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Paralimpiadi, Petrillo la prima atleta trans nelle gare femminili: «Un’importante testimonianza di inclusione»

Ipovedente dall’età di 14 anni, gareggerà nei 200 e 400 metri. Il presidente del Comitato paralimpico internazionale: «Sarà trattata con rispetto, ma la scienza dovrebbe darci risposte».

Paralimpiadi, Petrillo la prima atleta trans nelle gare femminili: «Un’importante testimonianza di inclusione»
Screenshot Youtube Comitato Italiano Paralimpico.

Valentina Petrillo, 50 anni, sarà la prima velocista italiana dichiaratamente transgender a gareggiare nelle gare femminili delle Paralimpiadi (28 agosto – 8 settembre). Ha completato la transizione nel 2019 e rappresenterà l’Italia nei 200 e 400 metri tra gli atleti con disabilità visiva.

Petrillo gareggerà alle paralimpiadi nella categoria femminile

Aveva vinto in precedenza 11 titoli nazionali nella categoria maschile. Le sue dichiarazioni alla Bbc Sport:

«Faccio ancora fatica a crederci e tengo i piedi per terra perché ho perso la mia possibilità di partecipare a Tokyo per poco. Inizierò a pensare ai Giochi di Parigi solo quando sarò arrivata in Francia. Questa mia partecipazione è un importante testimonianza di inclusione».

Da quando aveva 14 anni ha la sindrome di Stargardt e le sue capacità visive sono limitate a 1/50 del normale. Lo scorso anno ha vinto due bronzi ai Mondiali di atletica paralimpica. Il Comitato mondiale d’atletica vietò inizialmente alle donne transgender di competere come donne negli eventi internazionali come le Olimpiadi. Ma, secondo il regolamento del Comitato paralimpico, un’atleta riconosciuta legalmente come donna può competere come tale.

Andrew Parsons, presidente del Comitato Paralimpico Internazionale (Ipc), ha dichiarato in merito alla partecipazione della Petrillo:

«Sono preparato alle critiche. Ma dobbiamo rispettare le regole. Per il momento le regole mondiali di atletica le permettono di competere, quindi sarà la benvenuta come qualsiasi altro atleta. Penso che sia giusto che trattiamo [gli atleti transgender] con rispetto. Ma penso che la scienza dovrebbe darci risposte, perché vogliamo anche essere equità con gli altri atleti. Quello che mi piacerebbe vedere in futuro è che tutto lo sport abbia una posizione unitaria in merito».

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