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Le scuole calcio sono un lusso, oggi gioca chi paga. Questa è la piaga del calcio italiano

Le formazioni le fanno i genitori. In Italia quanti figli di immigrati possono permettersi un’iscrizione ad una scuola calcio?

Le scuole calcio sono un lusso, oggi gioca chi paga. Questa è la piaga del calcio italiano
Mg Colonia (Germania) 30/06/2024 - Euro 2024 / Spagna-Georgia / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Nico Williams-Lamine Yamal

Le scuole calcio sono un lusso, oggi gioca chi paga. Questo è il problema del calcio (sport) italiano

Di tecnica, di tattica e di altre aberrazioni. Il pensiero ridondante di queste settimane legate al flop della nazionale di calcio, è la demonizzazione dei settori giovanili, degli allenatori e del loro frustrante modo di voler a tutti i costi allenare in maniera matura ragazzini anziché lasciarli liberi di sprigionare estro, fantasia e divertimento. Di tecnica e di tattica si parla dunque e non di altro e qui si commette l’errore di calare un sipario qualunquista su motivazioni ben più nette e valide.

Il calcio non è più alla portata di tutti

Il calcio, lo sport di base in genere, non è più popolare, ossia alla portata di tutti, ha perso la fame, è elitario sin dai primi passi, i ragazzi vengono iscritti alle scuole calcio, alle scuole di pallacanestro o di volley, a suon di quattrini e giocano perché pagano, a prescindere dal talento.

Gli allenatori sono tutor privati, non possono selezionare, non possono escludere: gioca chi paga. Il diktat del genitore che vede il proprio figlio fuori dai titolari. Sono tutti uguali davanti a una retta. Ecco il talento è una coincidenza non più una scoperta. I costi elevati determinano già una selezione sociale per cui il processo di crescita sportiva è dettato dal conto in banca dei genitori.

Se le altre nazioni sono rappresentate da figli di seconda e terza generazione, si pensa all’Inghilterra, alla Francia, alla Spagna, in Italia quanti figli di immigrati possono permettersi un’iscrizione ad una scuola calcio? Pochi, pochissimi. Basti pensare alla battaglia del Tam Tam Basket di Massimo Antonelli, composto da giovani nati in Italia da figli di immigrati e non considerati italiani dalle federazioni sportive fino al 2017 quando appunto fu stabilito lo ius-soli sportivo.

Nelle scuole calcio le formazioni le fanno i genitori

Le metodologie di insegnamento sono valide fino ad un certo punto, le ingerenze dei genitori determinano più del valore che detta il campo. Un ragazzo non ha più la possibilità di affrontare i limiti, di conoscerli, di accettarli perché le sue esperienze formative sportive si limitano all’insegnamento confezionato nelle ore prestabilite. Chi scavalca più i cancelli? Chi si inventa più un campo sull’asfalto? Chi ha più la necessità di imporsi in un tempo in cui tutto è guidato dal genitore che gli risolve persino il problema del minutaggio in campo? Non hanno più la possibilità di sbagliare e quindi di essere liberi.

Demonizzare i settori giovanili può essere anche una scorciatoia mediatica, parlare di tecnica e di tattica, di guardiolismo baby e di difesa a zona, è narrativa piacevole, ma interrogarsi su altro è sicuramente un’esigenza necessaria. Lo sport di base in Italia è un salvadanaio che quantifica danaro e disdegna la via della qualità.

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