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Orsato: «Non vado in Russia. In nome dei principi etici che mi hanno sempre guidato, ho detto no»

A Repubblica: «alla luce della situazione socio-politica attuale, ho deciso di non accettare. Sui falli di contatto la tecnologia non sostituirà mai l’uomo»

Orsato: «Non vado in Russia. In nome dei principi etici che mi hanno sempre guidato, ho detto no»
Roma 28/01/2024 - campionato di calcio serie A / Lazio-Napoli / foto Image Sport nella foto: Daniele Orsato

Orsato: «Non vado in Russia. In nome dei principi etici che mi hanno sempre guidato, ho detto no».

Daniele Orsato intervistato da Repubblica.

Daniele Orsato, ma davvero va in Russia?
«Assolutamente no. Mi era stato chiesto di collaborare come esperto arbitrale con la Federazione russa, all’interno di un panel di grande livello tecnico. Sono stato molto lusingato dall’invito. Tuttavia, alla luce della situazione socio-politica attuale e dei principi etici che mi hanno sempre guidato, sia in campo che fuori, ho deciso di non accettare. Inoltre, nei prossimi mesi desidero concentrare tutte le mie energie sulla costruzione di un progetto tecnico e associativo con l’Aia in Italia».

Sarà il primo anno senza Orsato in campo, dal 2006. Perché ha smesso se poteva ancora arbitrare?
«Nell’arbitraggio è fondamentale mantenere elevati stimoli mentali per garantire performance di alto livello. Dopo aver raggiunto tutti i traguardi che avrei mai potuto desiderare, ho avvertito che quegli stimoli non erano più così forti. Per questo ho deciso di smettere, con l’obiettivo di cercare nuove sfide e stimoli in un altro ruolo».

Orsato e la tecnologia

Lei ha iniziato ai tempi dei movioloni. Ha finito con il Var. Che cambiamento c’è stato? E cosa pensa del Var?
«Il Var è ormai uno strumento indispensabile per ridurre gli errori arbitrali, ma occorre continuare a costruire una generazioni di arbitri che sappiano decidere con personalità. Il Var deve aiutarli, non sostituirli. A volte la certezza non c’è neanche nelle immagini e quindi la decisione del campo rimarrà spesso insostituibile».

Meglio una partita perfetta, con le macchine? O imperfetta, ma gestita solo in campo dagli uomini?
«Mi piacerebbe un mondo in cui tutti comprendessero anche l’errore dell’arbitro, ma con le tecnologie di cui disponiamo oggi nessuno giustamente accetterebbe più di perdere una finale dei Mondiali per un fuorigioco, ancorché millimetrico, o per un pallone che non avesse completamente varcato la linea di porta. Quello che molti si ostinano a non capire è che la tecnologia non riuscirà mai a eliminare la funzione arbitrale nella valutazione dei falli di contatto, in uno sport dove le dinamiche degli scontri di gioco sono spesso molto complesse da giudicare».

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