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Così la Ferrari ha stravolto in meglio l’organizzazione ospedaliera pediatrica d’urgenza in Inghilterra (Times)

Grazie alla collaborazione con Marannello, un chirurgo pediatrico ha risolto il problema del trasporto dei bambini dalla sala operatoria alla terapia intensiva

Così la Ferrari ha stravolto in meglio l’organizzazione ospedaliera pediatrica d’urgenza in Inghilterra (Times)
pit stop Ferrari's Spanish driver Carlos Sainz makes a pit stop during third practice session, ahead of the Italian Formula One Grand Prix at Autodromo Nazionale Monza circuit, in Monza on August 31, 2024. (Photo by Gabriel BOUYS / AFP)

Cosa hanno in comune un pit stop della Formula 1, la Ferrari e un’operazione chirurgica cardiotoracica? Ad avere la risposta è Martin Elliott, medico che ha trascorso gran parte della sua carriera come chirurgo cardiotoracico pediatrico, operando cuori e polmoni di bambini, al Great Ormond Street Hospital. Il Times lo ha intervistato. «Una monoposto con tutte le persone intorno e un bambino su un letto operatorio che si sposta da un posto all’altro sono la stessa cosa».

Per capire meglio, è necessario fare un passo indietro. “Marc de Laval, un chirurgo belga che è stato il predecessore di Elliott, in una sua ricerca ha scoperto che esistevano diverse teorie su come le persone interagiscono tra loro, in modo positivo o negativo, per influenzare un risultato. Un’indagine su una crisi al Bristol Children’s Hospital aveva evidenziato che il percorso dalla sala operatoria all’unità di terapia intensiva era, di per sé, pericoloso perché le persone lo rendevano tale, nonostante le loro migliori intenzioni“.

Chiaro no? Spostare un bimbo che ha appena subito un intervento chirurgico dalla sala operatoria alla terapia intensiva è rischiosissimo. E allora che fare? “È qui che la Formula 1 è entrata in gioco“.

L’incontro con la McLaren e la soluzione “irrealizzabile”

Racconta il dottor Elliott:

«Eravamo praticamente distrutti una domenica a pranzo. Avevamo operato il sabato, fatto un trapianto il sabato sera, un altro intervento la domenica mattina e ci siamo accasciati davanti alla tv. Ero seduto lì con Allan Goldman, un collega sudafricano, e abbiamo guardato un pit stop della McLaren. È stato molto veloce, facevano pure rifornimento a quei tempi, e ci sono state alcune inquadrature che all’improvviso ci hanno ricordato il problema che stavamo affrontando. In sostanza, se guardi il pit stop dall’alto, c’è il pilota in macchina e tutte le persone che si prendono cura di quella preziosa auto. E quando guardi un bambino su un carrello che si sposta da un posto all’altro, è la stessa cosa».

Se la McLaren è in grado di cambiare gomme, fare rifornimento e cambiare eventuali pezzi danneggiati in meno di sette secondi, allora anche loro “avrebbero potuto migliorare il loro processo di trasporto dei bambini“. Così hanno bussato alla porta della McLaren che ha trovato una soluzione ingegneristica: “un tavolo operatorio multifunzionale che era anche un carrello e un letto per terapia intensiva. «Era la risposta giusta ma irrealizzabile», spiega Elliott“.

La mentalità Ferrari era la soluzione al problema

La soluzione realizzabile arriva nel momento più inaspettato. Il dottore entra in contatto con la Ferrari. “Si è recato alla sede centrale della Ferrari a Maranello. «Abbiamo chiesto loro di esaminare la nostra mappa dei processi, che non esisteva, e la loro mappa dei processi, che era enorme. Facendogli esaminare ciò che facevamo con lo stesso dettaglio. Pensavano fosse del tutto inutile. La Ferrari ha suddiviso le sue aree di interesse chiave in categorie: leadership, sequenza e allocazione delle attività, previsione del rischio, disciplina e compostezza, e pratica. Scoprirono presto che molte delle buone intenzioni di chirurghi e infermieri erano in realtà parte del problema. Durante un pit stop, tutti hanno ruoli e responsabilità dedicati. Se qualcosa andava storto durante il tragitto verso la sala operatoria, tutto il personale si precipitava sul problema nel tentativo di risolverlo, piuttosto che avere la disciplina e la struttura per evitare il panico e risolvere il problema»“.

Insomma, era una e una sola persona deputata a risolvere il problema.

«C’era una citazione di Ross Brawn (allora direttore tecnico della Ferrari) – aggiunge Elliott – “Se vuoi essere il miglior team in Formula 1, tutti devono voler essere campioni del mondo in quello che fanno”. In altre parole, la persona che pulisce i box, che pulisce il grasso dall’esterno dell’auto che la rallenterebbe, tutte quelle persone devono farlo alla perfezione e devono volere quell’obiettivo comune se vuoi che abbia successo».

Da quel momento “il numero medio di errori tecnici è sceso del 42% e gli errori informativi sono diminuiti del 49%“. Non solo ma dopo la resistenza iniziale, questi passaggi sono stati implementati in molti ospedali in tutto il paese e ancora permangono.

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