Il duro editoriale sull’avversaria di Carini. L’algerina con troppo testosterone è un caso politico. «Il Cio privilegia l’inclusione sull’equità”
“Giovedì mattina alle 11.20, all’interno della North Paris Arena, la pugile italiana Angela Carini verrà colpita alla testa da un’avversaria che ha fallito un test di genere per combattere contro le donne. Sappiamo già la punizione che Imane Khelif è in grado di infliggere: nel 2022, l’algerina ha sferrato colpi di tale potenza alla messicana Brianda Tamara che la pugile sconfitta ha dichiarato di essere grata a Dio per essere uscita viva dal ring”. Se in Italia questo match ci ha messo un attimo a diventare un caso politico, Oliver Brown sul Telegraph continua la sua crociata sul tema. Va avanti da giorni, con toni sempre più affilati.
“Il Comitato Olimpico Internazionale è a conoscenza di tutto questo – continua l’editorialista conservatore – La disputa sulla biologia di Khelif è registrata nelle sue note ufficiali dei Giochi. E tuttavia, in uno sport in cui il pericolo di morte è sempre presente, e nonostante gli studi documentino che gli uomini colpiscono con una forza 2,6 volte maggiore delle donne, la sua risposta è semplicemente quella di starsene seduti e non fare nulla. È difficile immaginare un abbandono del dovere più miserabile. Non si tratta solo di discriminare le atlete, il Cio ora le sta esponendo attivamente al potenziale di danni estremi”.
Secondo il Telegraph “l’organismo di governo più potente dello sport mondiale dovrebbe proteggere la sicurezza delle donne”. E invece “un dirigente del Cio maschio senza alcun interesse personale si arroga la presunzione di dire alle donne cosa dovrebbero e cosa non dovrebbero accettare. Ed è evidente, dall’umore a Parigi e altrove, che molte donne si rifiutano di sopportare ancora questa arroganza”.
“Il Cio è così accecato dall’ideologia di genere che sembra preoccuparsi molto di più di curare un’immagine progressista che di assicurarsi che le pugili donne non vengano gravemente ferite”. “E’ devoto a un vangelo in cui l’inclusione trionfa sull’equità e persino, nel caso della boxe, sulla sicurezza”.
“Ora siamo arrivati alla logica conclusione, con una donna che entra sul ring di pugilato incerta del sesso della persona che ha di fronte. Per quanto riguarda i fallimenti della governance sportiva, questo potrebbe essere il più riprovevole finora.