La voce storica Rai dell’atletica leggera lascia. Ad Avvenire: “Nel 1991 sono caduto dalle scale e ho perso 10 anni di memoria”
Questa è l’ultima Olimpiade di Franco Bragagna. La voce inconfondibile dell’atletica leggera per la Rai da una trentina di anni. Una decina di quelli precedenti se li è persi dopo una caduta dalle scale nella dese di Bolzano. Reset della memoria, nemmeno la moglie e il primo di quattro figli riconosceva. Era il 1991. “Niente, non ricordavo almeno gli ultimi dieci anni della mia vita – racconta in un’intervista ad Avvenire ripresa da Dagospia – Negli anni ho dovuto ricostruire tutto”.
Bragagna è l’atletica leggera: “Un sogno da sempre, volevo commentare solo l’atletica leggera. Negli anni ho rinunciato a promozioni di carriera e a commentare il ciclismo e lo sci alpino, dicendo sì solo allo sci di fondo. Sennò avrei fatto il giornalista probabilmente di esteri, non solo intesa come grande politica internazionale, ma anche raccontando storie, anche piccole ma interessanti e di valore che ci sono nel mondo”.
Quale il vero ruolo del telecronista? “Accompagnare e aggiungere. Con la squadra italiana di atletica più forte di tutti i tempi è più facile, chi segue da casa è più attento perché si vince, è ben predisposto ad ascoltare. Prima era più difficile raccontare di atleti che magari perdevano e far capire che comunque erano persone, con la loro identità, con la loro storia personale di uomini e donne”.
“Nella storia il telecronista ci entra con le grandi vittorie, il Marcello, pensando a Mastroianni, da me gridato a Marcell Jacobs dopo l’oro di Tokyo sui 100 metri o ancora il “bravo bravo bravo” a Stefano Baldini nel trionfo olimpico 2004. Deve venire naturale, un’enfasi portata dall’emozione del momento. Sono assolutamente della scuola del “non scriversele prima” come altri colleghi”. A volte i successi arrivano improvvisi proprio come i 10 minuti magici Jacobs-Tamberi a Tokyo o come l’oro mondiale di Fabrizio Mori. Nelle maratone come con Baldini o Giacomo Leone quando ha vinto la martona di New York hai tempo per metabolizzare il successo che sta per arrivare. La scintilla per descrivere in maniera “storica” un successo è la grande emozione che si scaturisce e che deriva solo dalla grande passione per lo sport e nel fare telecronaca. Il telecronista in quel momento non può pensare che sta lavorando“.
Che farà dopo? “Non ci ho ancora pensato, mi piace insegnare e ho fatto anche delle supplenze come insegnante di lettere. Potrei fare delle consulenze, impartire lezioni di giornalismo o comunicazione… vedremo”.