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La lettera postuma di Eriksson: «Celebrate la vita, vivete ogni giorno col sorriso»

L’ultimo articolo di Eriksson: “I giocatori italiani possono stare per ore a parlare con un caffé, gli inglesi mi chiedevano di andare a fare shopping”

La lettera postuma di Eriksson: «Celebrate la vita, vivete ogni giorno col sorriso»
As Roma 19/03/2023 - campionato di calcio serie A / Lazio-Roma / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: Sven Goran Eriksson

“La vita va celebrata. Ho sempre avuto questo atteggiamento”. E’ l’ultimo messaggio, postumo, affidato da Sven-Goran Eriksson al Telegraph. Un articolo “che sarà pubblicato poi chissà quando”, scrive lo stesso allenatore nel pezzo, in pagina oggi, 17 giorni dopo la sua morte. E’ una lettera struggente in alcuni passaggi, letta a posteriori.

Eriksson racconta un aneddoto, di quando con Didier Hamann si trovò a brindare a bordo piscina in Thailandia, dopo stato licenziato dal Manchester City, nel 2008. “Celebrate la vita. Questa è sempre stata la mia mentalità: qualsiasi cosa ti venga lanciata addosso. Da quando mi hanno dato la notizia che avevo un cancro terminale, è stato difficile. Ho avuto giorni in cui mi sentivo molto male, e altri giorni in cui mi sentivo bene. In tutto questo, però, ho sempre cercato di vivere ogni giorno con un sorriso sul volto. Bisogna restare positivi”.

“Scrivere un pezzo sulla morte, ovviamente, ti fa riflettere. Tutto è andato troppo in fretta! Dov’è finita la vita? Ma un pensiero mi torna sempre in mente: è stato un sogno. Uno dei lavori migliori che puoi avere al mondo è essere un allenatore di calcio. Posso dire questo: non mi sono mai svegliato la mattina e ho pensato: “Oh no, devo tornare a lavorare di nuovo”. Ogni giorno è stato un piacere. Certo, non vinci tutte le partite e a volte la tua squadra gioca male. Puoi essere criticato pesantemente, certo, ma in realtà non importa. È una cosa grandiosa essere sul campo di allenamento, parlare con i giocatori e cercare di farli migliorare. Quando 60.000 persone ti sostengono, ti dà una spinta enorme”.

Una lettera lunga, in cui ripercorre anche le tappe del passato, la carriera. “Come calciatore mi allenavo molto duramente, ma non sono mai stato bravo. Mi piaceva molto di più allenare che giocare. Sono stato molto fortunato a gestire diverse squadre ad altissimo livello. A Goteborg, il mio secondo lavoro, ho vinto la Coppa Uefa. In Italia, con la Lazio, ho vinto il campionato di Serie A e la Coppa dei Campioni. Con il Benfica in Portogallo abbiamo vinto il campionato tre volte e perso solo 1-0 nella finale di Coppa dei Campioni del 1990 contro il grande Milan di Arrigo Sacchi . C’erano altri grandi club e altre finali. Non è una brutta serie. Essere nominato allenatore dell’Inghilterra è stato un grande onore, forse il momento clou della mia carriera. Quando mi hanno chiesto se volevo quel lavoro, non ci credevo. È stato uno dei giorni più felici della mia vita“.

Tra i tanti giocatori allenati cita “Wayne Rooney, una palla di fuoco e uno dei migliori che abbia mai visto”. E poi racconta di quella volta in cui “eravamo in Giappone per la Coppa del Mondo del 2002 e David Beckham è venuto da me il secondo giorno e mi ha chiesto se i giocatori potevano andare a fare shopping. Non ho mai sentito giocatori italiani chiedere questo. Sì, certo, ho detto, e abbiamo dovuto organizzarci. È diventato un grosso problema perché non lasci che i giocatori escano da soli, soprattutto con Beckham. I giocatori italiani e portoghesi possono stare seduti per ore a parlare e bere caffè. Non hanno alcun problema. I giocatori inglesi hanno dovuto ammazzare il loro tempo libero. Devono fare qualcosa. Ogni torneo che facevamo aveva una sala giochi, grande quanto casa mia. Be’, forse non così grande. Una cultura completamente diversa. Mi sarebbe piaciuto avere più successo, ma è stato comunque un periodo magico”.

“Anche quando vivevo in Inghilterra ed ero l’allenatore, non ho mai sentito una parola cattiva rivolta a me da nessuno. Se avessi mai sollevato una Coppa del Mondo con l’Inghilterra, avrei ritirato il trofeo e poi mi sarei ritirato per sempre. Sarebbe stato perfetto”.

“Ho pianto molto negli ultimi mesi – conclude – Sono state lacrime di gioia, per lo più. Vorrei che le persone mi ricordassero come un bravo allenatore che ha cercato di fare del suo meglio.Il mio messaggio a tutti sarebbe: non arrendetevi. Non arrendetevi mai. Non arrendetevi, è il mio messaggio per la vita. E per favore non dimenticatelo: la vita è sempre, sempre da celebrare”.

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