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Ridurre la stagione del Napoli alle sfide con la Juventus è come tornare ai tempi di Lauro

Bravo Conte col suo richiamo al provincialismo. Le rivalità esistono ma non queste crociate fuori dal mondo. Il Napoli è cresciuto

Ridurre la stagione del Napoli alle sfide con la Juventus è come tornare ai tempi di Lauro
Napoli's Italian head coach Antonio Conte looks on during the Italian Serie A football match SSC Napoli against Bologna FC 1909, at the Diego Armando Maradona Stadium in Naples on August 25, 2024. (Photo by CARLO HERMANN / AFP)

Di Conte apprezzo molte qualità. In primis quelle legate al suo mestiere di allenatore. Che peraltro gli riconosce tutto il mondo. E che certifica il suo curriculum. Ma c’è una caratteristica del tecnico salentino che apprezzo particolarmente ed è la sua abitudine a parlare chiaro. Il suo “parlar latino”. Cito ad esempio la sua posizione rigida sul caso Osimhen.

In particolare in questi giorni mi è sembrata quanto mai opportuna la frase utilizzata per rispondere alla domanda di un giornalista in conferenza stampa che suona più o meno così: «Pensiamo alla partita con il Cagliari, quella con la Juventus verrà dopo. Secondo me è una forma di provincialismo pensare all’incontro con la Juve come ad un evento straordinario». Sinceramente mi è sembrata una tirata ad un certo modo di essere tifosi che mi appare datato.

Ridurre il campionato del Napoli alla vittoria contro la Juve, ad arrivare in classifica prima dei bianconeri, è un po’ come tornare ai tempi del comandante Lauro. Quando tutto il campionato si riduceva a pochissimi incontri di cartello tra cui in particolare quello contro i torinesi. Salvo poi navigare a metà classifica quando non in zona retrocessione. Una squadra che si colloca tanto avanti nel ranking internazionale non deve dimenticare che o contro il Cagliari o contro la Juve o contro l’Inter sempre tre punti sono in ballo. Per carità. In ogni parte del mondo vi sono gli incontri di cartello. Quelli che eccitano i campanili. Ed anche questo fa parte di quel misterioso fenomeno che è il tifo.

Non bisogna bisogna però farne un’ossessione. Nel ridurre tutto a singoli eventi. Il Napoli a buon diritto ha guadagnato una posizione di rilievo nel panorama del calcio internazionale. E per conservarlo anche noi tifosi (dico noi tifosi e non i tifosi) dobbiamo crescere. Manifestando la nostra passione con la medesima intensità ma senza farisaiche manifestazioni di purismo. Che tendono ad assegnare a noi e solo a noi la palma dell’integrità morale in nome della quale condurre crociate ormai fuori dal mondo.

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