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Lyles è perfetto per essere il nuovo Bolt, per Jacobs era un ruolo impossibile (Guardian)

“I campioni dei 100 metri hanno sempre dovuto rappresentare qualcosa di più grande di loro: una stella polare, un ideale fisico e un brand personale instancabile”

Lyles è perfetto per essere il nuovo Bolt, per Jacobs era un ruolo impossibile (Guardian)
US' Noah Lyles celebrates holding a US' flag after winning the men's 100m final of the athletics event at the Paris 2024 Olympic Games at Stade de France in Saint-Denis, north of Paris, on August 4, 2024. Anne-Christine POUJOULAT / AFP

Noah Lyles non parla a vanvera. Non fa il “pagliaccio” insomma. Prima promette, scrive il Guardian, poi “quasi come se stesse cercando di trasformare la visione in realtà la consegna, con i dettagli e le viti per incassare gli assegni che le sue parole hanno già scritto per lui. E nel tempo che ti serve per leggere questo paragrafo, diventa il campione olimpico dei 100 metri”.

“Il nuovo re indiscusso dello sprint maschile è una specie di genio tormentato, un fan di manga e anime a cui piace dipingersi le unghie e gli skateboard, che ha menzionato il suo terapista nella sua conferenza stampa, che capisce meglio di chiunque altro che la gloria e la disperazione sono fondamentalmente due metà di un tutto. Forse niente cattura questo meglio di una finale vinta per cinque millesimi di secondo, la differenza incredibilmente crudele tra Lyles e Kishane Thompson della Giamaica”, scrive Jonathan Liew.

“In uno sport di aria pura e linee dritte pulite, forse lo sport più semplice di tutti, Lyles prospera sulla spinta del conflitto, sui muscoli rapidi della competizione e del confronto, sul sale delle lacrime dei suoi detrattori e sul sale delle sue. Spesso si dice degli atleti che il primo metro è nella loro testa. Con Lyles, è più corretto dire che il primo metro è nella sua bocca”.

Secondo l’editorialista del Guardian i cinque millesimi di secondo che hanno deciso l’oro, se li è presi  Lyles perché “ha visto cose. Ha conosciuto il dolore della sconfitta, l’intorpidimento della depressione, il dolore del rifiuto, persino l’umiliazione, e ne è uscito dall’altra parte”.

Ma andiamo oltre: “Ciò che succederà dopo è un mistero. I campioni dei 100 metri maschili, da Jesse Owens a Usain Bolt, hanno sempre dovuto rappresentare qualcosa di più grande di loro, non essere solo un campione ma una figura di spicco, una stella polare, un ideale fisico e un marchio personale instancabile. Questo era un compito troppo pesante per il campione in carica Marcell Jacobs. Forse è arrivato un po’ presto anche per Thompson, un atleta che sta ancora scoprendo i limiti estremi di se stesso e che avrà imparato così tanto”. Ma “per Lyles questo è il ruolo che ha sempre sognato per sé stesso. Attraverso gli anni macchiati e confusi del post-Bolt, i brevi interregni di Justin Gatlin e Kerley, Jacobs e Christian Coleman, l’atletica ha cercato – non senza una certa contraddizione interna – un successore del suo bizzarro dio dello sprint”.

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