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Nel Napoli di Conte c’è una certezza: non c’è stato alcun ritorno al 4-3-3 (difende a cinque)

Conte è diventato maestro di trasformismo tattico. Anche ieri. Nel secondo tempo, col 5-4-1 Anguissa e Lobotka si sono esaltati. E poi Lukaku…

Nel Napoli di Conte c’è una certezza: non c’è stato alcun ritorno al 4-3-3 (difende a cinque)
Ni Napoli 04/10/2024 - campionato di calcio Serie A / Napoli-Como / foto Nicola Ianuale/Image Sport nella foto: Napoli

Trasformismo tattico

Il Napoli di Antonio Conte è una squadra che cambia continuamente. Per ogni partita, dentro ogni partita. Quella contro il Como, al di là del risultato, ha visto gli azzurri mutare assetto diverse volte. Non solo rispetto alle gare precedenti, ma anche in base all’andamento del gioco. Perché Conte si sta rivelando un maestro di trasformismo tattico. E perché, questa cosa va detta prima di subito, la squadra di Fàbregas ha trovato il modo per mettere in difficoltà gli azzurri. Per renderli un po’ meno solidi rispetto a quanto abbiamo percepito nelle ultime settimane. Solo che, da parte loro, i giocatori di Conte – e lo stesso allenatore salentino – hanno trovato le contromosse adatte. E alla fine hanno vinto con merito. Senza dare la sensazione di dominare tatticamente la partita, ok, solo che questo aspetto conta meno di zero, quando si tratta di compilare la classifica.

Ma andiamo con ordine, e partiamo dalle scelte iniziali. Per Napoli-Como, Conte ha disegnato uno schema tattico estremamente fluido. La base di partenza è il 4-2-4/4-2-4 che abbiamo già visto nelle ultime settimane: linea difensiva Di Lorenzo-Rrahmani-Buongiorno-Olivera davanti a Caprile, doble pivote Anguissa-Lobotka e McTominay schierato praticamente da seconda punta, alla stessa altezza di Politano, Kvara e Lukaku. Non c’è neanche il tempo di iniziare che gli azzurri sono già in vantaggio. E il gol arriva con il più classico dei giochi collettivi legati al 4-4-2/4-2-4:

Pochi passaggi, solo quelli che servono

È tutto estremamente lineare: Buongiorno porta palla sul centrosinistra, Olivera si alza dopo che Kvaratskhelia si accentra e gli lascia spazio; stessa cosa a destra, dove nel frattempo Politano ha fatto il movimento a convergere verso il centro e così si è determinato il quadrato magico con Kvara e le due punte; la palla passa proprio da quel lato, dai piedi di Di Lorenzo, che cerca e trova subito l’imbucata verso Lukaku; il centravanti belga si muove e riceve il pallone nella zona sud-est del fronte offensivo, mentre dall’altra parte, sulla stessa linea, c’è un secondo attaccante puro (McTominay) che aggredisce la profondità; movimento a perno sul difensore, controllo e assist a seguire che asseconda quell’inserimento; altro stop a seguire, stavolta di McTominay, e palla in buca d’angolo.

Ripetiamo: questo è 4-4-2 (o 4-2-4, se preferite le formule più estreme) in purezza. Ed è anche un 4-4-2 ben congegnato, diretto ed efficace. