L’accusa: alla radio i piloti dicono troppe parolacce. Hamilton: i rapper sono quasi tutti neri, c’è un elemento razziale nelle sue parole
Lewis Hamilton ha accusato il presidente della Fia, Mohammed Ben Sulayem, di aver utilizzato un linguaggio razzista. Il presidente Fia ha invitato in una intervista a Autosport di evitare di dire parolacce nei team-radio. Per farlo però, secondo Lewis, ha usato termini razzisti:
«Dobbiamo fare una distinzione tra il nostro sport, il motorsport, e la musica rap. Non siamo rapper, sai. Dicono la parola con la f (fuck, ndr) quante volte al minuto? Non ci siamo. Quelli sono loro e noi siamo noi».
Interpellato su queste parole, Hamilton ha fatto notare un vena di razzismo nelle parole di Sulayem:
«Quello che ha detto [Ben Sulayem], non mi piace come l’ha espresso. Dire ‘rapper’ è molto stereotipato. Se ci pensi, la maggior parte dei rapper sono neri, quindi significa ‘non siamo come loro’. Quindi penso che queste siano le parole sbagliate e che ci sia un elemento razziale lì».
Il Telegraph ha provato a chiedere spiegazioni alla Fia ma non ha ricevuto alcuna risposta. Piuttosto hanno rincarato la dosa il pilota inglese ei il campione del mondo in carica
Dopo Hamilton, anche Verstappen critico: «Cosa abbiamo? Cinque anni?»
Anche altri piloti hanno parlato della questione a Singapore. Hamilton ha continuato sulla sua linea
«Quando avevo 22 anni non ci pensavo molto. Erano più le emozioni a scatenarsi e dicevi qualsiasi cosa ti passasse per la testa, dimenticando quante persone ti stavano ascoltando e che i bambini ti stavano ascoltando» .
Oltre all’inglese, anche Verstappen ha detto la sua:
«Scusate il linguaggio, ma andiamo. Tipo, cosa siamo? Bambini di cinque anni? Bambini di sei anni? Anche se un bambino di cinque o sei anni guarda, alla fine imprecherà comunque, anche se i suoi genitori non glielo permetteranno. Molte persone dicono un sacco di cose brutte quando sono piene di adrenalina in altri sport. Semplicemente non vengono colte. Siamo qui probabilmente per scopi di intrattenimento. Se non lo trasmetti, nessuno lo saprà. Probabilmente è solo il mondo in cui viviamo. Sembra che le persone siano un po’ più sensibili alle cose».