Al Corsera l’allenatrice di Sofia Raffaeli: « L’inchiesta? Un tempo c’erano richieste estreme di magrezza, oggi c’è tanta attenzione al benessere dell’atleta»
Claudia Mancinelli, la vera star delle Olimpiadi. L’allenatrice di Sofia Raffaeli nota in tutto il mondo per il ricorso effettuato nella finale di ginnastica ritmica.
Il Corriere della Sera la intervista.
Claudia, ha realizzato che è diventata una star?
«Mica tanto. Sono fuggita in vacanza in Sicilia con la mia famiglia. Le persone attorno a me hanno cominciato a dirmi guarda che sei ovunque, il mio Instagram è stato intasato, ma io non seguo molto i social, so bene che non sono la realtà vera. Poi sa, quando è partita l’esperienza con Sofia ci sono state anche molte critiche, perciò ho preferito concentrarmi su quello che facevamo giorno e notte in palestra, dare retta a tutto il rumore mi avrebbe portato fuori dal mio focus».
Racconta la sua vita, la sua passione per la ritmica, andò in Nazionale ma non se la sentì di andare a Desio («ero anche un po’ mammona»), poi a Roma dove ha fatto varie esperienze legate alla danza.
Ed è diventata attrice.
Claudia Mancinelli: «In realtà no, ho deciso di approfondire la danza: ho iniziato a seguire corsi, accademie, stage, danza classica, contemporanea, moderna. Ho lavorato tanto nei teatri, poi in alcune trasmissioni tv. Sono andata in Canada, ho fatto un’esperienza con il regista e il coreografo del Cirque du soleil, sono stati loro a incoraggiarmi a studiare recitazione. Oggi tutti dicono che sono stata attrice ma in realtà nei miei ruoli c’era sempre la danza di mezzo: che so, ho fatto Nine, un film di Hollywood molto bello, di Rob Marshall, ma ero una ballerina nel corpo di ballo; nella serie Mediaset “Non smettere di sognare” interpretavo una danzatrice, a teatro ho fatto di prosa ma ballavo il tango, ho recitato in Dirty Dancing nella versione ufficiale italiana, ho lavorato a X Factor con Luca Tommasini».
Claudia Mancinelli: «Dopo 7-8 anni, però, sono tornata in palestra a Roma e ricordo di aver detto “questa è casa mia”. Ho iniziato ad allenare le bambine, vedevo che mi seguivano. Piano piano ne ho avute di più promettenti, con una, filippina, abbiamo vinto ai campionati asiatici. Le più brave le mandavo a Fabriano perché a Roma ci sono poche strutture, ho cominciato a collaborare con la mia vecchia società. Mi chiamavano per lavorare nel cinema, ma io rifiutavo. Avevo deciso: volevo allenare».
Circa un anno fa, la storica coach Julieta Cantalupi ha deciso di andarsene all’estero e le ha «lasciato» in eredità Sofia Raffaeli e Milena Baldassarri (ottava a Parigi). Citava le critiche: in molti non la ritenevano all’altezza.
«Neanche io ero sicura di esserlo».
Julieta la incoronò: «So riconoscere le ginnaste di talento e anche le allenatrici». La Federazione si è fidata.
«Ringrazio tutti per una fiducia quasi alla cieca. Io ero molto titubante. Con le ragazze però c’era sintonia, non volevo deluderle perché per loro era un momento difficile.
La ginnastica ritmica è stata attraversata da inchieste e critiche ai metodi di allenamento. Il benessere delle atlete è tutelato?
«Per uno sforzo di così alto livello, c’è bisogno di una forma fisica adeguata. Servono flessibilità, leggerezza, muscolatura, alimentazione in grado di sostenerti. A differenza di quando ero piccola io che sì, c’era una richiesta un po’ ai limiti, anche di magrezza, la ritmica è tanto cambiata, c’è molta più attenzione al benessere dell’atleta. Non fosse così mia figlia, a 11 anni, non farebbe ginnastica».