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Lukaku cambia la vita del Napoli

Può un giocatore da solo impattare in maniera decisiva sull’economia di una partita? Sì, se la squadra lavora da settimane al suo arrivo

Lukaku cambia la vita del Napoli
Ni Napoli 31/08/2024 - campionato di calcio serie A / Napoli-Parma / foto Nicola Ianuale/Image Sport nella foto: esultanza gol Andre’ Zambo Anguissa

Un giocatore, da solo, può avere un impatto enorme

Napoli-Parma 2-1 è stata un saggio tattico breve ma esauriente. È stata una partita ricchissima di temi, di spunti, di sottolineature fin troppo evidenti riguardo i punti di forza – e di debolezza – delle due squadre. Più di ogni altra cosa, però, Napoli-Parma 2-1 ha dimostrato quanto possa impattare un giocatore, uno solo, sull’economia di una partita. E di una squadra. Stiamo parlando ovviamente di Romelu Lukaku, subentrato a Raspadori quando mancava mezz’ora alla fine di Napoli-Parma. E il Napoli, fino a quel momento, era stato poco più che evanescente in attacco. Nonché completamente in balia del suo avversario, dal punto di vista tattico, per tutto il primo tempo.

Molti obietteranno: può essere che nel calcio postmoderno, un gioco complesso in cui la fase offensiva e quella difensiva sono praticamente consequenziali tra loro, un singolo calciatore sia così decisivo? La risposta è che uno dei motivi per cui Lukaku, in questo caso, è stato così impattante va ricercato proprio nella contemporaneità del sistema di Conte. Nel fatto che, con Raspadori in campo, il Napoli abbia dovuto attaccare ma soprattutto difendere in un certo modo. Un modo che si incastrava in maniera perfetta con lo stile e i principi del Parma. A favore, naturalmente, della squadra di Pecchia.

Con Lukaku in campo, le cose sono cambiate subito. In un nanosecondo. Spiegheremo come e perché in questa analisi, ma era necessario iniziare da qui. Da questa premessa teorica e pratica, insieme. Che, lo premettiamo, non sminuisce per niente il lavoro fatto da Pecchia a monte e a valle, cioè sulla sua squadra in generale e in particolare su Napoli-Parma. Anzi, partiremo proprio da una lode convinta nei confronti dell’allenatore del Parma, bravissimo a preparare la partita contro un Napoli con Raspadori. Purtroppo per lui, come vedremo, non aveva preparato – o forse non aveva gli strumenti per preparare – la partita contro un Napoli con Lukaku.

Un inizio da incubo

Fin dai primissimi minuti, ieri sera, si è capito che il Napoli non avrebbe vissuto una serata facile. Conte si è presentato con la stessa squadra che ha affrontato e battuto il Bologna, quindi con il consueto 3-4-3/5-4-1 con Raspadori punta centrale. Dall’altra parte, però, non c’era il Bologna ridondante di Italiano, ma una squadra perfettamente consapevole dei difetti dei suoi avversari. E che li ha sfruttati alla perfezione. Di quali difetti stiamo parlando? Di quelli legati alla presenza di Raspadori, un attaccante che – per caratteristiche, non è certo una colpa da attribuirgli – non allunga mai il campo. Anzi, preferisce venire indietro – o comunque va incontro ai suoi compagni – per legare il gioco e creare combinazioni nello stretto.

Questa condizione, di fatto, costringe il Napoli a un pressing più intenso, a stare alto in fase passiva, quando la squadra avversaria costruisce l’azione. Per la squadra di Conte, ovviamente quando c’è Raspadori in campo, questo è l’unico modo per cercare di essere pericoloso. Non ha modo di cercare/aggredire la profondità, e allora deve provare a rubare il pallone nella zona di campo più avanzata possibile, e/o a portare molti giocatori in avanti in modo armonico, costante, sistematico.

In alto, un minuto e più di possesso palla del Parma, con due passaggi in verticale che tagliano sempre le linee del Napoli. Sopra, invece, l’azione che porta alla traversa colpita da Kowalski: in questo caso al Parma basta fare possesso orizzontale per determinare uno scompenso nel pressing degli avversari.

Il Parma si è rivelata una squadra perfetta per sfruttare questo bug tattico, esplicato piuttosto chiaramente nelle immagini che vedete sopra. E l’ha fatto nel modo più semplice ma anche più coraggioso possibile: la squadra di Pecchia si è messa a costruire dal basso, in modo da attirare il pressing del Napoli, ma poi è andata in verticale appena possibile. Attraverso passaggi come quelli che vedete nei video postati sopra, soprattutto quelli di un sontuoso Bernabé, oppure attraverso delle progressioni palla al piede. Come quella che ha determinato il rigore poi realizzato da Bonny:

Anche qui, prima che Sohm parta palla al piede, c’è un delizioso passaggio taglia-linee di Bernabé. Tutto parte da lì, Lobotka è costretto ad allargarsi per chiudere su Man e si crea un buco al centro. Certo, poi Anguissa è lento e poco cattivo nel chiudere su Sohm, ma questa è un’azione molto più tattica di quanto sembri.

