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Se il City vince il processo, sarà la legge Bosman dei club: “cambierà il calcio per come lo conosciamo”

In ballo non ci sono solo le presunte 115 violazioni delle regole finanziarie, per il Telegraph è la guerra definitiva dei grandi club per il controllo di tutto

Se il City vince il processo, sarà la legge Bosman dei club: “cambierà il calcio per come lo conosciamo”
Manchester City's Spanish manager Pep Guardiola smokes a cigar as he attends an event for fans with members of the Manchester City football team following an open-top bus parade through Manchester, north-west England on May 23, 2022, to celebrate winning the 2021-22 Premier League title. Manchester City's latest Premier League title triumph established the champions as a burgeoning dynasty. City's fourth title in five seasons is arguably the greatest achievement of Guardiola's glittering career as he found a way to hold off Liverpool's relentless challenge by one point. (Photo by Oli SCARFF / AFP)

Comincia oggi in Inghilterra quello che praticamente tutta la stampa internazionale racconta come “il processo che potrebbe cambiare il calcio”. Una definizione che abbiamo già trovata applicata ad altri processi in passato, ma che si è rivelata efficacia praticamente solo per sentenza Bosman del 1995. Il Manchester City è accusato di aver infranto le regole finanziarie della Premier League in 115 modi diversi. Considerata la potenza economica e politica del club (che non ha problemi a difendersi rilanciando e l’ha già ampiamente minacciato) ecco la carica dirompente del processo. Nella sostanza si tratta di un contenzioso con molti tecnicismi. Sintetizzando tantissimo: il City vuole far saltare le regole che determinano il giusto valore per gli accordi commerciali, senza le quali la Lega si trasforma in un liberi tutti di spese sfrenate per chi ha ricchezze illimitate. In pratica: senza controlli seri sul valore degli accordi commerciali stretti dai club con entità dello stesso Stato da cui proviene il proprietario del club – si chiamano tecnicamente transazioni con parti correlate (Apt) – non può esserci fair play finanziario. Il City, commentava tempo fa il Telegraph, “cerca di far crollare l’intera struttura“. Per ulteriori spiegazioni c’è questo pezzo del Guardian fatto molto bene.

Il Telegraph invece oggi cerca di mettere l’inizio del processo in prospettiva più generale, collegandolo anche all’inizio contemporaneo della nuova Champions League, “nata da un decennio di conflitti nel calcio europeo, in un’epoca di espansionismo e di battaglie geopolitiche per procura combattute in questo sport”, scrive Sam Wallace.

“Da una parte c’è il gioco nazionale inglese per club che lotta per il diritto di governare i super club che sono di proprietà dei rampolli degli stati dei combustibili fossili, magnati del private equity, stati nazionali. Dall’altra c’è la Uefa, senza altra scelta che espandere le sue partite per club più redditizi, su richiesta di un nucleo ribelle dei più grandi club d’Europa”.

Entrambi, processo e Champions, “sono eventi di portata così epica che è difficile dire cosa potrebbe arrivare prima. La commissione indipendente che emette il suo verdetto sul City, o la fine delle interminabili fasi a gironi della Champions League con otto partite per club e un ulteriore turno a eliminazione diretta a gennaio”.

Le regole, ricorda il Telegraph, “sono imperfette, ma concepite per garantire una certa uguaglianza e servono a proteggere l’equilibrio competitivo che rende il campionato un’offerta interessante per le emittenti televisive. È questa frammentazione del collettivo che è al centro di tutto. I club più grandi hanno aperto la strada e altri li hanno seguiti”.

“La ribellione della Superlega ha mostrato cosa era possibile. Il modo in cui la Uefa è gestita ora, in partnership con l’European Club Association, con cui controlla le competizioni per club e i ricavi in ​​una partnership segreta, mostra quanto sia delicata l’alleanza. Tutto ciò è derivato dalla minaccia della scissione e, sebbene sembrasse che la ribellione fosse stata schiacciata, è stata solo placata”.

Che poi in gioco c’è anche la Fifa con il suo Mondiale per club che dovrebbe partire a giugno, ma di cui si sa poco altro, “la grande mossa della Fifa per ottenere la sua fetta del redditizio mercato dei diritti di trasmissione dei club: un’espansione senza precedenti da parte dell’organismo di governo globale per sfidare il suo più grande rivale, la Uefa”.

Il punto è che ormai “i club più grandi hanno già il controllo. Gli organi di governo sono lì meno per governare e più per risolvere le controversie tra i loro membri, mentre la fragile tregua continua sotto regole che sembrano perennemente in discussione. Ciò che vogliono sono stipendi più alti, una regolamentazione più leggera per loro stessi e sanzioni più severe per i loro rivali. Sarebbe tutto ridicolo, se non ci fosse così tanto in gioco”.

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