25 agosto 2024: il giorno in cui il Napoli ha abiurato il calcio di possesso. Il che non vuol dire che sia un calcio difensivo. Certo contro Italiano è più facile
Una nuova via, finalmente
La storia ha voluto una data: domenica 25 agosto 2024. È la notte di Napoli-Bologna, è la notte in cui un allenatore del Napoli ha preparato e vinto una partita abiurando a ciò che sembrava non dovesse cambiare mai, almeno nel contesto della squadra azzurra: l’affinità genetica, e quindi inestinguibile, tra il Napoli e un certo tipo di calcio. Non abbiamo usato il termine abiurare per caso: secondo la Treccani, infatti, significa «rinunciare solennemente a una fede o a una dottrina». È esattamente ciò che è successo al Napoli. È esattamente ciò che ha fatto Antonio Conte per vincere il duello tattico con Vincenzo Italiano, allenatore del Bologna.
Quel certo tipo di calcio di cui parliamo si basa sull’idea per cui una data squadra possa dominare le partite solo tenendo il possesso della palla. Tenendolo il più possibile. Ovviamente non è così, e a dimostrarlo è proprio l’andamento di Napoli-Bologna. Per i numeri, che snoccioleremo qui e lì in questa analisi. Per il risultato finale, che naturalmente non è mai del tutto casuale – figuriamoci in un caso del genere. Ma, soprattutto, perché Conte ha studiato e preparato la partita in un certo modo. In un altro modo. E così ha portato il Bologna a essere/fare esattamente ciò che voleva lui. La squadra di Italiano è stata controllata, ridotta ai minimi termini, demineralizzata in fase offensiva e spesso bucata in fase difensiva. È stata dominata, si può usare questo verbo senza timori reverenziali.
Questo non vuol dire che il Napoli non abbia giocato bene. O abbia giocato in maniera difensiva, speculativa. Non è andata così, lo vedremo e lo dimostreremo. Ma per smentire questa panzana, in realtà, basterebbe partire dall’azione del gol di Di Lorenzo. Basta riguardarla con attenzione, magari fin dall’inizio, per capire come Antonio Conte abbia mostrato e inaugurato una nuova via. Finalmente, viene da dire.
E adesso parliamo di verticalità
Questo gol non può essere segnato da una squadra che gioca in maniera difensiva. O meglio: non può essere segnato da una squadra che non si allena sulla fase offensiva, che non lavora per migliorarla. È solo che, come detto, la base di quello che vediamo nel video sopra è un po’ diversa rispetto al passato. Intanto, come sappiamo e come abbiamo visto anche a Verona, si parte dal modulo di gioco, da un 3-4-3 iperfluido in fase offensiva – nel postpartita, anche un po’ per provocare, Conte ha parlato di «3-1-6 quando attacchiamo» – in cui gli esterni offensivi hanno enorme libertà di movimento. Il nocciolo del cambiamento, però, sta nei principi di gioco. In ciò che il Napoli fa in campo, al di là di come lo occupa.
Ecco, in questo video si vede un lavoro approfondito e ben riuscito sul concetto di verticalità. Sull’idea per cui il campo possa essere risalito in modo ragionato, ok, ma anche rapido, diretto. Attraverso passaggi che attraversano le linee avversarie. Che non le aggirano, piuttosto le tagliano. In questi 30 secondi di calcio, le giocate decisive sono il tocco di Lobotka su Politano, che permette al centromediano slovacco di superare la prima pressione; pochi istanti dopo, Di Lorenzo fa la stessa cosa sul fianco esterno per assecondare una buonissima sovrapposizione di Politano, che nel frattempo aveva ricevuto e smistato di prima il passaggio di Lobotka. Con due-appoggi-due, il Napoli ha guadagnato venti o forse trenta metri in pochi secondi. E così, proprio così, ha determinato una situazione di superiorità posizionale contro il Bologna, “attirato” dal pressing e quindi scoperto a ridosso della propria area.
Se guardiamo il gran finale dell’azione, ovvero il delizioso pallonetto di Kvara che libera al tiro Di Lorenzo, scoprirete infatti che, proprio alle spalle dell’esterno georgiano, si era inserito, tutto solo, anche Mati Olivera. Tutto questo è avvenuto perché il Napoli, con pochi tocchi, era riuscito a costruire bene un’azione dal basso – perché anche questa è costruzione dal basso, solo che si manifesta in verticale – e ha aperto la scatoletta difensiva del Bologna. Poi certo, servono la qualità di Kvaratskhelia e Di Lorenzo per trasformare tutta questa teoria in un assist da favola e in un bel tiro. Ma questo vale per tutti, per tutte le squadre.
Difendere e attaccare
Riprendiamo la stessa identica frase che abbiamo usato prima: il gol di Di Lorenzo non può essere segnato da una squadra che gioca in maniera difensiva. Perché c’è qualità individuale, c’è un evidente lavoro fatto sulla tattica. C’è un’identità diversa – non migliore o peggiore, diversa – rispetto al passato. Un’identità che diventerà ancora più accentuata nel momento in cui il Napoli inserirà Lukaku nel suo organico e nel suo progetto tattico. Ma di questo parleremo in altre sedi.
