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Bebe Vio: «Non siamo più eroi, come si pensava una volta, ma atleti»

A Repubblica: «Siamo atleti che vogliono portare in alto il nome dell’Italia, ma lo scopo è anche ironizzare. Questo vogliamo far passare, l’ironia su qualsiasi cosa»

Bebe Vio: «Non siamo più eroi, come si pensava una volta, ma atleti»
Roma 01/06/2019 - Festa della Repubblica ricevimento al Quirinale / foto Samantah Zucchi/Insidefoto/Image nella foto: Bebe Vio

La Repubblica intervista Bebe Vio atleta paralimpica specialista nel fioretto. Domani salirà sulla pedana del Grand Palais, location che ha emozionato tanti campioni delle Olimpiadi.

«Siamo andati a vederlo: c’è chi è corso in bagno a vomitare, chi piangeva, chi non parlava più. È stato super emozionante, palazzetti così belli è raro averli. È magico riuscire a fare quel che sogni da tanto in un luogo così bello, possente, immenso. Non vedo l’ora».

Bebe Vio: «Vogliamo far passare, l’ironia su qualsiasi cosa»

A poche ore dalla gara di domani, Bebe Vio come sta vivendo la sua terza Paralimpiade rispetto alle altre?
«A Rio 2016 provavo l’emozione della prima volta. Tokyo è stata bella perché segnava la rinascita dopo il Covid: noi ci tenevamo tantissimo, io venivo da un brutto infortunio, è stato un miracolo esserci (aveva rischiato la vita per una grave infezione, ndr). A Parigi arrivo con un’altra testa, il villaggio e gli stadi sono pieni di gente. C’è la nazionale italiana più numerosa di sempre, i ragazzi sono bravissimi, stanno sfornando una medaglia dopo l’altra e ci fanno piangere ogni due secondi. È bello far parte di questa squadra».

Da Rio a oggi quant’è cambiata lei e il mondo attorno a lei?
«Sono invecchiata tanto, sembra ieri ma otto anni sono tanti (ride). È stupendo come il mondo sia cambiato per i paralimpici, la figura dell’atleta sta crescendo. Siamo entrati ufficialmente nei gruppi militari: poter fare dello sport un lavoro è stato il traguardo più grande. Ma anche vedere che i bambini parlano di sport e disabilità a scuola, giocare con Barbie e pupazzi con le protesi o le carrozzine. La disabilità diventa normalità. Non siamo più eroi, come
si pensava una volta, ma atleti».

Parigi è un punto di svolta?
«Il primo segnale è arrivato quando hanno deciso di fare un logo unico. È fighissimo il fatto che Olimpiade e Paralimpiade convivano. I francesi sono stati davvero bravi. Sono testimonial di Parigi 2024 e tutte le volte che sono venuta ho visto un cambiamento positiv

Ha colpito il video in cui estraeva dal suo kit per Parigi i calzini che non può indossare.
«Diciamo che ho la fortuna di avere una famiglia che ci ha insegnato subito a prenderci in giro e a ironizzare su tutto. La frase peggiore che sento è sempre: “Nonostante tutto guarda cosa sta facendo”. Questo “nonostante tutto” mi mette
una tristezza… Siamo atleti che vogliono portare in alto il nome dell’Italia, ma lo scopo è anche ironizzare. Rigivan
Ganeshamoorthy, il ragazzo che vinto l’oro del disco stabilendo tre record del mondo, ha rilasciato l’intervista più bella mai fatta secondo me. Gli hanno chiesto “ti stai trovando bene?”, e lui ha risposto: “Sì, però un po’ troppi
disabili”. È questo che vogliamo far passare, l’ironia su qualsiasi cosa».

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