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Il Napoli di corto muso: dipinti come avversari (se non nemici), Conte e Allegri si ritrovano dalla stessa parte

Al Nord l’1-0 è sinonimo di solidità. A Napoli è come se manchi qualcosa. Lo strano destino di due allenatori che non si sono mai amati

Il Napoli di corto muso: dipinti come avversari (se non nemici), Conte e Allegri si ritrovano dalla stessa parte
AC Milan's coach Massimiliano Allegri (L) and Juventus' coach Antonio Conte are pictured during the Serie A football match Juventus vs AC Milan on October 6, 2013 in Turin. AFP PHOTO / ALBERTO LINGRIA (Photo by ALBERTO LINGRIA / AFP)

Il Napoli di corto muso: dipinti come avversari (se non nemici), Conte e Allegri si ritrovano dalla stessa parte

Mettiamo da parte gli esteti. Lo abbiamo scritto: se ne facciano una ragione. E mettiamo da parte anche i tifosi del Napoli che soffrono la juventinità di Conte. Amen. Parliamo di calcio. Il Napoli ha vinto la sua quarta partita di fila, la seconda consecutiva per 1-0. Di corto muso, come si dice ormai da mitologica frase di Massimiliano Allegri in una memorabile conferenza stampa. Fece l’esempio dell’ippica: vinci anche se vinci in fotografia, corto muso. E al Nord, giù al Nord, questo modo di vincere le partite impressiona. Quelli che vincono, che sono più abituati a vincere, non confondono la poesia col risultato. Anche se, soprattutto, nella Milano rossonera, il bel calcio lo hanno visto. L’1-0 al Nord è sinonimo di solidità. Con l’1-0 a Napoli sembra sempre che manchi qualcosa.

Può apparire assurdo, per alcuni finanche blasfemo, ma oggi, nell’attuale contesto dialettico del calcio italiano, Conte e Allegri sono vicinissimi. Eppure nell’universo juventino i due hanno a lungo creato fazioni opposte. E ancora le creano. L’arrivo di Allegri suscitò una vera e propria ribellione, lo ricordiamo. I calci all’automobile. Gli sputi. Non lo volevano. Venivano da tre anni di vittorie con Conte. Con Max gli scudetti da tre diventarono otto. Con l’aggiunta di due finali di Champions, altro che ristorante da cento euro. Tra i due, almeno mediaticamente, è sempre rimasta quella gelida distanza come tra Sacchi e Capello. Anche perché i tipi umani sono il giorno e la notte. Ma anche il modo di giocare, lo sappiamo bene, è lontano. Ma è cambiato il panorama.

Conte e Allegri, il tempo deforma tutto

Poi, però, il tempo deforma le prospettive, attenua le differenze. L’avvento del nuovo calcio, quello del possesso palla e degli expected goals, unito alla visione coreografica del pallone li ha forzatamente portati dalla stessa parte della barricata. Anche se gli allegriani ortodossi, come i contiani ortodossi, inorridiscono. Pazienza.

Oggi il Napoli di Conte ha vinto di corto muso. Anche se Conte giustamente ricorda che quella contro il Lecce non è stata una partita sporca. Conte ci riporta ai primordi del calcio. Se vogliamo, dello sport. «Non bisogna avere fretta, sono partite che si possono vincere anche al 95esimo». Parole che avrebbe detto pari pari anche il buon Max. È un’altra visione del calcio. È la visione darwiniana, agonistica del gioco del calcio. Oseremmo dire dello sport. La capacità di vincere le partite nella testa prima ancora che sul campo. Nessun avversario è facile. Quella è la PlayStation. È fin troppo sottostimata la dichiarazione di un certo Novak Djokovic che qualche tempo fa disse: «Il tennis è uno sport mentale, a tirare i colpi si impara ma è la forza mentale a fare la differenza. Si vince nella testa».

È la frase che ripete chi vive lo sport a livelli da Everest. Chi sa cosa sia e cosa significhi l’attraversamento del deserto che porta alle vittorie. In un simile contesto, ossia nel contesto dell’agonismo ad alto livello, la ricerca dell’estetica, o presunta tale, è a dir poco dissonante. È una forma di dissociazione. E il calcio di oggi, soprattutto la lunare narrazione imperante in Italia, ha riportato i due vecchi avversari (o nemici) dalla stessa parte. A pochi metri di distanza.

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