Dal gol del vantaggio, tornando a Napoli-Bologna, si deduce che Conte abbia lavorato e stia lavorando sui suoi schemi offensivi. Questo, però, non toglie che l’allenatore azzurro possa (anzi: debba, visto che è il calcio in cui crede) insistere anche su una certa idea di solidità difensiva. Sulla capacità, da parte della sua squadra, di difendersi in modo compatto, serrato. Correndo in avanti, naturalmente, ma anche rintanandosi nella sua metà campo.
In alto, i dati sul baricentro medio tenuto da Napoli e Bologna nel primo tempo. In mezzo e sopra, il Napoli che sa difendersi in modo compatto, mantenendo bene le distnzee tra tutti i suoi effettivi in campo, sia difendendo in avanti che dentro la sua area di rigore.
Come dimostrano chiaramente queste immagini, il Napoli visto contro il Bologna – soprattutto la squadra vista nel primo tempo – ha saputo alternare benissimo difesa avanzata e difesa arretrata. Ha tenuto un baricentro medio-alto, con distanze cortissime tra i reparti, così da aumentare il ritmo dei tentativi di riconquista, ma ha anche saputo rinculare nei momenti in cui era giusto farlo. È stata una scelta deliberata, da parte di Conte. Esattamente come quella di lasciare la palla al Bologna, altro segnale inequivocabile del cambiamento in atto: la squadra di Italiano ha toccato la quota del 60% di possesso sia nel primo che nel secondo tempo, ma in tutto è riuscita a mettere insieme soltanto 8 tiri tentati verso la porta di Meret. Di questi, solo 2 sono finiti nello specchio.
Questo vuol dire, come anticipato, che Conte è riuscito a far giocare il Bologna come voleva lui. Non è una cosa difficile da fare con le squadre di Italiano, tra le più identitarie della Serie A. E così, per limitare i danni e le occasioni concesse al minimo indispensabile, al Napoli è bastato presidiare bene gli spazi con il suo 5-4-1, retrocedendo bene tutte le volte che il Bologna riusciva a superare la prima pressione, a scavalcare il centrocampo. È successo spesso, questo va detto. E la sensazione era che i rossoblu potessero bucare con facilità le linee degli azzurri.
Ma questa, appunto, era solo una sensazione. Per capire cosa intendiamo, basta porsi una domanda: nonostante il Bologna tenesse e muovesse bene il pallone, quante conclusioni tentate dai giocatori rossoblu sono state davvero pericolose? Una, quella di Castro alla mezz’ora dopo una geniale imbucata di Ndoye – su cui Meret è stato bravissimo. Forse due, se consideriamo anche la botta da fuori scoccata da Aebischer dopo una respinta dalla difesa, in apertura di ripresa. Ma non andiamo oltre queste.
Alessandro Buongiorno
Per il resto, il Napoli ha difeso in modo ordinato e sicuro. Anche manifestando una certa durezza. A cosa va fatto risalire questo cambiamento sostanziale? Intanto al miglioramento della condizione fisica generale, alla crescita della coesione tra i giocatori e delle sicurezze rispetto ai meccanismi di Conte. Infine, ma non in ordine di importanza, bisogna parlare di Alessandro Buongiorno. Del modo in cui difende, del supporto fisico ma anche concettuale che dà al gioco della sua squadra. Dell’intensità che ci mette in tutto quello che fa.
Per capire cosa intendiamo, partiamo dai dati: tra i tre centrali del Napoli schierati ieri sera, l’ex capitano del Torino è quello che ha tentato più tackle (4) ma anche più passaggi (37). E che ha recuperato più palloni (9). Con lui al posto di Juan Jesus, le cose sono cambiate come dal giorno alla notte. È una questione di velocità, di esplosività, anche di pura qualità nelle giocate, nelle intuizioni. Anche la posizione dei suoi interventi difensivi è un dato significativo. Sotto, per esempio, vediamo la mappa dei tackle tentati da Buongiorno:
Un memorandum per Riccardo Orsolini
Il fatto che Buongiorno si sia fatto sentire soprattutto fuori area, sulla sua fascia di competenza ma comunque fuori area, dice tanto sul suo modo di difendere. E su come Conte abbia studiato alla perfezione il piano-partita. Il tecnico salentino è partito dall’idea per cui il 4-3-3 del Bologna e di Italiano si fondi sulla ricerca sistematica dei corridoi interni – per saltare la prima pressione – e su aperture altrettanto sistematiche verso le fasce, e così ha dato a Buongiorno il mandato di tallonare Orsolini. Di appiccicarsi a lui, di seguirlo anche sull’esterno, di non farlo respirare. Risultato: l’esterno del Bologna è stato completamente annullato, ha messo insieme un solo tiro (e quindi zero passaggi chiave, zero dribbling e zero cross riusciti) fino a quando non è uscito, al minuto 62′.
