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La morte di Foreman. «Alì mi devastò, ero certo di metterlo ko in due round. Poi diventammo grandi amici»

È morto a 76 anni. Una sua intervista al Telegraph: “Io non avevo tattiche, avevo forza e potenza. Lui aveva un grande senso dell’umorismo. Mi faceva stare bene”

La morte di Foreman. «Alì mi devastò, ero certo di metterlo ko in due round. Poi diventammo grandi amici»
Le champion du monde de boxe des poids lourds amÈricain George Foreman (G) et son compatriote Mohamed Ali (Cassius Clay) (D) combattent ‡ Kinshasa, le 30 octobre 1974, lors du match ‡ l'issu duquel Mohamed Ali, reprenant l'offensive, regagnera son titre de champion du monde. A picture taken September 30 1974 in Kinshasa of the fight opposing former world heavyweight boxing champion the American Muhammad Ali (R) and his compatriot and titleholder George Foreman (L). Ali won and got back his title. (Photo by AFP)

George Foreman è morto, a 76 anni. È stato un grandissimo del pugilato. Anche il più anziano campione mondiale dei pesi massimi. Soprattutto, è stato protagonista del più grande incontro di pugilato della storia: la sfida con Muhammad Ali a Kinshasa nel 1974. L’incontro del secolo. Qui, la ripresa di una sua intervista di cinque mesi fa al Telegraph.  

Sono passati 50 anni. Mezzo secolo da “The Rumble In The Jungle”, il match più famoso della storia della boxe: il campione dei pesi massimi George Foreman contro Muhammad Alì, 30 ottobre 1974, a Kinshasa. Ali è morto otto anni fa a 74 anni, dopo una lunga battaglia contro il morbo di Parkinson. Foreman oggi ha 75 anni e lo ricorda intervistato dal Telegraph. Prese la sconfitta così bene che il suo match successivo fu contro cinque uomini in una notte, a Toronto, per “dimostrare la sua forza” dopo la “devastante” prima sconfitta in carriera contro Ali. Ne mandò Ko tre.

“Sono solo felice di poterlo ricordare. Punto. Non ho altro che bei ricordi, ma all’epoca ero devastato dalla sconfitta. Avevo 25 anni. Sono andato a quel combattimento imbattuto in 40 incontri e credevo che nessuno fosse in grado di battermi. Mi sentivo invincibile. Pensavo di mettere Ko Muhammad Alì in due round. Perdere quel combattimento mi ha davvero devastato. Non riuscivo a capire perché le mie tattiche non funzionassero e non lo avessi messo Ko”.

All’epoca Foreman era così favorito che alcuni temevano che Foreman avrebbe mutilato o addirittura ucciso Ali. “Pensavo davvero che avrebbe fatto due round e non di più. Quando ho alzato lo sguardo ed eravamo al quarto round… mi sono chiesto cosa stesse succedendo…”

“Non ho mai avuto la sensazione di essere famoso o una celebrità. Era Muhammad Alì che amava essere una celebrità.

Foreman ripensa a quei due mesi in Africa con sentimenti profondi, un capitolo della sua vita che non dimenticherà mai. “Era così diverso. Le persone che rappresentavano il governo erano venute a casa mia e mi avevano promesso che mi avrebbero pagato bene. Quindi ho detto ‘perché no?’ In verità, ero emozionato di andare in Africa. Quella visita, l’evento, persino la lotta, non sono mai scomparsi dal mio cuore. Seduto lì in hotel, guarire; andare in campagna, correre e allenarsi ogni giorno, guardare le persone che si lavavano nel fiume Congo. Ha un significato speciale nel mio cuore, e vive ancora cinquant’anni dopo. L’Africa. Il fiume Congo. È ancora vivo in me”.

Ma quella notte, andò tutto storto perché Alì, con il metodo “rope-a-dope”, fece di Foreman la sua vittima. Foreman aveva una filosofia che non funzionò contro Alì: “Quando andai in Africa, pensavo che nessuno potesse battermi, perché non potevano incassare i miei pugni. Andavo lì, lasciavo l’accappatoio all’angolo, senza istruzioni, senza tattiche… mi lasciavo andare e basta...”

Foreman si ritirò per 10 anni a 27, poi a 37 anni tornò sul ring vinse il titolo mondiale titolo mondiale 20 anni dopo, all’età di 45 anni. “Ho avuto 10 anni di pausa in cui potevo mangiare quello che volevo, andare dove volevo, andare a cavallo, e quando sono tornato alla boxe, tutto era ancora lì. Potevo ancora farlo”, ha spiegato Foreman. “È stato facile, perché la boxe per me era salire sul ring e combattere, mi veniva naturale. Avevo forza e potenza, e non ho mai dubitato di me stesso”.

Con Muhammad Alì “siamo diventati grandi amici. Aveva un grande senso dell’umorismo, amava essere la star dello spettacolo, non importa dove andasse… era una celebrità. Amava essere una celebrità. Amavo stare con lui, mi faceva davvero sentire bene”.

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