A Repubblica: «Arrivai a gennaio 2011, dopo i Mondiali di Shanghai. Se fossi rimasta, magari Londra 2012 sarebbe andata diversamente»
Federica Pellegrini si prepara alla prima Olimpiade da ex. Senza tuta e senza ansia. È a Parigi come membro Cio in quota atleti. Con lei anche la figlia Matilde, 7 mesi, e il marito ed ex allenatore, Matteo Giunta.
Nostalgia?
«Tanta. Finalmente Giochi senza Covid, a Tokyo ho sofferto molto che non ci fosse la famiglia per l’ultima mia Olimpiade. La visita al Villaggio è stata una bella botta. Non so perché, ma hanno tutti lo stesso odore, un misto di cose nuove, di pulito, qualcosa di strano e indescrivibile, ma totalmente riconoscibile. Come quando alle elementari annusi per prima cosa le pagine del sussidiario. Stare lì, non da atleta, mi ha fatto impressione».
Pellegrini: «Magari le Olimpiadi 2012 a Londra sarebbero andate diversamente»
Che effetto le fa tornare a Parigi. Ci ha vissuto per allenarsi con Philippe Lucas e il suo ex, Luca Marin.
«Ci torno sempre volentieri, però è anche un grande rimpianto».
Quale?
«Essermene andata dopo soltanto un anno. Arrivai a gennaio 2011, nuotavo in una piscina strepitosa, la Lagardère a Bois de Boulogne, una vasca di 50 metri all’aperto col freddo che fa qui d’inverno. Dopo i Mondiali di Shanghai, vinti ma con un crono che non mi soddisfaceva, decisi di tornare in Italia. Sarei dovuta rimanere da sola a Parigi, lontana da casa, e non me la sono sentita. È stato il più grosso errore della mia carriera. Se avessi stretto i denti e resistito ancora un’altra stagione, restando con Lucas, magari le Olimpiadi 2012 a Londra sarebbero andate diversamente. Invece sono stati i miei Giochi peggiori dal punto di vista della preparazione».
La storia con Marin era finita, iniziò la relazione con Filippo Magnini e si fece seguire da Claudio Rossetto.
«Sono sempre stata una che appena non andava bene qualcosa cambiava, non c’era tempo da perdere. La sfera personale non ha mai influito sulle mie decisioni tecniche, ho fatto sempre scelte guidate dal nuoto, per migliorarmi. Detto questo, tornare in Italia fu totalmente sbagliato».