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Sinner: «Credo che quando uno è una brava persona e cerca di aiutare, qualcosa di buono prima o poi arriva»

Al CorSera: «Come mi sono gratificato? Ho mangiato col mio team un hamburger con la Coca-Cola. Quando ho vinto ho pensato: accetta le difficoltà e vai avanti».

Sinner: «Credo che quando uno è una brava persona e cerca di aiutare, qualcosa di buono prima o poi arriva»
Italy's Jannik Sinner holds the trophy after winning his men's final match against USA's Taylor Fritz on day fourteen of the US Open tennis tournament at the USTA Billie Jean King National Tennis Center in New York City, on September 8, 2024. (Photo by ANGELA WEISS / AFP)

Dopo aver vinto l’Us Open 2024 contro Fritz in finale, Jannik Sinner ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera, parlando delle emozioni vissute in quel momento.

Sinner: «La vicenda del doping ce l’ho ancora in testa, ma ho cercato di restare concentrato sul torneo»

Crede nel destino o pensa che le cose accadano per caso, Jannik? 

«Io credo che quando uno è una brava persona e cerca di aiutare, qualcosa di buono prima o poi arriva. Ci credo molto. Quando sono in auto a New York o Miami, in una grande città insomma, guardo fuori dal finestrino e mi chiedo: chissà cosa fa quella persona nella vita. Lo immagino, mi piace ragionare su certe cose. Sì, credo in un destino, sia positivo che negativo».

Che le riserva una vittoria importante dopo aver attraversato un periodo complicato…

Sinner: «La vicenda è ancora nella mia mente, non ne è uscita. Ho cercato di rimanere concentrato sul torneo sentendomi supportato dalle persone che mi vogliono bene, e ormai il mio team mi conosce meglio dei miei genitori. Mi sono molto legato ai miei coach. Credo di aver fatto un buon lavoro ma non è che mi sono dimenticato di quello che è successo. Non è passato».

La dedica alla zia era sentita…

«La dedica mi è venuta al momento: non sono uno che si prepara i discorsi, sono piuttosto istintivo. La zia era — cioè — è una persona molto importante per me. Da piccolo i miei lavoravano tutto il giorno e io trascorrevo molto tempo con mia zia: mi accompagnava alle gare di sci, passavamo l’estate insieme. Sono cose che mi fanno vedere lo sport in modo diverso: il tennis non è la vita. Non solo. Vorrei spendere più tempo con le persone che amo però la vita non è sempre perfetta, purtroppo».

Non lo sono nemmeno io, ha detto nei giorni del torneo…

«Non sono un tennista perfetto, e mai lo sarò. Avevo delle mancanze fisiche: ho cercato di compensarle in palestra. Per me la cosa importante è giocare a tennis, riposare bene, lavorare per migliorarmi. Vorrei finire la carriera senza rimpianti, voglio potermi dire: hai fatto tutto il possibile, hai dato tutto. I risultati, in fondo, sono la conseguenza dell’impegno che metti in allenamento».

Con Carlos Alcaraz vi siete divisi gli Slam nel 2024. È finita l’era dei Big Three…

Sinner: «Aspettiamo a dire che è iniziata l’era dei Big Two: una stagione non basta. Sono contento di fare parte di questo potenziale chissà-cosa ma non puoi mai sapere cosa succede, ci sono tanti giocatori che possono fare bene. È inutile parlarne adesso. Djokovic, per esempio, all’Olimpiade ha vinto l’ultima cosa che gli mancava ed è motivatissimo per il futuro. Però è bello vedere nuovi giocatori alla ribalta, nuovi campioni e nuove rivalità. Con Carlos ci spingiamo a vicenda, rendendoci migliori. Il lavoro non finisce mai, continua. Solo chi vive con me sa cosa ho attraversato in questi mesi. Una vicenda che mi sono impegnato ad accettare. Poi ho cercato di divertirmi ma era tutto diverso da prima. Ho un equilibrio che mi aiuta e l’Open Usa ha contribuito a farmi ritrovare il piacere del tennis».

L’organizzazione che ha messo in piedi aspetta i nuovi ingressi dopo Ferrara e Naldi, preparatore e fisio, funziona:

«Io non posso permettermi di cambiare: se cambio perdo la mia identità. E non voglio. Ho fatto tanti sacrifici per arrivare fino a qui. Da quando è uscita la notizia forse si è capito perché sono stato male e ho avuto tante notti senza sonno. Però sono cresciuto anche grazie a questo, lo sento».

E la scommessa con i coach?

«Eravamo a Montreal, in Canada. Se arrivo almeno in una finale nello swing americano, ci siamo detti con Simone e Darren, mi regalate la PlayStation 5».

Come si è gratificato dopo la vittoria?

«Ho mangiato col mio team un hamburger con la Coca-Cola».

Il complimento più bello?

«Me l’ha fatto Darren prima della finale: Jannik, sii orgoglioso di quello che fai. E poi mi ha chiesto: sai chi sono le persone più fiere di te in questo momento? I tuoi genitori. Ho avuto un brivido. Sono momenti che vanno oltre il tennis. Dopo il match point con Fritz ho chiuso gli occhi e ho guardato il cielo. Ho pensato: accetta le difficoltà e vai avanti. Ho cominciato il torneo con tatti dubbi nella testa, senza sapere come mi avrebbe accolto il pubblico americano che invece con me è stato giusto, onesto».

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