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Bortolotti: «Siamo tutti con Sinner. In un caso come questo non si può usare la parola doping»

Al CorSera: «Mi informai con un mio amico biologo sulle proprietà del Clostebol. Mi rispose : “Se ti dopi con il Clostebol sei un imbecille”. Se parlassimo di altri farmaci il discorso sarebbe diverso»

Bortolotti: «Siamo tutti con Sinner. In un caso come questo non si può usare la parola doping»
Italy's Jannik Sinner concentrates before a point against Denmark's Holger Rune during their Monte Carlo ATP Masters Series Tournament quarter final tennis match on the Rainier III court at the Monte Carlo Country Club in Monaco on April 12, 2024. (Photo by Valery HACHE / AFP)

Il Corriere della Sera intervista Bortolotti, tennista italiano che come Sinner fu positivo al clostebol e che, proprio come Sinner, fu ritenuto innocente dall’Itia.

Che effetto le fa essere nominato così tante volte in queste ore?

«So benissimo di cosa si sta parlando. Si parla della stessa sostanza, della stessa pomata (il Trofodermin, ndr). Vivo il presente, ho messo alle spalle questa storia e sono contento di come sia finita. Ma non è stato semplice…».

Cosa le è passato per la testa tra la notifica della positività e l’assoluzione?

«Tante cose. Ho avuto paura, molta paura, anche perché i giorni più duri sono stati quelli del mese di gennaio, quando la stagione è ancora all’inizio. Ho giocato l’ultimo torneo del 2023 (il Challenger di Maia, in Portogallo, in coppia con Andrea Vavassori, ndr) sapendo questa cosa, e l’ho giocato temendo che ogni partita potesse essere l’ultima. Neanche Andrea ne era al corrente, siamo riusciti a vincere il torneo ma la notte dormivo poco e niente, leggevo del caso Battaglino (altro tennista italiano positivo al Clostebol e squalificato per quattro anni, ndr) e guardavo anche con paura al fatto che la mia figura di futuro allenatore potesse essere macchiata».

Bortolotti sulla situazione di Sinner

Si è immedesimato in Sinner?

«Certamente. Ora anche per lui il peggio è passato, sperando che la Wada non impugni il caso. Ma il tormento maggiore è stato quello di non poter parlare quasi con nessuno della vicenda, tenendosi tutto dentro. Nel mio caso, non mi sono potuto confidare con più di cinque o sei persone tra famiglia, amici e avvocato, e credetemi che è dura. Jannik ha gestito al meglio questa vicenda: ha una maturità tale che non c’è nulla da consigliargli. Di sicuro siamo tutti totalmente dalla sua parte, anche perché in un caso come questo non si può usare la parola doping».

E neanche nel suo.

«Mi informai con un mio amico biologo sulle proprietà del Clostebol, con cui sono entrato in contatto accidentalmente. Mi rispose testualmente: ‘Se ti dopi con il Clostebol sei un imbecille’. Se parlassimo di altri farmaci il discorso sarebbe diverso, ma questa è una pomata per le ferite».

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