«Cantieri ovunque, assenza di bagni pubblici, borseggiatori nella metro e nessuno interviene, abbiamo un Robin Hood improvvisato»
Carlo Verdone: «Roma è diventata invivibile, penso sempre più spesso di andar via».
“Non ne posso più”. Persino Carlo Verdone, leggenda e manifesto vivente della romanità, è arrivato a minacciare la resa, l’abbandono del nido. “Ci penso davvero, due o tre volte a settimana: famme scappà via. Non è un problema solo mio, conosco tanti amici che stanno valutando concretamente di andarsene da Roma. È la prima volta che succede”. L’intervista per il Fatto quotidiano è di Tommaso Rodano.
Non bastasse il resto, i roghi di questi giorni hanno generato un clima apocalittico.
Carlo Verdone: «Quando c’è stato l’incendio di Monte Mario ero lì vicino, stavo lavorando in piazzale Clodio. Ho provato a tornare a casa, ma tutte le strade erano chiuse per far passare i pompieri e la polizia. Ero pure in scooter, in teoria doveva essere più semplice venirne fuori, invece sono finito incastrato in una specie di bolgia infernale: come mi muovevo trovavo una strada chiusa. Ero ostaggio, non riuscivo più a tornare a casa. Ho girato in via Ottaviano, pensavo di salvarmi, non l’avessi mai fatto: un cantiere, altra strada chiusa. Ho scoperto che a Roma ci si può ancora perdere alla mia età.
Di recente ha lanciato un grido di dolore sulla sporcizia della città. Ha definito Roma “il bagno di un autogrill”. Siamo a questo punto?
Carlo Verdone: Ho sollevato il problema dei gabinetti pubblici, che è sotto gli occhi di tutti. Provi ad affacciarsi per una ventina di minuti da Ponte Garibaldi o da Ponte Sisto, vedrà qualcuno che si cala i pantaloni e lascia un bel ricordo. Glielo garantisco al cento per cento. Mica solo pipì, eh, pure qualche regalo più sostanzioso. Dalla mia finestra vedo ragazzi, ubriaconi – romani e turisti – che si nascondono dietro macchine, statue, alberi. Ogni volta che torni a casa, ti devi controllare le suole delle scarpe. È indecoroso, impensabile per le capitali europee “normali”. C’è un concorso di colpa, è chiaro: c’entra pure il senso civico delle persone. Ma cara amministrazione, che ci vuole a mettere dei vespasiani?
Verdone: «Poi mi dicono “hai parlato male di Roma”. Ma come fai?
«Poi mi dicono “hai parlato male di Roma”. Ma come fai? Come ti giri, non vedi più una strada normale. Non c’è un centimetro di muro che sia stato risparmiato. Ta g , firme, scritte, brutture, sfregi. Questa città deve essere considerata come la nostra casa. Quando una casa è tenuta bene, quando ci entri stai attento, cammini in un certo modo, ti siedi composto, fumi fuori dalla finestra. Mostri attenzione. Quando una casa è trascurata, invece, ognuno si sente in diritto di trattarla male».
Un nuovo “eroe” veglia sulla metropolitana di Roma: Simone Cicalone, ex pugile, professione influencer. In cambio dei nostri click, va ad affrontare i borseggiatori sotto la metropolitana.
«Mi sembra un esempio perfetto, un po’ triste, delle mancanze di chi gestisce questa città. Sappiamo benissimo dove operano i borseggiatori, si conoscono perfettamente le stazioni sensibili, con tanti turisti: dovrebbe essere la città a prendersi cura della sicurezza, non questa specie di Robin Hood improvvisato».