“Mancano 4 giorni alla chiusura ed è filato tutto liscio. I conflitti mondiali sono rimasti in sordina, ha predominato lo sport”
Mancano quattro giorni alla fine delle Olimpiadi. E la guerra, anzi… le guerre, sono rimaste fuori. I Giochi si sono chiusi in una straniante parentesi sportiva mentre il mondo va a fuoco. Una vera e propria tregua olimpica circoscritta però solo alla Francia. Ne scrive Marc Bassetti su El Paìs.
“Non sono solo Israele e Palestina a scuotere il mondo fuori dai limiti della périphérique, la tangenziale che separa la capitale dal resto dell’universo. C’è l’escalation in Medio Oriente. I combattimenti in Ucraina. Conflitti aperti come quello in Sudan (circa 15.000 morti e più di 10 milioni di sfollati dall’aprile 2023) o nella Repubblica del Congo (sei milioni di morti, secondo alcune stime, da quando questa guerra senza fine è iniziata nel 1996). Le rivolte in Inghilterra e la rivolta in Bangladesh. La campagna elettorale negli Stati Uniti e le elezioni interrotte in Venezuela. La forza della Cina, regina del medagliere che intimidisce i vicini”.
“Si poteva pensare che almeno una parte di questi conflitti finissero per riversarsi a Parigi come la Senna qualche anno fa, o che lo spettacolo olimpico sarebbe stato teatro di rivendicazioni degli atleti o di incidenti diplomatici, per non parlare dei temuti attacchi terroristici attacchi. Mancano quattro giorni ai Giochi Olimpici, ma nulla di tutto ciò è accaduto”.
“Sebbene questi Giochi siano molto geopolitici a causa del contesto della guerra in Ucraina, Israele e Palestina, lo sport ha predominato”, riassume Kévin Veyssière, autore del saggio Geolympics. “Non ci sono stati gesti politici sul podio da parte degli atleti, né dichiarazioni politiche internazionali, se non dopo la cerimonia di apertura, criticata da Donald Trump e Recep Tayyip Erdogan”.