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Hürzeler il post De Zerbi al Brighton: «Ero convinto di dover vincere solo col bel gioco. Poi ho capito»

Al Telegraph. Ha 31 anni: «Facevo il mercante d’arte. Vendere quadri mi è servito per il lavoro di allenatore, devi capire chi hai di fronte»

Hürzeler il post De Zerbi al Brighton: «Ero convinto di dover vincere solo col bel gioco. Poi ho capito»
Brighton's German head coach Fabian Hurzeler reacts prior to the English League Cup football match between Brighton and Hove Albion and Crawley Town at the American Express Community Stadium in Brighton, southern England on August 27, 2024. Glyn KIRK / AFP

Fabian Hürzeler, l’allenatore trentunenne del Brighton che ha presto il posto di De Zerbi, si è raccontato in una lunga intervista al Telegraph.

Il giornale inglese racconta che “la carriera da allenatore di Hürzeler è iniziata nelle serie inferiori del calcio tedesco, in un club amatoriale di quinta categoria. Non era un ruolo a tempo pieno e non era certo ben retribuito. Aveva bisogno di fare altri lavori, oltre a quello di allenatore, e lo trovò presso un mercante d’arte di Monaco”.

Ma l’arte non era la sua passione: «Sono stato licenziato», dice ridendo. «La proprietaria era molto gentile, ma un giorno si è resa conto che stavo guardando il calcio, invece di lavorare davvero, perché non vendevamo quadri. Sono sincero: in quel periodo ho guardato molte partite di calcio».

Per lui è stata comunque un’esperienza formativa:

«Ma è stato anche un bel periodo per me. C’era qualcosa di interessante nel vendere questi quadri, perché se vuoi vendere qualcosa a una persona, devi cercare di convincerla. Non puoi dire: “Guarda questo quadro. È un quadro fantastico ed è di Roy Lichtenstein o Damien Hirst. Che artista straordinario, bla, bla, bla”. No, se si vuole davvero vendere qualcosa – ed è simile al fare l’allenatore – bisogna capire le esigenze e i desideri dei clienti».

Hürzeler: «Da giocatore mi mancava qualcosa. Ero intelligente, ma non veloce»

Hürzeler ha riconosciuto delle similitudini tra il suo vecchio lavoro e quello di allenatore:

«Devi chiedere: “Cosa stai cercando? Quali sono i tuoi bisogni? Quali sono i tuoi interessi nella vita? Poi si capisce che tipo di persona è. È come per i giocatori. La cosa più importante è capire la persona che sta dietro al giocatore».

Lo stesso Hürzeler è stato un giocatore, ma ha ammesso di non aver mai avuto chissà quale talento.

«Mi mancava qualcosa. Ero un giocatore intelligente, ma non il più veloce. Non riuscivo a difendere la mia area di rigore e non riuscivo a segnare».

L’allenatore del Brighton ha poi parlato di com’è cresciuto:

«Non ho bevuto alcolici fino ai 18 anni. Non sono andato a nessuna festa fino a 18 anni. Avevo una ragazza e se lei andava a una festa, io dicevo di no. Ho fatto davvero molti sacrifici nella mia vita per diventare un calciatore professionista».

Deve tutto all’insegnamento dei suoi genitori:

«I miei genitori hanno lavorato duramente per arrivare dove sono. Non hanno dovuto dirmi quali sono i valori importanti per loro, me li hanno mostrati mettendoli in pratica loro stessi. Mio padre andava al lavoro in bicicletta, indipendentemente dal tempo. Non lo dimenticherò mai. Erano le sei del mattino, pioveva e io gli dicevo: “Dai, andiamo in macchina”. Lui rispondeva: ‘No, andiamo in bicicletta’».

Le batoste con il Pipinsried, squadra tedesca che portò dalla quinta alla quarta divisione, ha capito molte cose:

«Siamo andati in quarta serie giocando un calcio posizionale, con molto possesso. Sono stato testardo. Ho detto: ‘Continuerò a giocare così perché è il mio stile di gioco, voglio avere il possesso’. Ma è andata completamente male. Pensavo sempre che dovessimo vincere la partita facendo un bel gioco, per via della mia carriera al Bayern. Ho imparato che non è quello il punto. L’ho imparato davvero».

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