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Osimhen, ovvero quando una cattiva gestione del calciatore può incidere sulla sua carriera

La clausola ha danneggiato non solo il Napoli ma anche Victor che sta pagando carissimo le scelte del suo procuratore, anche a livello d’immagine

Osimhen, ovvero quando una cattiva gestione del calciatore può incidere sulla sua carriera
Napoli's Nigerian forward Victor Osimhen reacts during the Italian Serie A football match between Napoli and Salernitana on April 30, 2023 at the Diego-Maradona stadium in Naples. - Naples braces for its potential first Scudetto championship win in 33 years. With a 17 point lead at the top of Serie A, southern Italy's biggest club is anticipating its victory in the Scudetto for the first time since 1990. (Photo by Andreas SOLARO / AFP)

Una trappola

L’abbiamo visto e rivisto, letto e riletto, detto e ridetto: la SSC Napoli, nella persona di Aurelio De Laurentiis, ha gestito malissimo l’asset Osimhen. La società azzurra si è lasciata intrappolare da un rinnovo abnorme fondato su un contratto non sostenibile – soprattutto se lo pesiamo in relazione agli accordi stipulati con i compagni di Osimhen – e poi, alla fine, anche da una clausola rescissoria rivelatasi troppo alta, almeno nel contesto stagnante del calciomercato 2024.

Non ci sono attenuanti, a maggior ragione se consideriamo come il rinnovo di Osimhem, di fatto, abbia bloccato il Napoli per tre sessioni di mercato: estate 2023, inverno 2024 ed estate 2024. Alla fine il club è riuscito/riuscirà a venirne fuori, nel senso che ha allestito/allestirà a Conte la squadra che voleva, o giù di lì. Ma resta il fatto che il Napoli abbia perso troppo tempo dietro a un solo calciatore. E poi non ha guadagnato quanto si aspettava.

Ora però, fatta questa doverosa premessa, bisogna guardare le cose da un’altra angolazione. E per farlo bisogna partire da un assunto che non piacerà ai nostalgici, ai puristi del calcio, ma che descrive il mondo in cui viviamo: per quanto esista/resista la convinzione romantica che i club e i direttori sportivi indirizzino il calciomercato, la verità è che questo ruolo, oggi, appartiene ai procuratori. Agli agenti dei calciatori. Sono soprattutto loro, attraverso canali ufficiali e mosse segrete, a determinare i trasferimenti da un club all’altro. Sono soprattutto loro a proporre soluzioni, cioè i loro giocatori, alle squadre che ne hanno bisogno. E quindi sono loro a decidere prezzi e margini di trattativa.

Ecco, da questo punto di vista la vicenda relativa a Osimhen ha tutto un altro volto. Un altro sapore. La trappola di cui abbiamo detto ha fregato il Napoli, ma in qualche modo ha fregato anche lo stesso Osimhen. Nel giro di un anno, infatti, il centravanti nigeriano è diventato un calciatore con pochissimo appeal, da vendere – sarebbe meglio dire da piazzare a tutti i costi – a fine mercato. Con uno stipendio e una clausola che nessuno sembra disponibile a sobbarcarsi.

Il rinnovo e la clausola di Osimhen

La spirale negativa, naturalmente, ha preso il via al momento del rinnovo di contratto di Osimhen. A cui, come succede sempre, hanno lavorato De Laurentiis, il suo staff e l’entourage del giocatore. Sembra banale fare questa considerazione, ma è un dato fondamentale: nessuno, infatti, ha costretto Osimhen a estendere e adeguare il suo accordo con il Napoli. E quindi nessuno ha costretto l’agente di Osimhen, Roberto Calenda, ad accettare la clausola rescissoria di 130 milioni che al momento blocca Osimhen al Napoli.

Anzi, la realtà è esattamente opposta: la cifra è stata concordata al termine di una trattativa. E, naturalmente, è proporzionata allo stipendio che Osimhen percepisce dalla società per cui lavora. Società che, da parte sua, aveva tutti gli interessi a tenere alto il valore della clausola in modo da massimizzare gli introiti. Anche questa sembra una considerazione banale, ma non lo è.

