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Noi Gen Z: un’altra Olimpiade è possibile, il medagliere non è tutto. Il quarto posto non è un’onta

È la lezione più brutale che noi scapestrati e svogliati giovani possiamo mai impartire agli adulti. «Ognuno ha i suoi tempi», ha vinto Benedetta Pilato.

Noi Gen Z: un’altra Olimpiade è possibile, il medagliere non è tutto. Il quarto posto non è un’onta
Roma 23/06/2023 - torneo Settecolli / foto Image Sport nella foto: Benedetta Pilato

Noi Gen Z: un’altra Olimpiade è possibile, il medagliere non è tutto. Il quarto posto non è un’onta

Il barone de Coubertin ce lo ha insegnato. Alle Olimpiadi “l’importante non è vincere, ma partecipare”. Eppure, Paesi e federazioni preferiscono più vincere che partecipare. Le massime istituzioni vogliono prestigio, potere, fama. Perché a ciò, banalmente, equivalgono quattrini. È così che gira il mondo. E non è un caso che il presidente del Coni ha trascorso quasi tutto l’inverno a dire a destra e manca “Faremo meglio di Tokyo”. “Una medaglia in più di 40”. “Abbiamo lavorato bene”. E allora tutti lì, incollati alla tv aspettando di sentire l’inno di Mameli praticamente ad ogni finale. “Se Malagò arriva a dire questo, vogliamo il podio anche al ping pong, persino nella break dance“.

Poi guardi il medagliere, guardi le prestazioni e inizi a pensare che forse Parigi non è Tokyo. Che, forse, le 40 medaglie sono state una congiunzione astrale. Un allineamento di pianeti, una cosa che accade ogni cento anni.

La lezione di Benedetta Pilato: «Ognuno ha i suoi tempi»

Poi accade che una ragazzina (nell’accezione più affettuosa) dia lezioni di vita ad una ex campionessa. «Quanto accaduto a me, sgradevole, succede anche in tanti altri ambiti. Non solo nello sport, ma anche nel lavoro, a scuola, all’università. Ovvio che nel momento in cui vedo un quarto posto non posso fare altro che dire brave alle prime tre. E non posso chiedere di rifare la gara o rifare l’intervista. E quindi ovviamente in quel caso bisogna accettare quello che c’è, a prescindere. Io sono contenta perché ho capito quanto valgo. Quella era la mia soddisfazione nell’intervista.

Dicono che noi giovani siamo svogliati. Che se non finisci la triennale in tre anni… Che sbagliamo. Che se finisci l’università in 10 anni fai c… Non è così: ognuno ha i suoi tempi. Ognuno gioisce per quello che vuole. Quello che mi sento di dire è che neanche mia madre mi dice cosa fare e cosa dire. E sicuramente non me lo può dire qualcun altro».

E come non rivedersi nelle parole di Benedetta per chi, come me, appartiene alla sua generazione. Bum. Le parole della Pilato sono un pugno dritto allo stomaco della Di Francisca & Co. E, perché no, anche di Malagò. A sentire quelle parole, voci di corridoio dicono, il presidente del Coni avrebbe esclamato: «Tu quoque, Benny, filia mea».

Ma il punto è che la Pilato non è l’unica. Per i giovani italiani della Olimpiadi (che non è ancora finita ma se il trend è quello…) le medaglie sono un plus. E non certo per menefreghismo. Sono un premio, appunto, che (lasciando da parte questioni economiche) col tempo diventano un felice ricordo e, se si è abbastanza simpatici, ti porta negli studi televisivi per fare il commento tecnico.

Quarti ai tuffi maschili, quarti nella ginnastica. Nella scherma più delusioni (tutte nostre, non certo degli atleti o delle atlete) che medaglie. Nel judo lasciamo perdere. Che sia oro, argento o bronzo poco importa, ci ha detto Benedetta. L’importante è il viaggio, non la destinazione. E questa è la lezione più brutale che gli scapestrati e svogliati giovani possano mai impartire alle generazioni più grandi.

Il partito de “Il viaggio è più importante della destinazione” della Gen Z

Alcuni esempi a cui Malagò potrebbe fare caso:

Marsaglia e Tocci dopo i tuffi: «Anche il record di punti non sarebbe servito. Potevamo fare qualche errore in meno sugli ultimi due tuffi, ci avrebbero dato massimo 25 punti, ma saremo stati comunque indietro. Speriamo che non ci sia nessuno che dice che non possiamo essere contenti di questo quarto posto, perché alla fine abbiamo fatto veramente bene e siamo molto soddisfatti».

Macchi, comunque argento nel fioretto: «Ne ho sentite di ogni, ti hanno derubato, arbitraggio scandaloso, è una vergogna. Eppure a me viene da dire che sono proprio un ragazzo fortunato».

Vavassori dopo l’eliminazione nel doppio misto: «Cosa devo fare, impiccarmi? Io credo che ormai si sia persa la cultura della sconfitta, del valore di una persona, di un atleta che fa tanti sacrifici per arrivare alle Olimpiadi, e che se ce la fa vuol dire già che ha dei valori importanti. Penso a quanto è successo con Benedetta Pilato. La Di Francisca non la conosco, per carità non voglio essere io a crocifiggerla, ma per me quello che ha detto la Pilato dovrebbe essere la normalità. Invece ormai funziona così: o vinci la medaglia o sei un fallito».

E se poi c’è ancora qualche scettico, Federica Pellegrini sa come mettere d’accordo tutti:
«Mi sento di dire una cosa sull’intervista di ieri sera di Benedetta Pilato … Ognuno di noi è diverso, ognuno di noi ha sogni diversi e aspettative diverse! È bello vedere (dal di fuori) vincere ori in modi che possono sembrare semplici, ma non è assolutamente così! A volte un quarto posto anche se per poco è il nostro sogno più grande! Perché?! Perché Benny alla prima Olimpiade uscì in batteria e ieri sera si presentava con il settimo tempo! Le medaglie piacciono a tutti ma… (e questo l’ho capito solo alla mia ultima Olimpiade) a volte conta molto di più il viaggio!! Le medaglie pesanti arriveranno, Benny ha solo 19 anni!! Lasciamola sognare ciò che vuole!!!»

Game, set, match. Malagò rassegnati. Sei circondato… da quarti posti.

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