Il Napoli non ha panchina a centrocampo. Il Napolista vi rivela la conversazione. “Tu nei hai ancora, Lele, ne ho parlato anche con Ligabue”.

Nella notte Conte telefona a Oriali: «Lele, te la senti di giocare? A Verona ti porto in panchina»
Sono le ore due della notte di Ferragosto. Gabriele Oriali sta dormendo il sonno dei giusti. Quando, improvvisamente, suona il suo telefonino.
“Amala, pazza Inter amala…” a tutto volume. Oriali salta dal letto. È preoccupato. Pensa alla famiglia. Guarda il display, campeggia la scritta: “Andonio”. Riguarda l’ora. Intanto la suoneria va avanti: “Amala…”
«Pronto, Antonio, che succede?»
«Ciao Lele, dormivi?»
«Sono le due di notte, Antonio, cosa vuoi che facessi?»
«Sì, hai ragione. Senti Lele, ero qui che facevo la lista per Verona. Ma tu come stai?»
«Antonio come vuoi che stia? Ci siamo visti fino a qualche ora fa. Sto bene. Un po’ di acidità di stomaco ma sto bene».
«Sì ma come stai, come ti senti?»
«Antonio, vuoi che venga da te? C’è qualche problema, lo sento. Hai bevuto?».
«No no, ma che bevuto. Vedi Lele, lo so che nella vita ci sono dei periodi. Lo so bene. Il passato è passato. Però, ce lo diciamo sempre, quando uno è calciatore, è calciatore a vita. Poi sì fa l’allenatore, il dirigente. Il cazzaro sui social. Ma il campo, Lele, il campo».
«Antonio, sicuro che stai bene? Mi svegli alle due di notte per dirmi questo?»
«Lele, ne abbiamo parlato mille volte. Tu le partite le guardi da dirigente o da calciatore?»
«Vabbé e allora? Antonio, ti ricordo sempre che sono le due di notte».
«Vedi Lele. La conosci la situazione. Noi domenica andiamo a Verona».
«Non ci sono i soldi per i biglietti?»
«Ma no. Almeno non credo. A Verona chi gioca a centrocampo?»
«Chi vuoi che giochi Antonio, Lobotka e Anguissa. Solo loro abbiamo».
«Ecco».
«Che vuoi fare, esperimenti la prima giornata di campionato? Antonio, ma sei tu o è uno scherzo? Non sono in vena eh?»
«Sono io, Lele, sono io. Chi portiamo in panchina?»
«Nessuno. Come in Coppa Italia. Gaetano non c’è, Cajuste forse lo vendono, Folorunsho lasciamo stare sennò torniamo a discutere. Brescianini lasciamo perdere pure lui. McTominay?».
«Lele, non farmi incazzare pure tu. Lele, io ti ho visto a Dimaro. Tu hai ancora voglia. A me non la fai».
«Di cosa?»
«Lele io lo sento che tu ne hai ancora. Lo vedo da come ti muovi, da come scalpiti. Ne ho parlato anche con Ligabue, è d’accordo con me. Ti ho visto come leggevi l’intervista della Di Francisca. Leggevi e annuivi. Annuivi e leggevi».
«Antonio, puoi essere più chiaro per cortesia?»
«Lele io a Verona ti metterei in distinta. Innanzitutto, non devo star là a spiegarti i movimenti, cosa fare con la palla, quella roba lì. E poi facciamo il botto a livello giornalistico. In panchina Lele Oriali».
«Ma sei matto? Antonio, ho 71 anni, quasi 72».
«Lele».
«Tu hai preso qualcosa stasera? Hai bevuto».
«Lele, adesso non farmi essere brutale, ma qui giocava Cajuste. Ora vuoi dirmi che tu non puoi andare in panchina?»
«Antonio ma Cajuste avrà 25 anni, non lo so».
«Cajuste, Lele, Cajuste».
«Lo so, Antonio, lo so. Ma io non gioco da una vita. I miei colleghi sono tutti ai giardinetti. Mi avevi detto “vieni a Napoli, ci divertiamo”. Vuoi mandarmi in panchina la prima di campionato? Poi chi lo dice al mio cardiologo? Chi la sente mia moglie. Ma poi a 71 anni. Nemmeno Stanley Matthews giocava ancora a 71 anni, dai. Poi che figura Antonio. Se uno tra Lobotka e Anguissa vuole uscire, chiede il cambio, che facciamo? Entro io veramente?»
«E certo Lele. Ho pensato a tutto. Anche al numero di maglia. L’8 è libero. Volevo darti il 13, come ai Mondiali ma è di Rrahmani. Solo per stargli a spiegare, lasciamo stare. Immagina la scena: tu entri, segni e dedichi il gol a Bearzot. Dai Lele, è una storia pazzesca».
«Il vecio. Mi mise dentro col Camerun, non mi tolse più. Non mi ci far pensare che ancora mi commuovo».
«Lele, non abbandonarmi, almeno tu. Non ti chiedo di fare il terzino che pure…. Stai lì, lì nel mezzo…».
«Antonio, adesso ti rivelo io una cosa. Quando siamo andati a Dimaro. Al secondo giorno ho capito com’era la situazione. Ti ricordi quando facemmo quel lavoro con Cajuste?»
«E chi se lo scorda».
«Ecco. Da quel giorno ogni mattina sono uscito alle cinque per andare a correre e a fine allenamento quando ti dicevo che andavo a vedere il tramonto, in realtà facevo i personalizzati. E anche i tiri in porta. Non sto a dirti la percentuale di realizzazione».
«Ma allora vedi che ci sei Lele. Lo sapevo, cazzo. Vuoi giocare titolare? Guarda che cambio anche il modulo».
«Non esageriamo Antonio, dai. La panchina va bene. Però vado in giacca eh. Poi, se dovesse capitare, me la tolgo e entro. Gli scarpini ce li ho».
«Non avevo dubbi, Lele. Ora posso dormire. Grazie. Sei un vero amico».