A questo punto, occorre anche spiegare bene cos’è la clausola rescissoria che è possibile inserire nel contratto dei calciatori – in Italia è facoltativa, in altri Paesi, per esempio la Spagna, è obbligatoria. Senza andare troppo nel tecnico, nel burocratese, si tratta di un istituto che determina la possibilità, da parte di un atleta, di recedere unilateralmente dal contratto con la propria società sportiva di appartenenza, dietro il pagamento di una determinata cifra. Pagamento che di solito arriva tramite un’altra società, che quindi versa questi soldi in modo da non dover trattare sul prezzo d’acquisto per l’atleta in questione.

Quest’ulteriore digressione serve a chiarire – una volta di più – che la cifra in questione viene stabilita nell’interesse di tutte le parti in causa. Da una parte c’è il procuratore/giocatore che, ovviamente, chiede uno stipendio elevato. Dall’altra parte c’è una società che è disposta a pagarglielo, a patto che la clausola rescissoria possa essere ritoccata verso l’alto. In modo da avere più potere di trattativa nei confronti degli altri club.

Il ruolo dell’agente

Visto che la teoria è tutta abbastanza lineare, il quadro comincia a schiarirsi. E dimostra come Osimhen sia finito nella stessa trappola in cui è finito il Napoli. Per capire cosa intendiamo, basta unire tutti i punti: se i procuratori indirizzano il mercato dei calciatori e quindi i loro prezzi, se sono i procuratori a proporre i loro assistiti alle altre società, perché Calenda ha accettato di sottoscrivere una clausola così alta? Sviluppiamo ancora meglio la domanda, in modo che sia inequivocabile: se l’agente di Osimhen non aveva la certezza/garanzia di portare al Napoli un’offerta pari o comunque vicina ai 130 milioni, perché ha accettato che nel contratto di Osimhen ci fosse una clausola di 130 milioni?

È inevitabile, a questo punto, fermarsi e riflettere sul ruolo dell’agente. Su quello che un agente vuole deve fare, per i propri assistiti ma anche per sé. Nel caso di Osimhen, ma vale per tutti i calciatori del mondo e a qualsiasi livello, il lavoro del procuratore consiste nel creare le migliori condizioni di lavoro possibili. Primariamente a livello economico, e poi guardando alle prospettive e margini di crescita nel corso del tempo. Parallelamente, com’è ovvio che sia, il procuratore deve beneficiare del suo lavoro attraverso le commissioni e le percentuali stabilite dagli accordi che ha con i calciatori che segue.

L’errore di Calenda

Ecco, da questo punto di vista il lavoro di Calenda è stato perfetto fino a un certo punto. Vale a dire: firmando il rinnovo, il procuratore di Osimhen ha garantito a Osimhen uno stipendio elevatissimo, più altri benefit di cui ovviamente non siamo a conoscenza. E per questo lavoro ha anche incassato una lauta commissione. Al tempo stesso, però, come spiegato in precedenza, il rinnovo a certe cifre ha anche determinato una condizione per cui il Napoli si è sentito in diritto di chiedere una clausola rescissoria da 130 milioni di euro. Clausola che il club, alla fine, ha ottenuto.

Ecco, qui è arrivato l’errore di Calenda: proprio quella clausola così alta, oggi come oggi, non sta facendo gli interessi di Osimhen. Lo tiene bloccato al Napoli. Resta lo stipendio enorme, quello sì, ma resta anche il fatto che il giocatore non può andare a guadagnare ancora di più firmando per un’altra società. Inoltre questi benedetti 13o milioni stanno costringendo il Napoli a trattare, ad abbassare le pretese, ma di conseguenza stanno facendo calare anche il potere contrattuale di Osimhen nei confronti di chi vorrà acquistarlo. Ed è facile dedurre perché: un calciatore che costa 65 o anche 70 milioni può guadagnarne più di 10 all’anno?

