Con Romelu, Conte può finalmente realizzare quel che aveva in mente. Ma non ha buttato tutto del passato.
I primi sprazzi del vero Napoli di Conte
Quella di Cagliari è – e quindi sarà ricordata come – una partita importante, nel percorso formativo del Napoli di Conte. Per la prima volta dall’inizio della stagione, infatti, abbiamo visto materializzarsi le idee tattiche che il tecnico azzurro ha in testa fin dal primo giorno. Merito della presenza di Romelu Lukaku, che finalmente ha smesso di essere un fantasma o un attaccante a mezzo servizio. Merito anche di tutti i suoi compagni, sempre più dentro il progetto del loro allenatore. Che, intendiamoci subito, non è privo di difetti e/o di bug su cui lavorare. Allo stesso tempo, però, parliamo di un progetto fortemente identitario e – soprattutto, vivaddio – quantomeno distante da certe reminiscenze che si erano incrostate dentro il Napoli. Ma andiamo con ordine, vediamo di cosa stiamo parlando.
Intanto, partiamo dal sistema e dai principi di gioco: l’utilizzo di Lukaku dal primo minuto non ha alterato il 3-4-3/5-4-1 su cui Conte ha lavorato fin dal primo giorno a Napoli, anzi in qualche modo l’ha reso più nitido, anche più scolastico se vogliamo. La presenza totalizzante e accentratrice del centravanti belga ha infatti determinato la formazione di un 3-2-4-1 in fase di primissima impostazione, con Lobotka e Anguissa davanti ai centrali difensivi, Mazzocchi e Spinazzola a dare ampiezza e Kvara e Politano più interni, stretti al centro dietro Lukaku per cercare di impadronirsi della seconda palla.
Guardando queste immagini, ovvero due situazioni prima e dopo un lancio lungo di Meret, forse sarebbe corretto parlare di 3-4-2-1, più che di 3-4-3. Ma ormai i moduli di gioco, lo sappiamo e lo diciamo da tempo, sono sempre più fluidi e intercambiabili
Nell’ultima frase e con questi frame abbiamo già iniziato a cambiare scenario e focus. Siamo passati a parlare dei principi di gioco, vale a dire il modo in cui una squadra si comporta – cioè, letteralmente quello che fa – nelle varie fasi della partita. Quando ha il pallone, quando non ce l’ha, quando deve costruire dal basso e quando invece, come si percepisce nelle due situazioni che abbiamo visto appena sopra, risale il campo in maniera più diretta. Ecco, questo è il vero segnale di cambiamento dato dal Napoli nella gara vinta a Cagliari: la presenza di Lukaku ha snellito la manovra, l’ha svuotata di passaggi.
In questo senso, le statistiche sono molto interessanti: il dato di possesso grezzo rilevato al fischio finale è addirittura favorevole al Cagliari (52% contro 48%), che ha messo insieme più passaggi (423-415) e più passaggi riusciti (341-336) rispetto al Napoli. La squadra di Conte, a sua volta, ha accumulato più lanci verso l’ultimo terzo di campo (134-118). E inoltre Meret ha cercato il servizio a media/lunga gittata in 16 occasioni su 23 palloni giocati: una novità assoluta per il Napoli, e quindi per il portiere friulano.
Romelu Lukaku
Chi crede all’idea assiomatica per cui lancio lungo sia uguale a calcio disorganizzato, evidentemente, non ha mai avuto in squadra un centravanti come Romelu Lukaku. Che, per dirla brutalmente, si muove, combatte contro gli avversari e tratta il pallone in modo da rendere potenzialmente pericoloso ogni passaggio diretto che arriva dalla difesa. O comunque da posizione più arretrata. Vediamo un po’ di immagini e un po’ di dati che chiariscono bene questo concetto:
In alto, tutti i palloni toccati da Lukaku nei 74 minuti accumulati a Cagliari. Sopra, invece, il video di un’azione piuttosto esplicativa su come gioca il Napoli ora che c’è il centravanti belga.
Insomma, è tutto abbastanza chiaro e autoevidente: con Lukaku in campo, i suoi compagni di squadra – e tra questi c’è persino Lobotka – hanno un riferimento costante cui appoggiarsi. A cui si appoggiano. In fondo basta un passaggio lungo, anche sporco, per trovare Lukaku. Da questo punto di vista, poi, il Cagliari è stato un avversario che ha proposto dei temi interessanti: il tecnico Nicola, infatti, ha predisposto una serie di marcature praticamente a uomo con cui intendeva soffocare il possesso del Napoli.
