Libero e la Gazzetta gli danno 4. Il CorSport 5: “C’è del buono”. Il Corsera: “Rivive l’incubo di Nico Williams e manda in porta Barcola”
La prestazione di Di Lorenzo è stata l’unico neo della grande partita disputata dall’Italia contro la Francia. Il difensore ha regalato dopo appena 14 secondi il gol del vantaggio ai Bleus. Ma il disastro è proseguito con una serie incredibile di errori.
Di Lorenzo da 4 in pagella
I quotidiani lo stroncano con voti bassissimi in pagella:
Libero: 4. Doveva farsi perdonare l’Europeo? Riesce a fare perfino peggio.
Gazzetta dello Sport: 4. Insicuro da subito, e non solo nell’imperdonabile pastrocchio dell’1-0. Non si riprende più dallo shock: unica cosa positiva, un salvataggio su Griezmann.
La Stampa: 4. Una macchia, enorme: in un’orchestra che sa come aiutarsi, il capitano del Napoli non aiuta. Non si può cominciare una partita così regalando il vantaggio ai francesi.
Corriere dello Sport: 5. Sembrava di essere tornati all’incubo dell’Europeo dopo 13 secondi, Barcola che gli va via e lui che frana a terra come un bimbo al parco. Schärer lo grazia dal giallo e non è da lui. C’è del buono: chiusura due volte nel cuore della nostra area, dove la Francia poteva farci male. Insomma, non molla mai.
Repubblica: 5. Troppo grave il peccato originale.
Corriere della Sera: 5. Rivive l’incubo di Nico Williams e manda in porta Barcola. Formato Europeo.
Finalmente la Nazionale all’italiana, Spalletti ha rinnegato il suo calcio visionario e complesso (Corsera)
Scrive Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera.
No, vabbè. Un’italia strepitosa. Che gioca all’«italiana». È questa la prima riflessione che viene da scrivere, mentre i nostri stanno tutti lì sotto, in mucchio, ad abbracciarsi e a dirsi cose belle (i francesi mortificati, Mbappé a capo chino, Saliba in ginocchio che chiede acqua): sì, ecco, abbiamo giocato all’italiana, come ci viene naturale. E bene. Molto bene. Chiusi e crudi, feroci in difesa. E poi bravi a ripartire. Letali nelle occasioni da gol.
Le parole di profonda e struggente autocritica di Luciano Spalletti, il suo rinunciare ad essere esasperante negli allenamenti, e poi l’aver rinnegato il suo calcio visionario, complesso e fantasmagorico, decidendo di affidarsi a schemi classici, familiari alla maggior parte dei suoi. Questo ha avuto un peso.