A Seilatv: «Fare il forte con i deboli è una cosa che mi ha sempre dato fastidio. Ho un buon rapporto con le tifoserie pur senza avere rapporti»
L’allenatore del Marsiglia, Roberto De Zerbi ha rilasciato una lunga intervista al programma “Dodicesimo in campo” su Seilatv
«Sono una persona che vive di passioni, molto legata alle mie origini e tradizioni. Molto legato a quello che era Roberto da piccolo e che cerca di andare avanti per la sua strada mantenendo fissi 4-5 valori su cui non voglio discutere, né scendere a compromesso»
Il fatto di non essere uno yes man ti ha creato qualche ostacolo
«Qualcosa sì, però io ho imparato che forse sto diventando vecchio, ma ho imparato a fare di tutto per non avere rimpianti o rimorsi. Quando prendo una decisione o faccio una scelta, se dopo non me ne pento, era giusto. Era giusto sempre partendo da quello che sono io e che è il mio pensiero che poi non è per forza giusto. Ma mi devo riconoscere nella scelta che faccio».
I tuoi valori quali sono?
«Cerco di essere leale e giusto un po’ con tutti. Con quelli più deboli, perché anche io sono stato in condizioni svantaggiose e mi ricordo bene come si comportavano gli altri, e poi con i più forti. Fare il forte con i deboli è una cosa che mi ha sempre dato fastidio. Poi essere leale, che poi leale non significa che non puoi arrabbiarti o litigare, ma in maniera onesta e diretta».
Hai avuto una bella carriera da calciatore e poi come allenatore ti stai prendendo belle soddisfazioni, come è cambiato il calcio?
«Anche qui, forse sono diventato vecchio e come tuti i vecchi si rimpiange il passato, io credo che il calcio di una volta era più bello. Di giocatori bandiera ce ne erano di più. Forse c’era anche meno cattiveria, adesso credo che l’uso dei social selvaggio abbia creato un tutti contro tutti, si attaccano anche persone che non si conoscono. Prima invece c’era rivalità negli stadi, nelle curve e si litigava per le partite, però non c’era quella malafede, quella presunzione cattiva che c’è adesso. Poi ogni periodo descrive la storia della società di quel momento, quindi il calcio va avanti seguendo la vita sociale».
Non hai mai rinnegato la fede bresciana.
«No è l’ho fatto per due motivi, uno perché non vedo dove possa essere il problema, secondo perché è la mia tradizione e se voglio essere me stesso non posso rinnegare chi sono. Io nasco tifoso, divento calciatore e poi mi riciclo, è una parola che non mi piace, come allenatore. E non sarei stato allenatore se prima non fossi stato calciatore e prima ancora tifoso e questo mi porto in campo»
Sei stato calciatore e allenatore atipico.
«Se devo dire qualcosa o se devo prender posizione non mi faccio problemi, però certe volte anche io mi devo stare zitto, non sono completamente a ruota libera. Però per le cose importanti guardo il modo ma non il contenuto».
A volte hai fatto scelte difficili, come quando è scoppiata la guerra in Ucraina e tu eri lì ad allenare
«Quello rispecchia un po’ me. Ho fatto un ragionamento semplicissimo, ho pensato cosa avrebbe fatto mio padre in quel momento e tante volte penso ai suoi insegnamenti e di mia mamma e seguo loro».
Tuo padre ti ha trasmesso la passione per il calcio.
«Mi ha trasmesso la passione per il calcio, per il Brescia e poi è quello che mi ha insegnato a stare per strada, con gli altri. Quando sei giovane pensi che tuo padre qualche volta ha ragione, qualche volta ha torto, invecchiando devo dire che mi ritrovo totalmente in quello che diceva».
Cosa ti piace di questo mondo?
«Mi piacciono tantissime cose del calcio, io vado all’allenamento la mattina felice, creare squadre nuove e mentalità nuove mi fa sognare».
De Zerbi e il suo rapporto con le tifoserie
Cosa vorresti cambiare?
«Adesso si discute delle troppe partite, io penso che i protagonisti, calciatori e allenatori dovrebbero impuntarsi un po’ di più. Dovrebbero prendere posizione per andare anche loro a contare in queste decisioni. Una cosa che non mi piace è che tutto il calcio è manovrato da gente che non sa cosa vuol dire allenare e giocare. Questo Maradona lo diceva prima di me 20-30 anni fa».
Tu hai sempre avuto un buon rapporto con le tifoserie.
«Senza tra l’altro avere nessun tipo di rapporto, un rapporto normale tra giocatore e tifoso e allenatore e tifoso. Credo che se dai rispetto e gli altri ti vedono che fai il tuo lavoro in maniera seria, al di là del risultato sei rispettato. A Benevento ad esempio, sono arrivato un po’ contestato per i miei trascorsi a Foggia, siamo retrocessi, ma il pubblico si è comportato benissimo. I tifosi capiscono chi hanno davanti».
Hai scelto come allenatore piazze molto calde.
«Io ho scelto Marsiglia perché il presidente e il direttore sportivo mi hanno convinto, ma soprattutto per la piazza, perché volevo tornare in una piazza molto calda. Il tifoso del Marsiglia è molto simile a quello delle piazze calde italiane. In Inghilterra è tutto diverso, è bello anche lì perché c’è un fascino particolare, in qualsiasi stadio tu vada l’atmosfera è come se si giocasse la Champions. L’atmosfera è diversa, non ci sono gruppi organizzati, se non pochissimi, canta tutto lo stadio, chiaramente non con la costanza delle nostre curve».
Nella tua vita sei stato più aiutato o tradito.
«Nella vita lavorativa ho trovato di tutto, amici per la vita e giocatori che poi sono diventati amici, però anche chi mi ha tradito. Ma ti tradiscono dirigenti, collaboratori, persone all’interno delle società perché smetti di essere importante per il loro ritorno»
Prenderesti De Zerbi come allenatore se fossi il presidente di una squadra di calcio?
«Sì, dicendogli la verità, anche brutta, senza dire bugie o promettere la luna».