’amico di famiglia”.