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Errani: «Sinner? Non ho dubbi su di lui. Per me fu un periodo buio che ha avuto un impatto psicologico»

Alla Gazzetta: «Sono felice che per Jannik il processo abbia funzionato nel migliore dei modi ed è giusto che sia così. Non gioco con rancore»

Errani: «Sinner? Non ho dubbi su di lui. Per me fu un periodo buio che ha avuto un impatto psicologico»
Parigi (Francia) 04/08/2024 - Olimpiadi Parigi 2024 / tennis / foto Imago/Image Sport nella foto: Sara Errani-Jasmine Paolini ONLY ITALY

Sara Errani, medaglia d’oro di doppio femminile con Jasmine Paolini, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport ha parlato del sogno Olimpiadi, del caso doping in cui fu coinvolta e della forza di risalire in classifica nel tennis femminile.

Sara, ce l’ha fatta. Cos’è cambiato con l’oro al collo?
«È cambiato qualcosa dentro di me. Era il sogno della mia vita salire sul podio di un’Olimpiade: ho sempre detto, forse da folle, che preferivo una medaglia ad uno Slam. Per me le Olimpiadi sono l’emblema dello sport, sono più grandi del tennis. Ho raggiunto tutto quello che volevo, sono in pace con me stessa e più tranquilla al pensiero che prima o poi mi dovrò ritirare. Sono più felice, ecco».

A proposito di team, Pablo Lozano, il suo allenatore, è con lei da 20 anni. Come si tiene vivo un rapporto così longevo tra atleta e allenatore?
«È stato speciale che ci fosse a Parigi. Non sapete quante volte in vent’anni si è parlato della medaglia, anche scherzando. Averla vinta insieme è pazzesco. Pablo sapeva quanto ci tenessi, e l’ho contagiato, era importante anche per lui. Mi conosce alla perfezione: sa come farmi arrabbiare per reagire, come motivarmi e caricarmi. Ogni tanto mi batte anche a burraco! (risata)».

Errani sul caso Sinner

Il suo momento più difficile è legato alla squalifica per contaminazione alimentare. Le attese di mesi per ricorsi e sentenze del Cas ebbero gravi conseguenze sulla sua carriera. La vicenda di Sinner ha riaperto una ferita?
«No, non ho dubbi su Sinner, io sono felice che tutto il processo abbia funzionato nel migliore dei modi ed è giusto che sia così.
Queste situazioni sfortunate possono capitare e si devono poter risolvere ad ogni passaggio nei tempi più brevi possibile, per tutti. Quello è stato un periodo buio della mia carriera: ha avuto un impatto psicologico e ci sono state conseguenze sul mio gioco, è lì che riconduco le mie difficoltà al servizio. Ma non ho mai giocato con rancore né smesso di lottare. In passato soffrivo per le cattiverie, ma ora me la godo e basta: sono felice per me stessa, per Jas, per quello che abbiamo fatto, per Pablo, per la mia famiglia».

Che cosa le ha dato le motivazioni per lottare quando c’era da risalire la classifica?
«La passione. E poi dentro di me avevo l’intima convinzione che potevo dare qualcosa al tennis e viceversa. Anche Pablo tante volte negli anni me l’ha ripetuto: “Il tennis ti deve ancora qualcosa”. E cosi è stato. Ora mi dice che forse siamo noi in debito, che qualche primo turno ostico capiterà o qualche net sfigato (risata)».

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