Dall’altra parte Ndoye è stato più difficile da leggere e da contenere. Anche perché – molto banalmente – Di Lorenzo ha delle caratteristiche, dei pregi e dei difetti lontani da quelli di Buongiorno. In ogni caso, anche il capitano azzurro è riuscito a essere efficace nella sua metà campo: ha portato a termine un solo tackle, ok, ma ha accumulato pure 4 palloni spazzati, un tiro respinto e 4 falli. Quest’ultimo non è un dato da sottovalutare, considerando la consistenza molle – e stiamo usando un eufemismo – manifestata dal Napoli nella partita di una settimana fa contro il Verona.
Verticalità, di nuovo
Il resto dell’analisi tattica, cioè quello di cui non abbiamo ancora parlato, è una diretta conseguenza di tutte le dinamiche presentate finora. Prendiamo per esempio il gol di Kvaratskhelia: basta un passaggio verticale di Rrahmani su un’innocua punizione perché l’attaccante georgiano possa penetrare dentro la (soffice, sfilacciata, disattenta) macchina difensiva del Bologna, fino ad arrivare alla conclusione finale. Nell’azione che l’ha portato a sbloccarsi, Kvara ha letto e interpretato il gioco come un perfetto esterno del 3-4-3/3-4-2-1 che Conte ha eletto come modulo di partenza per il suo Napoli: piuttosto che stazionare sul centrosinistra in attesa del pallone, si è mosso per farsi servire sui piedi, dietro le linee del Bologna. E così si è creato lo spazio per la penetrazione e per una conclusione potenzialmente pericolosa, resa letale da una deviazione.
Tutti i palloni giocato da Kvaratskhelia
Sempre parlando di Kvara: visto che pure il preziosissimo assist per Di Lorenzo è arrivato da una posizione non convenzionale, visto lo screen che potete apprezzare qui sopra, allora non ci sono più dubbi. Conte sta cercando di ampliare – e quindi di variare – il gioco dell’esterno georgiano. Intanto ha studiato e trovato un modo per servirlo e armarlo più frequentemente, più velocemente e quindi in porzioni di campo più aperte, più libere, con meno avversari davanti a lui. I dati sono eloquenti anche in questo senso: contro il Bologna, il Napoli ha tentato un passaggio lungo ogni 8,56 tentativi complessivi. Di contro, la squadra rossoblu ha cercato il lancio ogni 12,11 passaggi.
Insomma, il progetto di Conte sta prendendo forma davanti ai nostri occhi. E il mercato servirà a completarlo, intanto grazie all’arrivo di un centravanti – fatalmente e finalmente – in grado di attaccare la profondità, ma poi si parla anche di centrocampisti con caratteristiche da invasori, leggasi alla voce McTominay. Ecco, si tratterebbe di un ulteriore indizio a supporto della tesi sulla trasformazione definitiva del Napoli. Che, intanto, si è goduto i primi assaggi delle qualità di David Neres: dribbling veloci, assist anche col destro, una buonissima velocità palla al piede e nella lettura dello spazio per l’inserimento. Se il buongiorno – con la b minuscola, ma se volete anche maiuscola – si vede dal mattino, il brasiliano potrebbe rivelarsi l’acquisto giusto per dare un po’ di imprevedibilità in più al gioco del Napoli.
Non male come inizio, ripetiamo
Conclusioni
Ci siamo tenuti questo concetto per ultimo: il gioco idealistico e quindi – si può dire – anche monotono del Bologna e di Italiano ha certamente aiutato il Napoli. Infatti, non a caso, una volta che gli azzurri hanno compreso come inaridire il possesso palla e come incanalare la manovra dei rossoblù verso i loro desiderata, come dire: non c’è stata più partita. Anche perché, se vogliamo dirla in modo non troppo crudele, Santiago Castro non è ancora Zirkzee. E tra l’altro il Napoli ha superato brillantemente l’unico momento in cui i rossoblu sono sembrati un po’ più minacciosi, ovvero nei minuti subito dopo l’intervallo.
Contro il Parma la musica cambierà. Sarà diversa. Assisteremo a una partita più simile a quella di Verona, Conte e i suoi uomini dovranno di nuovo forzare un bunker muovendo il pallone. Non sarà facile, a maggior ragione se Romelu Lukaku non potrà essere ancora in campo. Ma intanto, contro il Bologna, abbiamo visto/capito che certe dittature tattiche – autoimposte, per altro – del passato non esistono più. Che il Napoli ha un allenatore in grado di preparare la partita a modo suo. Un modo che si discosta e si distacca dal passato recente del Napoli, ma che sembra potersi adattare benissimo alla squadra azzurra. Ed è una sorpresa, o magari anche un sacrilegio, solo per chi guarda/apprezza un solo tipo di calcio, suo malgrado. E che, di conseguenza, ragiona solo in termini di fede o di dottrina.