Questa azione è la sublimazione di un inizio davvero da incubo, per il Napoli. Che ha pressato male, in modo disordinato, e non è quasi mai riuscito a soffocare il possesso palla del Parma. Al punto che la squadra di Pecchia, se guardiamo ai dati dei primi 45 minuti, è pari o addirittura davanti agli azzurri per la maggior parte degli indicatori: il dato sui tiri dice 10-10; quello sul possesso palla grezzo dice 53% in favore del Parma; quello sulla precisione dei passaggi dice 89% Parma e 87% Napoli; la squadra di Pecchia, sempre guardando il primo tempo, ha effettuato anche più passaggi lunghi rispetto al Napoli (23-17). Questo dato, in qualche modo, certifica la distanza enorme tra quello che abbiamo visto fare al Bologna, una settimana fa, e quanto fatto dal Parma nella sfida del Maradona.

Il Napoli, da parte sua, ha manifestato gli stessi identici problemi visti in occasione delle sfide contro Modena e Verona, le prime due gare stagionali. Ovvero: ripetitività delle giocate offensive, lentezza nel giro palla e – soprattutto – rinuncia totale, assoluta, ad attaccare la profondità. In questo senso, la mappa dei palloni giocati da Raspadori, sempre circoscritta al primo tempo, è piuttosto eloquente. E piuttosto inquietante.

Su 21 tocchi del pallone, solo 3 sono avvenuti dentro l’area di rigore

Il punto/problema, per dirla brutalmente, è che un gioco come quello di Conte non è sostenibile senza un centravanti dalle grandi misure atletiche. Cioè senza una punta che consenta agli azzurri di allungare un po’ il campo, di difendere in modo compatto, accorto, non per forza e non sempre in modo aggressivo. Poi naturalmente Lukaku garantisce grande fisicità sui palloni in area, nei duelli corpo a corpo con i difensori avversari sia sul breve che sul lungo, tutte situazioni di gioco in cui il centravanti belga ovviamente è maestro – così come lo è/sarebbe Osimhen. Ma tutto questo viene dopo, il senso del nostro discorso è strategico, riguarda i principi tattici del Napoli: con Raspadori in campo, Conte deve preparare e giocare le partite in un certo modo. Un modo che, almeno in questo momento, non appartiene a lui né tantomeno alla sua squadra. Non più, quantomeno.

Con Lukaku, prima dell’espulsione

Come detto anche da Anguissa nelle interviste postpartita, il Napoli ha ricominciato il secondo tempo in modo diverso. In modo migliore. Ha registrato un po’ le sue marcature, e così il possesso palla del Parma è stato meno ficcante, meno pericoloso. Certo, su questo cambio di scenario ha pesato anche un inevitabile calo degli avversari. Del resto era impensabile che la squadra di Pecchia riuscisse a mantenere lo stesso ritmo e soprattutto la stessa precisione e pulizia nei passaggi, nelle uscite palla al piede.

Il punto, però, è che questo predominio del Napoli non ha portato a nulla di concreto. Dal fischio d’inizio della ripresa fino a quando non è entrato Lukaku, ovvero al minuto 62, la squadra di Conte avrà anche messo insieme il 68% di possesso palla e 8 tiri tentati verso la porta di Suzuki, ma solo 2 conclusioni state scoccate dentro l’area di rigore. E Suzuki ha dovuto compiere solo 2 interventi, entrambi su botte da fuori di Kvara.

L’innesto di Lukaku ha cambiato tutto, subito. Ben prima della seconda ammonizione sventolata in faccia a Suzuki, il portiere del Parma. È un discorso di sostanza tattica, di movimenti e meccanismi, prima ancora che di risultati effettivi. Basta guardare come e dove si muoveva il centravanti belga, per cogliere le differenze rispetto a quanto succedeva solo pochi minuti prima:

In alto, vediamo Lukaku che chiama a Lobotka il lancio in verticale sulla corsa. Sopra, invece, il centravanti belga galleggia sulla linea del fuorigioco dopo un’imbucata tra le linee ricevuta da David Neres.

Queste immagini fanno riferimenti a momenti della gara in cui il Parma era ancora in undici, quindi prima dell’espulsione di Suzuki. Espulsione che per altro, e non a caso, è arrivata grazie a una giocata differente rispetto a quelle viste nel primo tempo: un lancio lungo alla ricerca di un giocatore che attaccava la profondità. Nel caso specifico si è trattato di David Neres, non di Lukaku, ma la sostanza non cambia: da quando il centravanti belga ha sostituito Raspadori, il Napoli ha finalmente cambiato il suo modo di stare in campo e di giocare il pallone. Ha iniziato ad andare più in verticale, a imbastire azioni più dirette.