E in tutto questo abbiamo – volutamente – ignorato un altro aspetto che pesa, in certi casi: la volontà del giocatore. Nel caso specifico, sembra che Osimhen voglia lasciare Napoli a tutti i costi. E sembra pure che questa volontà, come dire, non sia venuta fuori solo oggi. E neanche poco tempo fa. A maggior ragione, allora, Calenda ha commesso degli errori di valutazione: ha preferito avere molto e subito, cioè uno stipendio elevatissimo, piuttosto che ragionare in prospettiva, guardando al futuro. E a quelle che erano le idee del suo stesso assistito.

La volatilità del calcio e un tweet senza senso

È chiaro come Osimhen e Calenda stiano pagando anche un po’ di congiunture sfortunate. Nel senso: se Osimhen avesse vissuto una stagione all’altezza o comunque vicina a quella culminata con lo scudetto, 130 milioni sarebbero stati una cifra congrua. Realistica, quantomeno. Ma non è andata così, l’all-in non ha pagato. Purtroppo il calcio è e sarà sempre un ambiente volatile, in cui le condizioni possono cambiare da una settimana all’altra. Figuriamoci a distanza di un anno.

Al di là di questa riflessione, però, le domande e i dubbi posti in precedenza restano intatti. Calenda, come detto, avrebbe dovuto avere la garanzia/certezza di poter presentare un’offerta non troppo lontana dal valore della clausola. E avrebbe dovuto avere questa certezza/garanzia al di là del rendimento di Osimhen. Solo in questo modo avrebbe gestito bene la situazione. Solo in questo modo avrebbe fatto il bene di Osimhen, avrebbe fatto il bene del Napoli e in fondo anche il suo – se Osimhen verrà ceduto a 65 o anche a 70 milioni, la sua commissione sarà decisamente più bassa.

Questo tweet di Calenda, a rileggerlo dopo l’analisi che abbiamo fatto, ha davvero poco senso. Per un motivo molto semplice: come detto e spiegato finora in tutti i termini possibili, non è stato il Napoli a trasformare Osimhen in un pacco. O quantomeno: questa trasformazione in pacco è avvenuta a seguito della firma sotto un contratto in cui è stata inserita una clausola rescissoria. Una clausola che tutela il giocatore e il cui valore è stato concordato al termine di una trattativa. Una clausola che però tutela anche il Napoli, che in virtù degli accordi presi aveva tutto il diritto – viene da dire la libertà – di rifiutare offerte sotto la cifra stabilita dalla clausola. Anche se sono importanti, anche se sono arrivate quest’anno.

Il Napoli e Osimhen, oggi

Non sappiamo se ci siano frizioni tra Osimhen e il suo procuratore. Non ci sarebbe da sorprendersi: in questo momento, infatti, Osimhen è un calciatore che non ha effettuato una vera preparazione precampionato, che ha un prezzo – stabilito da una trattativa condotta e finalizzata dal suo procuratore – molto superiore al suo reale valore e che quindi è praticamente fermo sul mercato. Anzi, il suo appeal scende ogni minuto che passa in questa situazione.

Alla fine della sessione trasferimenti, a maggior ragione se Osimhen dovesse essere ceduto a 60 ma anche a 70 milioni, il Napoli sarà il soggetto che ci avrà rimesso più di tutti. Questo è chiaro a chiunque, l’abbiamo scritto all’inizio di questo articolo e lo ripetiamo ora che siamo alla fine. Così, anche per fissare bene tutti i punti della lezione incassata da De Laurentiis. Allo stesso tempo, però, anche Osimhen e il suo procuratore ci hanno rimesso. Sono cascati e cascheranno in piedi, ok. Il danno di immagine e i soldi potenzialmente persi, però, restano lì. Sono un fatto. Sono un fatto enorme, visto che siamo nell’era del calciomercato fatto dai procuratori.

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