S’avanza la solita mestizia del calcio fatta di polemiche, crisette e dichiarazioni fotocopia. Sabato si passava dallo show di Steph Curry a Napoli-Modena
Primo giorno di depressione post-Olimpiadi: il dramma del ritorno al pallone
Spiace per la sparuta minoranza di romantici che s’ostinavano ad attendere la caduta d’una stella come un Frecciarossa a Ferragosto. Si sono persi il wormhole che s’è spalancato nelle case-vacanza dei napoletani sabato sera – sì, la notte di San Lorenzo: un portale tra due dimensioni fisicamente incoerenti. Nello stesso momento infatti, un paio di minuti appena, sullo stesso pianeta il Napoli stava giocandosi ai rigori col Modena la qualificazione di Coppa Italia, e Steph Curry stava demolendo la Francia nella finale Olimpica di basket con un tirassegno esagerato persino per i suoi standard. Qualcuno ha provato a far combaciare i due eventi… le esequie muoveranno non appena rinvenuti i cadaveri.
S’è consumato così il passaggio di consegne tra i Giochi (brand naming perfetto) e la mestizia del pallone ordinario. Un brinamento dell’anima, da stato gassoso a terribilmente solido. Un mattina mi son svegliato e ho cercato un vincitor, ma niente. Ciao Olimpiadi, bella ciao.
Nemmeno il tempo di far salire Tom Cruise sulla moto, a cerimonia di chiusura ancora calda, che già siamo immersi fino al collo nella prima crisetta del Napoli di Conte. Nelle dichiarazioni seriosissime che nella banalità dovrebbero nascondere pizzini per chi “sa già”. Nei tirammolla del calciomercato, e la sua fuffa asfissiante più della calura. Nelle rose disadorne, nelle “gambe ancora imballate” dai gravosi ritiri in Trentino (i poveretti vomitavano, troppe ripetute a 20 gradi). Ma anche, per chi sa farsi del male a largo spettro, nel risentimento nazionale per Sinner, il traditore che invece di perdere a Parigi ha preferito perdere nientemeno che a Montreal. Il numero 1 che diede forfait per una tonsillite mentre altri gareggiavano con un calcolo renale non espulso. Una mesta routine. La conoscete, non dovremmo dirci altro.
Il lunedì post-Olimpiadi è un hangover
Il primo lunedì post-olimpico è un hangover. Ma di quelli “presi male”: cefalea, nausea, nostalgia incipiente. Ci manca già tutto di queste due settimane bulimiche. I dolori di Tamberi. Il triatleta che s’allenava per l’Escherichia coli della Senna non lavandosi le mani dopo aver fatto cacca. Il pisolino di Ceccon sotto una panchina del villaggio olimpico. Il quarto posto felice di Pilato. Il cazziatone di Di Francisca alla suddetta ranista troppo felice. La breakdancer (boh, si dice così?) clamorosamente imbucata. L’oro orgoglioso di Khelif. I vermi alla mensa di Peaty. Il turco più cool di tutti che spara come Vincent Vega in Pulp Fiction. La foto di Medina a Tahiti. I selfie di Snoop Dogg con Al Bano. La superiorità aliena di Ledecky, o di Marchand, o di Duplantis, o di Sydney McLaughlin. Egonu e Velasco. L’addio di Murray. Nadal tedoforo zuppo. Wasim Abusal che sfila con una camicia ricamata con i jet israeliani che bombardano Gaza. Manizha Talash, squalificata per aver indossato un mantello che inneggia alla liberazione delle donne. Il bacio di Alice Bellandi alla compagna, davanti a Meloni. La protesta del Setteb… no quella non ci mancherà per niente. Ma che rimpianto per tutte le storie di tutti i soliti ignoti degli sport “minori”, che per due settimane hanno arraffato ori e titoli di giornale in fotocopia, prima di tornare nell’oblio. Li salutiamo mentre svaniscono in dissolvenza dal nostro futuro prossimo, come Marty McFly nelle foto di Ritorno al Futuro. Potremmo continuare per altre 120 righe, ma dobbiamo pur tenere un contegno.
È un day-after. Che fine farà Osimhen? Tra cinque giorni comincia il campionato! Arriviamo eh, giusto il tempo di farci un pianto in doccia.