L’intercettazione di un capotifoso: “Non ce ne frega niente della squadra, nessuno lavora per il popolo. Se vado in curva a cantare deve esserci un rientro economico”
Questa è una intercettazione di un capo ultras che affiora dalle indagini della Procura di Milano, citata dal procuratore capo Marcello Viola nella conferenza stampa sugli arresti per gli affari “sporchi” tra ultras e organizzazioni criminali:
“Non ce ne importa proprio nulla della campagna acquisti, non mi importa nulla della squadra, non faccio le cose per lo striscione, non me ne frega proprio niente, nessuno lavora per il popolo. Volete andare in curva a cantare, a me non interessa, se io lo faccio deve esserci un rientro economico“.
E’ una dichiarazione d’intenti che andrebbe opposta ogni volta, in automatico, che le retorica del “dodicesimo uomo in campo” rispunta fuori, con tutta la sua melmosa inconsistenza. “Nessuno lavora per il popolo”. “Se vado in curva a cantare deve esserci un rientro economico”. Non si può generalizzare? Si può eccome. Perché lo fa il procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo, non noi.
Melillo dice che la contiguità incestuosa tra criminalità e curve “è un tema che ha caratteri generali e non si pone solo in questo caso ma si pone anche nel calcio apparentemente minore dove la presenza mafiosa non è tanto finalizzata all’acquisizione di profitti ingenti che ruotano attorno a uno stadio improntate e prestigioso come il Meazza, ma ha una finalità di penetrazione imprenditoriale che serve da volano di spinte affaristiche più complesse. Un problema che non riguarda solo il Meridione ma anche il Nord Italia”.
E se dalle indagini emerge “il fatto che i vertici delle due tifoserie avessero siglato una sorta di patto di non belligeranza che era evidentemente teso a massimizzare i profitti illeciti”. E che “il fine, lo scopo dell’azione di alcuni di questi soggetti”, conclude Viola, “era legata a una passione di tipo puramente sportivo per mera ragione di facciata”, è ancora più imbarazzante un’altra cosa che dice il Procuratore Viola. Dalle carte emerge che alcuni ultras avessero contatti “con un giocatore che non gioca più nell’Inter, Skriniar, con l’allenatore dell’Inter Simone Inzaghi, e con Davide Calabria del Milan. Ma nessun tesserato e nessun dirigente delle due società è indagato, perché c’è una forma di sudditanza e non di complicità”.