Nell’universo pubblicitario il tifoso diventa “un bovino spesso compiaciuto da un’offerta sulla pizza”. I calciatori invece diventano superuomini

Lo stereotipo del tifoso di calcio lo conosciamo tutti: maschio, quasi sempre bianco, etero. Un’immagine che ci è entrata in mente anche grazie alle pubblicità. “I tifosi- scrive Brewin sul Guardian– meritano di meglio“.
“Televisione, radio, internet, YouTube e persino le vecchie pubblicità di riviste e giornali sono state costellate di rappresentazioni del tifoso di calcio. Riconoscerete il tipo. Di solito è un uomo, anche se gli studiosi di pubblicità hanno ormai riconosciuto che il calcio attrae un pubblico femminile significativo. Di solito sono anche bianchi, anche se, ancora una volta, è stata affrontata una parvenza di diversità. Oltre ad abbracciare questa modernità, quasi certamente indosseranno una maglietta replica e le loro emozioni rimarranno un’equazione binaria“.
Come viene dipinto il tifoso di calcio nelle pubblicità
Il tifoso di calcio, nelle pubblicità, “può solo oscillare tra l’allegria e la desolazione. Per la maggior parte del tempo, essendo un animale bovino e facilmente compiaciuto, ad esempio, da un’offerta di pizza due per uno o da un’assicurazione vacanze più economica, l’esultanza all’unisono è la risposta a quasi tutto. La desolazione è conservata per la sconfitta, un momento di delusione condivisa – con qualche sonoro fischio – anche se spesso può essere risollevata da una fetta di pizza scontata o da un sorso di birra premium. Bevendo responsabilmente, naturalmente”.
I calciatori invece diventano superuomini
Ai calciatori è riservato (chissà come mai) un trattamento diverso, loro sono dipinti come i supereroi innavicinabili dal tifoso medio.
“Mentre i calciatori stessi vengono mostrati come quasi superuomini, incredibilmente belli mentre si fanno la barba e propongono filosofie ad alto rendimento, e persino Jack Grealish riesce a fare un cameo in una pubblicità della maionese, un tifoso non può mai essere così sofisticato. Se la profondità della caratterizzazione di un Robert Altman, un cinéma vérité, è irrealistica, forse l’industria pubblicitaria potrebbe un giorno affrontare il fatto che il calcio attira la più ampia fascia della società. Scendendo da un treno del sabato diretto a una partita di Premier League, si potrebbe parlare con giudici distrettuali un minuto, con piccoli criminali il minuto dopo e con tutti i ceti sociali nel mezzo“.