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Abodi: «Dopo Euro2024 nessuno si è messo in discussione, come se fossimo usciti per sfortuna»

Al CorSport: «Dal punto di vista sociale queste Olimpiadi hanno aumentato le distanze. Riforme nello sport? Il Governo mai complice del Gattopardo»

Abodi: «Dopo Euro2024 nessuno si è messo in discussione, come se fossimo usciti per sfortuna»
Roma 24/06/2023 - torneo Settecolli / foto Image Sport nella foto: Andrea Abodi

Questa mattina sul Corriere dello Sport l’intervista al ministro per lo sport e i giovani Andrea Abodi condotta dal direttore Ivan Zazzaroni.

Abodi: «Dal punto di vista sociale queste Olimpiadi hanno aumentato le distanze»

Le sensazioni olimpiche di Abodi?
«Il fascino esercitato da un enorme impianto sportivo a cielo aperto. Per l’esattezza, i Giochi sono concentrati nel centro di una città già splendida di suo, ma se soltanto ci si allontana da quella zona si trova la Parigi di sempre. Dal punto di vista sociale questo straordinario evento, anziché ridurre le distanze, le ha addirittura aumentate. Numerose gare si svolgono in luoghi iconici, è un’edizione che non lascerà eredità. Parigi non aveva certamente bisogno di iniezioni impiantistiche poiché è all’avanguardia. Tuttavia, una volta smontato il tendone, non resterà nulla di utilizzabile dalle periferie. Playground e altro, intendo. Del resto l’input del Cio era evitare gli sprechi, e la bandiera della sostenibilità è continuamente sventolata dagli organizzatori. Immagino che Parigi 2024 aprirà solo a nuove candidature… Dei Giochi io continuo ad avere un’idea diversa: i venti giorni dovrebbero essere una piattaforma di lancio, o rilancio, infrastrutturale e sociale, per produrre sviluppo, crescita, benessere».

Per Macron tutto si può risolvere con un bel tuffo nella Senna apparentemente bonificata.
«Un miliardo e mezzo hanno speso. L’altro giorno ho fatto una battuta dicendo che, osservando la Senna, non mi era sembrata tanto diversa dal Tevere».

A Parigi vinciamo medaglie ma il clima interfederale è sempre pesante, ostilità diffuse.
«A cosa o chi ti riferisci?».

Binaghi, ad esempio, non ha gradito il comportamento del presidente del Coni Malagò che si è complimentato con i tennisti solo sui social.
«Differenti sensibilità e posizioni storicamente divergenti».

Quand’era dirigente federale come giudicava gli interventi della politica nello sport?
«La politica trova spazio dove lo sport glielo lascia. L’autonomia deve sempre contemplare contenuti. Io vorrei dare un senso a questo mio passaggio, ho quarant’anni di esperienza e il dovere di fare, anche toccando frammenti di autonomia altrui. Evitando sempre – sia chiaro – le invasioni di campo. Le prime righe dell’emendamento Mulé lo confermano: “Nel rispetto degli statuti delle federazioni di riferimento al fine di garantire una adeguata rappresentanza nei sistemi federali di cui al presente articolo… eccetera». Più rispettoso di così! Poi che il calcio, lo sport dia visibilità è un fatto, naturale che risulti un territorio interessante».

Quando dopo gli Europei disse, e in seguito lo ripeté, di essere «rimasto sorpreso dalla ricerca di responsabilità altrui» e che «proprio lo sport insegna ad assumersi responsabilità» inseguiva l’autocritica pubblica o, più semplicemente, chiedeva la testa di qualcuno?
«Rispondo così: alle parole seguono i fatti. Mancati le une e gli altri. M’era sembrato che nessuno si fosse messo in discussione, come se fossimo usciti dal torneo per una serie di circostanze sfavorevoli».

«Le dimissioni di un uomo non cambiano le cose nel sistema». Sono parole sue. Di un anno e mezzo fa.
«Le confermo. Però quando non fui eletto mi dimisi e avevo un mandato di quattro anni, rinunciai all’ultimo e restai senza lavoro, né consulenze o altro. Anche economicamente non fu una passeggiata di salute».

Come finirà la partita del calcio?
«Dagli equilibri delle Leghe. Gravina ha detto a me che intende fare un passo indietro, ma vuole essere libero di decidere, non accetta imposizioni e soprattutto vuole prima capire in che mani lascia la Federcalcio. È comprensibile. Nelle contrapposizioni palesi nessuno lascia spazio all’altro. Quello che realmente conta è il benessere del sistema, serve una visione più ampia e complessiva. Non si può sempre aspettare che le cose succedano, a volte bisogna farle succedere. La formula “fin che la barca va lasciala andare” non funziona».

Lei da che parte sta? È di ostacolo a Gravina?
«Né ostacolo, né avversario proprio per il ruolo che ricopro. Vorrei aiutare a portare soluzioni».

Per questo sta riscrivendo la legge Melandri.
«La vecchia stesura non regge più, le cose sono cambiate e si è reso necessario un aggiornamento sostanziale per dare un assetto stabile al sistema. Mutualità, diritti tv, tutto va attualizzato».

Ministro, il Governo vuole prendersi anche il calcio?
«Assolutamente no! L’obiettivo del Governo, collaborando con il Parlamento, è di creare le condizioni per facilitare una indispensabile e indifferibile stagione di riforme nel calcio e, in generale, nello sport, per rendere il nostro sistema più credibile, competitivo e sostenibile. L’autonomia nello sport è un valore da rispettare, ma il modo più efficace per difendere l’autonomia, comunque relativa e non assoluta, dipende dalla capacità dello sport, e quindi anche del calcio, di non essere autoreferenziale, di rispettare a ogni livello i suoi valori e di saper svolgere efficacemente la sua funzione, anche sociale e culturale. Il Governo non sarà mai complice dell’inerzia e del Gattopardo».

Alé. E Malagò è in uscita nonostante i successi olimpici? La riposta di Abodi:
«Le norme dicono che i mandati, negli enti pubblici, possono essere al massimo tre. Malagò è alla fine di un percorso».

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