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Noah Lyles: «Tutti vogliono un pezzettino di me. Devo saper dire di no, altrimenti mi faccio male»

All’Equipe: «Non voglio diventare come gli ex campioni che chiedono soldi dopo la loro carriera perché non hanno più niente»

Noah Lyles: «Tutti vogliono un pezzettino di me. Devo saper dire di no, altrimenti mi faccio male»
US' Noah Lyles celebrates holding a US' flag after winning the men's 100m final of the athletics event at the Paris 2024 Olympic Games at Stade de France in Saint-Denis, north of Paris, on August 4, 2024. Anne-Christine POUJOULAT / AFP

Noah Lyles, oro olimpico nei 100 metri a Parigi. Il 27enne americano è il grande favorito anche per la finale dei 200 metri. L’americano punterà poi a una possibile tripletta con la 4×100, come l’anno scorso a Budapest, e perché no a una quarta vittoria in caso di partecipazione alla 4×400, come ha lasciato intendere da diversi mesi a questa parte. L’Equipe lo ha intervistato prima della sua partecipazione ai Giochi Olimpici di Parigi.

Lyles: «Ora più che mai tutti vogliono un pezzettino di me»

L’intervista a Lyles prima delle Olimpiadi. Sull’intenzione di partecipare anche nella 4×400:

«I 100 e i 200 metri, non c’è bisogno di spiegare l’importanza che rappresentano. Nella 4×100 c’è un po’ meno pressione, è più divertente ma è sempre bello vincere in squadra. E poi un giorno ho pensato alla 4×400 m. Un amico mi ha ricordato quando correvo i 400 metri al liceo. Ci ho pensato, e se riesco a staccarmi dai soliti schemi, non dico di no! Questa sarà l’ultima gara in programma per queste Olimpiadi».

L’americano è un personaggio. I suoi “show” e le sue dichiarazioni hanno portato l’atletica nelle prima pagine dei giornali:

«Portare il mio sport fuori dal suo ambito tradizionale, trascendendolo, è sempre stato il mio obiettivo principale. E non voglio nemmeno rimanere bloccato nella mia bolla da atleta. Quando finirò il viaggio della mia vita, non voglio essere ricordato solo come il miglior velocista. Voglio essere molto bravo in tutto quello che faccio. Non sono l’unico a pensarla in questo modo. E non voglio essere come gli ex campioni olimpici o mondiali che devono chiedere soldi a sinistra e a destra dopo la loro carriera perché non hanno più niente. Essere buttato via come un vecchio tappeto? No grazie».

Ha più volte menzionato i suoi episodi depressivi e ha chiesto che la salute mentale non fosse più un tabù, nello sport come altrove.
«È un problema quotidiano, è tutto legato alla salute mentale. Come ti senti dopo una gara, dopo un colloquio… Ora più che mai tutti vogliono un pezzettino di me. Ho dovuto annullare un servizio fotografico qualche mese fa perché mi sentivo stressato. Il mio corpo non ne poteva più. Devo essere consapevole di questo genere di cose. Altrimenti rischio di farmi male. Non si tratta di chiudere la porta a tutto, ma c’è un tempo per farlo e un tempo per lo sport. Devo rispettare un equilibrio».

Ha vinto i 100 metri per 5 millesimi, fino ai 50 metri era ultimo (Telegraph)

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