Al Resto del Carlino. Per sei anni ha lavorato sulla barca-ristorante Caligo poi chiusa per irregolarità che lui definisce discutibili
Il Bocia (storico capo ultras dell’Atalanta) ora fa il pescatore a Senigallia: «L’Atalanta mi manca»
Claudio Galimberti, detto il Bocia, intervistato dal Resto del Carlino. L’intervista è stata ripresa dal giornale on line Tuttoatalanta.com
L’INTERVISTA
Claudio Galimberti, noto a molti come “Bocia”, è un nome che evoca immagini di curve gremite e tifo sfrenato. Per anni è stato una figura controversa e carismatica del mondo ultras dell’Atalanta, ma oggi la sua vita ha preso una direzione completamente diversa. Lontano da Bergamo e dagli stadi, a causa delle restrizioni e dei daspo, Galimberti ha trovato una nuova dimensione a Senigallia, dove si è reinventato come uomo di mare e ristoratore. Questa è la storia di un uomo che ha vissuto diverse vite, passando dal caos delle tifoserie allo scenario più tranquillo dell’Adriatico.
Claudio Galimberti non è mai stato una persona che accetta mezze misure. Dopo un passato turbolento come capo ultras, ha deciso di cambiare completamente rotta, trovando rifugio e pace nelle Marche. Qui, grazie all’incontro con Matteo, il comandante della barca Caligo Guercio, ha scoperto una nuova passione. “Ho visto la barca nascere, sono stato coinvolto in ogni fase della sua costruzione,” racconta Galimberti alle colonne de Il Resto del Carlino. “Questo mi ha aiutato a trovare un nuovo equilibrio.”
Il Bocia e l’esperienza della Caligo
La vita in mare e il lavoro a bordo della Caligo sono stati per Galimberti un modo per incanalare la sua energia in qualcosa di positivo. “Navigare in mezzo all’Adriatico mi ha spesso fatto chiedere dove fossi finito, ma ho trovato un fascino incredibile in quella vita,” spiega al quotidiano. “L’Atalanta mi manca, certo, ma la Caligo è stata una vera ancora di salvezza per me. Mi ha permesso di lavorare con passione e di ritrovare un po’ di serenità.”
La Caligo non era solo un ristorante su una barca; per Galimberti era anche un motore sociale. “Abbiamo sempre cercato di fare del nostro meglio, servendo ciò che coltiviamo in inverno, come le cozze, e mantenendo i prezzi accessibili per le famiglie,” racconta. “Abbiamo anche aiutato la comunità nei momenti di difficoltà, come durante l’alluvione, quando ci siamo adoperati per salvare materiali e barche dei pescatori locali.” Questo impegno, secondo Galimberti, è stato un modo per restituire quanto ricevuto dalla vita in mare.
Tuttavia, la storia della Caligo ha avuto un finale amaro. L’8 agosto scorso, un controllo congiunto ha portato alla chiusura del ristorante per una serie di irregolarità. “Ho capito subito che era la fine,” ammette il Bocia. “Non voglio entrare nel merito delle irregolarità, ma le modalità con cui è avvenuto tutto sono discutibili. È un peccato, non credo che meritassimo una fine del genere.”
Nonostante la fine della Caligo, Galimberti non perde la speranza. “Non so se si possa parlare di illusione,” riflette. “Ora ho un lavoro stabile come pescatore e tutto ciò che ho vissuto in questi sei anni rimarrà per sempre con me. La Caligo è stata vita, e questo non si può cancellare.”
La storia di Claudio Galimberti è quella di un uomo che ha saputo reinventarsi, nonostante le difficoltà e le ombre del passato. Un esempio di come, anche nelle situazioni più avverse, si possa trovare una nuova strada, senza mai rinunciare alla propria identità.