È diventata una sorta di passerella prêt-à-porter, con Parigi a fare da cornice. La fiamma olimpica rimarrà a lungo nell’immaginario collettivo
Viva la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Parigi, è stata come il jazz di Miles Davis
Ho visto l’inaugurazione delle Olimpiadi che si stanno disputando a Parigi. Ho letto pareri molto contrastanti se non addirittura stroncature di lesa maestà: l’apertura di una Olimpiade non può essere prevista al di fuori di uno stadio. È troppo lunga. Non ha messo in risalto gli atleti.
Premesso che niente è immutabile, anzi a dirla tutta qualcosa di immutabile mi inquieta anche un po’, l’inaugurazione in questione trovo che abbia avuto il coraggio di osare, a partire proprio dal fatto che la sfilata non sia stata fatta all’interno di uno stadio ma in esterno, e precisamente sulla Senna.
L’ho trovata un’idea geniale: all’interno di uno stadio dopo un po’ si comincia a formare un formicaio che in televisione rende tutto un po’ claustrofobico, gli atleti cominciano a diventare dei puntini, fino a confondersi con quello che hanno intorno. Per non parlare delle solite riprese, che tendono a far diventare lo schermo della televisione una parete piena di bellissimi quadri, ma talmente intasata da non riuscire ad apprezzarne nemmeno uno.
Lo spazio è fondamentale, ben gestito aiuta a valorizzare anche il soggetto protagonista. Per rendere l’idea, mi viene in mente l’immenso trombettista jazz Miles Davis, chiamato il Re del silenzio proprio per i vuoti che frapponeva tra le sue meravigliose note. Per lui quei vuoti avevano la stessa importanza delle note: suona quello che non c’è. Diceva.
La cerimonia inaugurale è diventata una sorta di passerella prêt-à-porter
La sfilata è diventata una sorta di passerella prêt-à-porter, con il paesaggio, e che paesaggio, a fare da cornice alle imbarcazioni che portavano gli atleti. Se si guardano le sfilate di moda ci si rende conto che anche lì il cambiamento è evidente: sempre maggiore spazio, meno rigidità – entro, sfilo, avanti, indietro, esco-, sempre più scenografica e interattiva/teatrale.
Credo che il curatore abbia perseguito proprio questa intenzione, d’altra parte siamo a Parigi, in Francia, dove non lesinano sicuramente in sfarzo e autocelebrazione. Ma ho trovato, come molte altre volte, che l’interazione tra Arte e Tecnologia è capace di suscitare un’emozione. Questa capacità di utilizzare strumenti con potenzialità visive sempre più sofisticate con la sensibilità artistica che i nostri cugini hanno ben radicata, genera sempre un mix emozionale che non credo si possa negare.
Questo mix tecnologia/arte, come ad esempio sculture e emergevano dall’acqua, la decorazione di alcuni ponti, presuppone un uso trasversale della tecnologia, una conoscenza profonda che mi permette di curvare l’uso dello strumento verso la sensibilità umana. Il risultato credo vada comunque apprezzato.
Anche la fiamma olimpica credo che rimarrà per molto tempo nell’immaginario collettivo. Trovo che sia un magnifico esempio su come si possa coniugare tradizione, innovazione ed essere al contempo un’attrazione e turistica.
Non dico che sia stato tutto dello stesso livello, qualche inceppo lo hanno avuto pure loro ma, il coraggio di rischiare, la sincerità del fare riunite al talento, credo meritino comunque un’attenzione. A proposito Miles Davis le aveva tutte…