A volte può bastare anche un solo tocco, per andare in porta

Tra l’altro basta riguardare solo un paio di volte questo video per comprendere come questa soluzione di gioco – il lancio in verticale dietro la difesa avversaria – potesse essere la scelta giusta in senso assoluto, e non solo per dare maggiore imprevedibilità al gioco del Napoli. È una questione di azione-reazione: già nel primo tempo il Parma aveva mantenuto un baricentro medio tutt’altro che basso, pari a 46 metri. Eppure la squadra di Conte non era mai riuscita a mettere in crisi la difesa avversaria con un pallone lungo. Ma qui torniamo di nuovo al discorso di prima: con Raspadori e Politano, che senso avrebbe avuto/ha questo tipo di strategia? Esatto, nessun senso.

Dopo l’espulsione

La partita tattica è finita nel momento in cui Suzuki, portiere del Parma, ha abbandonato il campo. Anzi, in realtà c’è stato giusto il tempo per l’ultima mossa vera di Conte: l’inserimento di Simeone e il passaggio al 4-2-4, con Lukaku e l’argentino schierati come punte avanzate. Alla fine, per quanto si sia trattato di una soluzione piuttosto elementare, ha pagato i suoi frutti: Simeone si è praticamente conquistato un rigore, poi la posizione larghissima di Kvaratskhelia ha determinato la sovrapposizione interna di Spinazzola, un attimo prima del gol di Lukaku. Ah, a proposito: nel contesto di una prestazione non proprio scintillante, da parte di Kvara, l’imbucata che dà il via all’azione del pareggio è una giocata preziosissima:

Definizione di imbucata

Il resto è stato assalto all’arma bianca, ma a questo punto vanno citate per forza le statistiche di Lukaku: in 43 minuti di gioco effettivo, il centravanti belga ha messo insieme 14 palloni giocati, di cui più della metà (8) in area di rigore; basterebbe questo dato per fare la differenza con Raspadori, ma poi possiamo aggiungere anche 3 tiri tentati, 4 contrasti portati contro gli avversari, un fallo subito. Insomma, come abbiamo detto all’inizio: Lukaku, nel sistema che Conte ha sempre avuto in mente per questo Napoli, è un giocatore essenziale. Anzi, si può usare anche un termine più impegnativo: è un giocatore irrinunciabile. Sì, perché solo un giocatore irrinunciabile riesce avere un impatto così forte e così immediato. Anche al di là del gol, che naturalmente pesa parecchio.

Conclusioni

È chiaro, l’ha detto anche Antonio Conte nel postpartita, che il Napoli abbia ancora tantissimo da lavorare. Il brutto primo tempo giocato contro il Parma è un segnale piuttosto significativo, in questo senso. Ma adesso, cioè da qualche giorno, la squadra azzurra ha iniziato un’altra stagione. Un’altra vita, viene da dire. Merito di Lukaku, merito di una società che è riuscita a prendere il centravanti espressamente richiesto dall’allenatore che siede in panchina. Allenatore che a sua volta, evidentemente, sapeva già, sapeva per certo, che l’innesto del centravanti belga avrebbe dato nuovi impulsi al suo progetto. Fin da subito.

Ora vi starete chiedendo, anche giustamente, se i problemi manifestati dal Napoli verranno automaticamente risolti dalla presenza di Lukaku. La risposta non può essere affermativa e definitiva, ma diciamo che ci sono degli indizi incoraggianti. Perché, molto banalmente, avere un attaccante come Lukaku ti consente di allungare e anche allargare il campo offensivo, di creare tensione costante nelle difese avversarie. Per azionare il centravanti belga, infatti, non c’è bisogno di muovere il pallone in modo ricercato, non c’è bisogno di portare molti uomini in avanti e di creare combinazioni strette. Basta un buon lancio in verticale, anche in una terra che sembra di nessuno.

E se questo scenario non dovesse essere abbastanza convincente, basta tornare indietro con la mente di un paio d’anni. Ai tempi in cui il Napoli di Spalletti dominava la Serie A. Ci riusciva perché, dopo una raffinatissima costruzione bassa, aveva messo a punto dei meccanismi perfetti per cercare e trovare Osimhen. Con dei lanci in verticale, anche in terre che sembravano di nessuno. Al Napoli campione d’Italia, non tutti lo ricordano, spesso bastavano tre passaggi per andare in porta con Osimhen. Oppure per liberare Kvara. Ecco, il Napoli di Conte è stato progettato per andare in quella direzione, più o meno. Ora può farlo. Vedremo se e come lo farà.

Un piccolo post scriptum

Il gol decisivo di Anguissa è arrivato grazie all’inserimento di un ulteriore giocatore in area di rigore, accanto e/o alle spalle degli attaccanti di ruolo. È ciò che chiedeva/chiede Conte ai suoi centrocampisti. È ciò che sa fare benissimo Scott McTominay, che l’anno scorso ha segnato dieci volte con indosso la maglia del Manchester United. La gran parte di questi gol sono arrivati proprio dopo dei perfetti inserimenti a rimorchio dell’azione. Anche questi piccoli segnali sono piuttosto incoraggianti, per il Napoli: le cose sono cambiate, stanno cambiando. E in modo coerente.

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