Questa ricerca – ripetuta, viene da dire anche ossessiva – della verticalità, del pallone tra i piedi di Lukaku, ha determinato un contesto in cui il duello tra Yerri Mina e il centravanti belga è stato il centro di gravità dell’intera partita. Ed è proprio a partire da una giocata simile a quella che vedete nel video sopra, un passaggio di Lobotka verso Lukaku, che è nato il gol di Di Lorenzo:
Da apprezzare anche il cross arretrato e intelligente di Politano, il velo di Spinazzola e il tocco altruista di Lukaku a servire Di Lorenzo
Il concetto di tensione
Il modo in cui si sviluppa l’azione del gol di Di Lorenzo è perfetto per spiegare un concetto molto chiaro a chi scrive: quello di tensione tattica causata dalla presenza di un attaccante forte Lukaku. Oppure come Osimhen o anche come Higuaín, ai loro tempi. Il discorso è semplice: quando un centravanti è in grado – piantandosi a terra e facendo a sportellate come il Lukaku che abbiamo visto finora, attaccando la profondità a velocità supersonica come faceva Osimhen, girandosi e dribblando e tirando in un fazzoletto come faceva Higuaín – di mandare in tilt il suo marcatore diretto e/o il sistema di scalate e coperture predisposto per limitarlo, genera delle crepe nella psiche e quindi nel rendimento dei suoi avversari. Genera, quindi, una tensione tattica costante.
Nel caso del Napoli e di Lukaku e della partita contro il Cagliari, questa tensione si è manifestata un attimo dopo l’ennesimo duello tra Yerri Mina e il centravanti belga. E non importa che l’abbia vinto il difensore colombiano: il Cagliari è stato costretto, dalla presenza di Lukaku e dal passaggio di Lobotka, a disordinarsi. Una volta persa palla, una feroce e organizzata riaggressione hanno permesso al Napoli di sfruttare quel disordine. Come? Attraverso una riconquista del pallone in zona alta. Da lì si originano l’apertura su Politano, il cross basso e il tiro di Di Lorenzo finito in porta dopo una sfortunata deviazione. Indovinate di chi? Di Yerri Mina. Ma questo è davvero un caso fortuito.
Scherzi e battute a parte: come già scritto diverse volte in questa rubrica, Romelu Lukaku cambia completamente i connotati del Napoli. E non solo in fase offensiva: la presenza di un centravanti come il belga, capace di generare tensione costante nel sistema difensivo degli avversari, permette alla squadra di Conte di rimanere lunga. E anche bassa. Sotto, per esempio c’è il dato sul baricentro medio registrato da Cagliari e Napoli durante la gara di ieri:
Sembra incredibile a leggerlo nel 2024, ma la squadra che ha vinto la partita, per di più con il risultato di 0-4, è quella di destra
Questa è pura tattica calcistica. È la descrizione dell’impatto di un singolo giocatore sull’atteggiamento, sul modo di stare in campo, quindi sul destino di un’intera squadra. Per capire cosa intendiamo, basta porsi qualche semplice domanda: visto che davanti ho Lukaku, un centravanti in grado di fare tutto quello di cui abbiamo già parlato, perché devo portare molti uomini in avanti per costruire un’azione offensiva? Perché non posso risalire il campo velocemente e sfruttare il mismatch fisico che c’è tra Lukaku e il 95% dei difensori di Serie A? Perché, allora, non sfruttare le mie energie fisiche e mentali per essere aggressivo, riconquistare il pallone in avanti e imbastire azioni pericolose con la difesa avversaria scoperta o comunque disordinata? Le risposte a queste domande, domande ovviamente retoriche, sono le ragioni per cui Conte ha voluto così tanto Lukaku.
Le parole di Conte (e le cose che non sono andate perse)
Quando Antonio Conte, nel postpartita dell’Unipol Domus di Cagliari, ha parlato di un Napoli «a cui non piaceva tanto sporcarsi le mani» alludeva a tante cose. A quella che i giornalisti chiamano capacità di soffrire, ovvero una certa resistenza – tattica, fisica, emotiva – ai momenti della partita in cui la squadra avversaria gioca bene. In cui, in qualche modo, bisogna pensare a come difendere, non a come attaccare. Ma non è assurdo pensare che Conte facesse riferimento anche all’idea per cui il Napoli sapesse e quindi potesse attaccare/giocare soltanto in un modo. Vale a dire col pallone attaccato ai piedi, facendo possesso, con azioni elaborate e sofisticate.
In realtà tutte queste cose non sono andate perdute, anzi. E per capire cosa intendiamo basta guardare il secondo gol della partita di Cagliari. Ve lo descriviamo prima delle immagini, dando un po’ di contesto: al termine di un periodo di partita in cui aveva subito l’onda d’urto generata dagli avversari – ne parleremo, così come diremo anche della reazione moscia degli azzurri dopo l’interruzione nel primo tempo – e quindi sembrava aver perso il controllo, il Napoli ha proprio usato il possesso palla per riprendere le giuste distanze e ridare il giusto ritmo a se stesso e alla partita. E proprio un rondò arretrato old style, concluso però con un laserpass verticale su sovrapposizione interna di Di Lorenzo e con il consueto appoggio verticale su Lukaku, ha creato i presupposti per il gol:
Un gol da squadra di possesso. Anzi, da squadra verticale che sembra voler andare per l’ennesima volta in avanti, ma poi capisce che deve raffreddare il pallone. E allora lo gioca all’indietro, lo ripulisce, fino a creare una nuova occasione.
