Partita senza storia, anche con un turn over di dieci calciatori. Giocano tutti alla morte, anche i titolarissimi che entrano nel secondo tempo
Conte è entrato nella testa del Napoli, anche delle riserve: 5-0 al Palermo
Napoli-Palermo 5-0, agli ottavi di Coppa Italia il Napoli troverà la Lazio.
Quando una squadra di Serie A che punta allo scudetto (sì, avete letto bene) incontra un squadra di Serie B, la squadra di Serie B è una squadra morta. Calcisticamente s’intende. Anche se la squadra di Serie A gioca con un solo titolare e dieci riserve. Riserve. Parola anni Ottanta, anni Novanta. Oggi fanno tutti parte del gruppo. Il buonismo impera, si è appropriato del linguaggio. Anche se ovviamente c’è chi gioca di più chi gioca di meno. Allora Antonio Conte (che ha in testa solo quella cosa là) fa riposare tutti tranne Lobotka e offre una chance praticamente a tutti. Dall’undici iniziale di Coppa Italia è stato escluso il solo Zerbin. Poi, è tutto un Caprile (avrebbe giocato lo stesso, in più Meret è infortunato), Mazzocchi, Juan Jesus, Rafa Marin, Spinazzola, Lobo appunto, Gilmour, Neres, Raspadori, Ngonge, Simeone.
Conte non voleva rischiare quelli più forti e voleva anche capire la forza mentale della squadra. Non solo il valore dei cosiddetti panchinari. In genere in questi casi le squadre non entrano mai davvero con la testa nella partita. Il Napoli invece parte fortissimo contro il Palermo. Si capisce subito che sono stati caricati a molla. E in dodici minuti la squadra di Conte segna due reti. Ci pensa Ngonge il belga ex Verona che trova il modo per ricordare all’allenatore salentino che lui c’è eccome. Che ha un discreto sinistro e all’occorrenza può servire. Due tiri due gol. Uno al sesto minuto e l’altro al dodicesimo. In entrambi i casi Sirigu (tornato a fare il portiere del Palermo) si intenerisce. Sul primo tiro l’ex Napoli è vittima della classica papera col pallone sotto la pancia. Sul secondo, un sinistro in diagonale, parte leggermente in ritardo.
Fatto sta che il Napoli archivia la pratica prima del quarto d’ora. Che poi il Palermo le ha pure le occasioni per riaprire la partita. Colpisce un palo con Brunori. Caprile si rende protagonista di un’uscita tanto goffa quanto incomprensibile su Le Douaron (ex Brest) lanciato a rete. I due si toccano in area e sia l’arbitro sia il Var non si insospettiscono. Annotiamo che è la seconda incertezza dopo quella dello Stadium – con quel pallone preso con le mani dopo il tocco all’indietro di Olivera.
La partita non può essere considerata un test probante. Però Conte con quella formazione aveva alzato l’asticella. Voleva una prova dai suoi, voleva capire se poteva fare affidamento su gruppo al completo. E quando si è sul 3-0 aa fine primo tempo (il terzo gol è di Juan Jesus) la risposta non può essere considerata che positiva. In più Conte ha fatto riposare i calciatori che giocheranno domenica sera contro il Monza. La nota negativa sono stati i tanti petardi sparati a inizio secondo tempo e nel corso della ripresa. Esplosioni che mettono a rischio la squalifica del campo. Ma questo non dipende da Conte.
Nel secondo tempo il Napoli non si ferma. Segna il quarto con Neres e il quinto con McTominay su assist di Lukaku. In questi casi, sugli spalti tanti anni fa si cantava “E nun se vonno sta’”, cioè non vogliono fermarsi. Il Napoli di Conte non vuole fermarsi.