Alla Gazzetta: «Pecco oggi è il riferimento Ducati, è molto forte, gli riesce quello che facevo io alla Honda. Ora penso solo a cosa è meglio per me»

Marc Marquez intervistato dalla Gazzetta in occasione del World Ducati Week, il più grande raduno di Ducatisti e appassionati motociclisti è pronto. Lo spagnolo si prepara per la prossima stagione quando vestirà in rosso.
Marc Marquez: «Pecco oggi è il riferimento Ducati»
I tifosi della Ducati l’hanno accolta bene.
«Perché i ducatisti sono… ducatisti. Italiani, spagnoli, tedeschi, australiani… L’ho visto con Pecco, con Dovizioso prima, loro tifano la moto, il nome di chi la guida arriva dopo. E questo, oltre che molto bello, è un grande merito della Ducati. Io poi penso che, per carattere, di emozioni in pista ne regalo. Do sempre il 100%, per un quinto posto come per un secondo. Spero che saranno due anni belli, arrivo in un box che sta vincendo tutto, Mondiali piloti e costruttori».
Hanno punzecchiato Bagnaia, chiedendogli se, con la stessa moto, è sempre convinto di batterla.
Risata. «Io so che, dovessi scommettere, metterei tutto su Pecco. Anche perché si allena tanto qui».
Sorpreso di non aver vinto ancora una gara ancora?
«Questo è un campionato dove, se c’è un solo pilota forte, puoi pensare di vincere una gara. Ma ce ne sono due, Bagnaia e Martin, e aggiungo Bastianini. Nelle due opportunità migliori che ho avuto, ho sbagliato: ad Austin ero in testa e sono caduto, al Sachsenring l’errore di venerdì ha è complicato tutto il weekend».
Cosa ha Bagnaia più di Marquez?
«Pecco oggi è il riferimento Ducati, è molto forte e, soprattutto, gli riesce quello che facevo io alla Honda: guardavo la telemetria degli altri, se uno faceva una curva più forte o una linea diversa, subito riuscivo a fare lo stesso. Per ora con la Ducati ancora non mi riesce, ho il mio stile e da lì non mi scosto, mentre Pecco si adatta subito. Per questo lui la domenica è il più competitivo».
Dani Pedrosa ha paragonato il suo cambio con quello di Rossi: per lui, Valentino faceva le cose anche per amore, mentre lei guarda solo a ciò che serve per vincere, in maniera quasi spietata.
«Devi valutare la storia e la carriera di ciascuno, cosa è successo, gli infortuni. Io fino al 2020 ero un certo tipo di persona che guidava anche in modo diverso. Dopo quattro anni e quel che è successo, ho iniziato a pensare che dovevo solo fare le cose migliori per me. Senza fare discorsi di soldi o altro. Io in Honda ho ancora tanti amici, andiamo a cena per il gusto di stare assieme e parlare delle nostre vite, non della moto. Non si può dire che non ho un cuore. Però seguo la mia testa. E la testa dice che, se non do priorità a me stesso, non posso continuare la mia carriera. Devo seguire l’istinto».
«La moto la meritava Martin? Può essere. La meritavo io? Può essere. Ma non abbiamo deciso noi, sono stati altri a darmi questa opportunità e io provo a sfruttarla al massimo. Logicamente l’obiettivo è vincere, ma per me è soprattutto essere felice. Ho già vinto tanto, proverò a vincere di più, ma se sarò felice potrò restare qui tanti anni».