È un gol bello, ma soprattutto tattico. Perché spiega come funziona e come funzionerà il Napoli di Conte. Il lavoro del nuovo allenatore parte da alcuni concetti che sono – l’abbiamo visto, lo vediamo da settimane – completamente nuovi, per la squadra azzurra. Questi concetti si aggiungono a una memoria tattica e muscolare che però non è stata cancellata: è stata espansa. Anzi, diciamola meglio: è in via di espansione. Anche perché essere identitari ma vari, nella propria proposta di gioco, è la strada migliore per poter sfruttare ogni situazione. Per esempio il momento in cui il Cagliari ha dovuto tirare il fiato dopo una mezz’ora giocata a cento all’ora.
Un buon Cagliari
Ve l’avevamo anticipato, ora ne parliamo: il Napoli ha reagito in maniera molle allo stop imposto dall’arbitro in seguito alcuni scontri avvenuti sugli spalti, alla metà del primo tempo. A partire da quel momento, la squadra di Conte si è fatta letteralmente assalire dagli avversari e così ha perso il comando del match. Questa situazione è durata fino al quarto d’ora della ripresa, più o meno, e lo stesso Conte ha espresso il suo disappunto nel postpartita per quei minuti gestiti così male.
Come ha fatto il Cagliari a imporsi in questo modo? E cosa ha prodotto, in termini di occasioni da gol? Dal punto di vista tattico, il Napoli ha sofferto più che altro l’aggressività delle marcature uomo su uomo e per qualche minuto ha perso il riferimento-Lukaku. Lo stesso Conte, secondo quanto riferito dai bordocampisti di Dazn e nelle interviste del postgara, ha percepito/spiegato che il centravanti belga non ha ancora la forma necessaria per poter alternare i duelli corpo a corpo e gli scatti in profondità che allungano e allargano la difesa avversaria. A quel punto Yerri Mina gli aveva preso le misure, il Napoli non è riuscito a uscire perbene e ha concesso un po’ di campo agli avversari.
Avversari che però, dati alla mano, hanno prodotto pochino: il tiro di Marin da oltre 30 metri, deviato da Meret e finito sulla traversa; il gran colpo di testa di Luperto su cui è stato bravissimo Meret, poi sulla respinta Luvumbo ha concluso a lato; un colpo di testa di Piccoli su calcio d’angolo, ancora ben contenuto dal portiere azzurro. Stop, fine delle trasmissioni. Totale: 3 sole conclusioni nello specchio, una sola arrivata dall’interno dell’area al termine di un’azione manovrata, non su calcio piazzato. Anche i dati dei gol attesi confermano che il Cagliari non ha creato così tanto: 0,88 xG, secondo il modello di Sofascore. Poi, come detto, la pressione della squadra di Nicola si è sgonfiata. E così il Napoli ha dilagato.
Conclusioni
Queste ultime rilevazioni/riflessioni mostrano quanto e come e dove ci sia ancora da lavorare, perché il Napoli possa rendere al massimo delle sue potenzialità. Perché la squadra di Conte provveda a risolvere i dubbi che ha e che genera. Di quali dubbi si tratta? Una certa fragilità nei periodi di partita in cui gli avversari riescono ad alzare i ritmi. E un sentore di prevedibilità offensiva che in qualche modo, soprattutto ora che c’è Lukaku, inizia a farsi percepire.
In realtà il Napoli – cioè Conte – ha già individuato e preparato i piani d’emergenza per ovviare a questi problemi. Intanto può – anzi: deve – crescere ancora la condizione dei giocatori, il che permetterà agli azzurri di essere ancora più aggressivi nel recupero palla, di combattere più duelli a tutto campo per segmenti di gara più lunghi. E poi, come detto già in precedenza, quando Lukaku sarà al top della forma le cose cambieranno. Coloro che lo attorniano e che lo servono potranno esplorare anche altri sentieri, altre possibilità. Per esempio potranno lanciarlo lungo, in profondità, e allora per gli avversari sarà ancora più difficile leggerlo prima ancora che contenerlo. Lukaku, quindi, sarà il miglior antidoto possibile alla prevedibilità di Lukaku, per dirla in poche parole.
Infine, ma non per importanza, vanno citati i nuovi acquisti. David Neres, McTominay e Gilmour si sono fatti solo intravedere, soprattutto i due scozzesi, e quindi non sappiamo cosa possono dare al Napoli, dove e come saranno impiegati, quali alternative tecniche e tattiche – ma anche semplicemente fisiche, cioè di energia e aggressività – potranno dare al sistema di Conte. Il fatto che il Napoli sia primo in classifica (in attesa di Parma-Udinese) prima ancora di poter approfondire certe tematiche, come dire, è una garanzia piuttosto significativa sulla bontà del progetto-Conte. Siamo soltanto alla quarta giornata, ok, ma qualcosa vorrà pur dire.