Dal CorSera. 24 quarti posti azzurri, nessuno come l’Italia nel medagliere. Brucia ma si tratta di una forza di una squadra, di una scuola, di un movimento che può solo migliorare
L’Italia alle Olimpiadi ha un record difficilmente eguagliabile: il numero delle medaglie di legno in questa edizione di Parigi è arrivato a 24. Ma forse, scrive in soldoni il Corriere della Sera, non è tutto oro che quel che luccica. L’elegia del quarto posto.
Lo strano record (non poi così strano) dell’Italia
Scrive il CorSera:
E se il quarto posto non meritasse un’invettiva, ma un’elegia? La giornata olimpica inizia con la nuova classifica delle medaglie di legno, resa popolare in Italia dai social di Enrico Mentana, che rilancia un account francese, la Fédé de la Lose: un gruppo di buontemponi che hanno fondato la Federazione degli Sconfitti. L’Italia capeggia nettamente la graduatoria.
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Mimmo Acerenza ha perso il bronzo per sei decimi al termine di una gara durata quasi due ore (la 1o km in acque libere), Nonostante il quarto posto assicura che si è divertito un sacco. “Cosa vuoi dire a uno così? Che all’olimpiade si viene per vincere e non per divertirsi? Ma no, quando parla di divertimento Acerenza non si riferisce al luna park, intende quello sforzo ai limiti delle proprie capacità, questa sfida condotta sino all’estremo contro gli altri, contro la corrente del fiume, contro se stessi”.
Da un lato, scrive il quotidiano, è mancata magari cattiveria agonista. Ma gli atleti e le atlete sono più meno sullo stessa linea d’onda. “Si può vincere senza essere cattivi. A volte però un pizzico non di malanimo o di scorrettezza ma di determinazione in più — senza arrivare alla ferocia del lupo serbo Djokovic — potrebbe aiutare“.
E allora, “dietro il quarto posto non c’è solo la poesia dell’occasione perduta, la malinconia della rosa non colta; c’è la forza di una squadra, di una scuola, di un movimento. A maggior ragione se sapremo lavorare sul fisico, sulla tecnica e pure sulla psiche per trasformare il legno in metalli preziosi a Los Angeles 2028“.
Noi Gen Z: un’altra Olimpiade è possibile, il medagliere non è tutto. Il quarto posto non è un’onta – il Napolista
Il barone de Coubertin ce lo ha insegnato. Alle Olimpiadi “l’importante non è vincere, ma partecipare”. Eppure, Paesi e federazioni preferiscono più vincere che partecipare. Le massime istituzioni vogliono prestigio, potere, fama. Perché a ciò, banalmente, equivalgono quattrini. È così che gira il mondo. E non è un caso che il presidente del Coni ha trascorso quasi tutto l’inverno a dire a destra e manca “Faremo meglio di Tokyo”. “Una medaglia in più di 40”. “Abbiamo lavorato bene”. E allora tutti lì, incollati alla tv aspettando di sentire l’inno di Mameli praticamente ad ogni finale. “Se Malagò arriva a dire questo, vogliamo il podio anche al ping pong, persino nella break dance“.
Poi accade che una ragazzina (nell’accezione più affettuosa) dia lezioni di vita ad una ex campionessa. «Quanto accaduto a me, sgradevole, succede anche in tanti altri ambiti. Non solo nello sport, ma anche nel lavoro, a scuola, all’università. Ovvio che nel momento in cui vedo un quarto posto non posso fare altro che dire brave alle prime tre. E non posso chiedere di rifare la gara o rifare l’intervista. E quindi ovviamente in quel caso bisogna accettare quello che c’è, a prescindere. Io sono contenta perché ho capito quanto valgo. Quella era la mia soddisfazione nell’intervista.
Dicono che noi giovani siamo svogliati. Che se non finisci la triennale in tre anni… Che sbagliamo. Che se finisci l’università in 10 anni fai c… Non è così: ognuno ha i suoi tempi. Ognuno gioisce per quello che vuole. Quello che mi sento di dire è che neanche mia madre mi dice cosa fare e cosa dire. E sicuramente non me lo può dire qualcun altro».
La lezione di Benedetta Pilato
E come non rivedersi nelle parole di Benedetta per chi, come me, appartiene alla sua generazione. Bum. Le parole della Pilato sono un pugno dritto allo stomaco della Di Francisca & Co. E, perché no, anche di Malagò. A sentire quelle parole, voci di corridoio dicono, il presidente del Coni avrebbe esclamato: «Tu quoque, Benny, filia mea».
Ma il punto è che la Pilato non è l’unica. Per i giovani italiani della Olimpiadi (che non è ancora finita ma se il trend è quello…) le medaglie sono un plus. E non certo per menefreghismo. Sono un premio, appunto, che (lasciando da parte questioni economiche) col tempo diventano un felice ricordo e, se si è abbastanza simpatici, ti porta negli studi televisivi per fare il commento tecnico.
Game, set, match. Malagò rassegnati. Sei circondato… da quarti posti.