Interessante approfondimento di Sky Sport 24 sullo ius soli sportivo. Si parte dal multiculturalismo della Spagna e lo si confronta con l’Italia
«Yamal e Saka non avrebbero potuto giocare nell’Italia», il calcio vittima dell’arretratezza politica.
Interessante approfondimento a Sky Sport 24 con Sara Benci e Maurizio Compagnoni.
Lo spunto è offerto loro dall’istruttivo articolo del Paìs ieri ripreso dal Napolista: “La lezione (all’Italia) della Federcalcio spagnola: si costruisce con il multiculturalismo, non con l’identità”.
Sky parte dal Paìs. Sara Benci dice: «è interessante osservare come il multiculturalismo impatta nel sistema calcio».
Ecco l’estratto preso in considerazione (loro lo hanno riassunto).
Nel 1995, secondo i dati delle Nazioni Unite, il numero degli immigrati in Spagna sfiorava il milione, pari al 2,51% della popolazione totale. Tra il 1995 e il 2010, sono aumentati di sei volte: da un milione a circa 6,2 milioni. La Federcalcio spagnola (Rfef) ha seguito da vicino questa evoluzione, spiega El Paìs. “Analizziamo, a seconda di ogni generazione, circa 200 giocatori all’anno”, spiega Francis Hernández, coordinatore della cava La Roja. “Abbiamo fatto un lavoro molto approfondito per avere un database con nomi e cognomi. Dalla generazione del ’96 a quella del 2010 abbiamo trovato 125 giocatori che potevano giocare con due o più federazioni“. Tra questi 125 ci sono Nico e Lamine. Il giocatore dell’Athletic avrebbe potuto giocare con il Ghana, come suo fratello Iñaki, e il giocatore del Barcellona con il Marocco. “Di questi 125 giocatori, 107 hanno scelto di giocare per la Spagna. L’85% sceglie noi. Si sono presi cura di loro qui. Si sentono importanti, il che è essenziale per un calciatore”, spiega Francis Hernández.
Compagnoni commenta: «sarebbe un bel manifesto da stampare in tanti luoghi».
Lo ius soli sportivo e le conseguenze su Yamal e gli altri in Italia
Sara Benci:
«ci porta anche in un’altra direzione. Molti potrebbero dire stiamo parlando di una percentuale minima rispetto al macroproblema, però è pur sempre una percentuale. È bene analizzare tutti gli aspetti, uno di questi riguarda lo ius soli sportivo. Non ne vogliamo fare una questione politica però chiunque abbia dei figli avrà notato che nelle classi non ci sono più bambini solo italiani, c’è una buona percentuale di bambini che hanno genitori stranieri ma che sono italiani, italianissimi. Però dal 2016 c’è in Italia una norma che prevede che “i minorenni che non sono cittadini ma che risiedono regolarmente nel nostro territorio almeno dal compimento del decimo anno di età, possono essere tesserati presso le società con le stesse procedure previste per i cittadini italiani.
Ma – prosegue Benci – per andare in Nazionale serve attendere la maggiore età. Non possono essere convocati prima. A 18 anni che succede? Inizia la parte burocratica.
Ancora Benci che deve essere cauta, per come siamo ridotti basta un niente e si beccano accuse di estremismo.
«Non vogliamo fare la scena di Checco Zalone che va a Lampedusa a prendere gli immigrati, non è questo il punto. Però abbiamo detto, di questi giocatori giovani che adesso sono all’Europeo quanti avrebbero potuto effettivamente giocare nell’Italia? E questo è sconvolgente: perché Yamal non avrebbe potuto giocare nella nostra Nazionale, nemmeno Bukayo Saka che invece ha rappresentato l’Inghilterra a partire dall’Under 16. Lo stesso Leao, nato nel distretto di Setubal da padre dell’Angola, ha giocato con tutte le rappresentative del Portogallo. Doku. Lukaku convocato a 16 anni. Pure Nico Williams anche se ha esordito più tardi in Nazionale ma ci sarebbe tutta la trafila burocratica da superare.
«È un paradosso, se fossero nati in Italia non sarebbero stati convocabili in Nazionale.
Compagnoni: «un altro paradosso è che invece ci siamo molto divertiti in atletica, agli Europei, con undici medaglie d’oro. E nell’atletica ci sono tantissimi nuovi italiani che ci hanno fatto impazzire. Per l’atletica quello dei nuovi italiani è diventato un serbatoio straordinario. Perché non accade anche nel calcio? Bella domanda. L’ingresso nel mondo del calcio è diventato un po’ oneroso. Nulla contro le scuole calcio, è giusto che ci siano, che gli istruttori siano pagati. Però a livello di club di Serie C, Serie B, se vuoi entrare nei loro settori giovanili devi pagare, ci sono ceti meno abbienti che non possono permetterselo soprattutto quando si tratta di nuovi italiani».