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Carini, il Telegraph insiste: «Ha rischiato la vita per colpa dei codardi del Cio, un fallimento nauseante»

Il quotidiano conservatore inglese non aspettava altro: “Anni di vigliacchi inchini alla lobby dell’identità di genere ci hanno portato a questo punto”

Carini, il Telegraph insiste: «Ha rischiato la vita per colpa dei codardi del Cio, un fallimento nauseante»
Algeria's Imane Khelif (in red) gestures to Italy's Angela Carini in the women's 66kg preliminaries round of 16 boxing match during the Paris 2024 Olympic Games at the North Paris Arena, in Villepinte on August 1, 2024. (Photo by MOHD RASFAN / AFP)

Al netto delle reazioni – una valanga  – per lo più scomposte, della politica italiana, da Meloni in giù, l’articolo più duro sul “caso” Carini lo troverete sul Telegraph. Erano giorni che il quotidiano conservatore inglese scriveva dello “scandalo” Khelif, accusando direttamente il Cio. Oliver Brown, il più conservatore dei suoi editorialisti, ha firmato praticamente un pezzo al giorno sulla questione, e ovviamente s’è fatto inviare ad assistere al match durato poi 46 secondi. E – ovviamente – il suo commento è tiratissimo. Troppo facile l’attacco sul papà defunto della pugile italiana, il Telegraph ci finisce dentro come un tabloid qualunque, con un articolo a tesi, senza dubbi, tagliato con l’accetta.

Brown scrive che il “sogno” di Carini è stato “sabotato dalla mancanza di spina dorsale di un Comitato Olimpico Internazionale che ha scelto di assecondare attivisti e ideologi anziché proteggere la sicurezza di una donna in quello che avrebbe dovuto essere il giorno più bello della sua giovane vita”.

“È uno scandalo, un fallimento istituzionale su una scala nauseante. Le aspirazioni di questa vivace venticinquenne di Napoli sono state infrante perché le persone al potere non vedevano nulla di sbagliato nel fatto che una donna si dirigesse sul ring per affrontare un avversario algerino che aveva fallito due test sul sesso, con l’International Boxing Association che aveva rivelato la presenza di cromosomi maschili. E così l’hanno mandata, imperdonabilmente, in pericolo. Sono bastati due pugni a Carini per subire le conseguenze della loro codardia. Il primo le ha risistemato il casco, il secondo l’ha colpito con una tale forza che riusciva a malapena a respirare. Ritirarsi era l’unica opzione che le era rimasta. “Dovevo preservare la mia vita”, ha detto”.

Ci sono state poche scene più strazianti di quelle di Carini, disperata e desolata, che esprimeva la speranza nell’intervista post-combattimento di non aver deluso il suo paese, o il suo defunto padre. In diversi punti, l’addetto stampa italiano ha dovuto chinarsi per confortarla. Era troppo scossa per rendersi conto della grottesca ingiustizia che era stata perpetrata contro di lei. Perché le uniche figure colpevoli di aver deluso qualcuno sono quei miserabili burocrati del CIO, che danno la priorità allo stare spalla a spalla alle serate delle celebrità con Snoop Dogg e Ariana Grande piuttosto che assicurarsi che a una donna non venga spaccata la faccia da un maschio biologico”.

Brown si sfoga, proprio: “Davvero, l’orecchio di latta della gerarchia senza coraggio del Cio ti fa venire voglia di urlare”.

“Ora stanno raccogliendo ciò che hanno seminato, stabilendo che qualcuno biologicamente maschio può picchiare una donna in nome dello sport”. “Anni di vigliacchi inchini alla lobby dell’identità di genere ci hanno portato a questo punto. Il Cio sembra da tempo più interessato a gonfiare le sue credenziali giuste che a garantire che le donne possano praticare uno sport leale”. “Ha sempre mostrato un interesse molto più vicino nel promuovere una filosofia di inclusione a tutti i costi che nel realizzare le potenziali implicazioni per l’integrità della categoria femminile”. “Le Olimpiadi hanno creato molte situazioni ingiuste per le donne. Ma questa volta, il Cio ha gettato l’italiana in una che era palesemente pericolosa. E lo sapeva”.

“Per chiunque abbia avuto dubbi su questo argomento, questo dovrebbe essere il momento in cui le squame cadono dagli occhi. Chiunque veda il sangue imbrattato sui pantaloncini di Carini o la disperazione incisa sul suo volto può riconoscere ora che è qui che porta la governance supina. È qui che finisce un rifiuto costante e sordo di ascoltare le preoccupazioni delle donne. “Non è giusto”, ha gridato Carini. E nel modo più vivido immaginabile, il mondo ora può vedere cosa intende. Davvero, la diga sta crollando”.

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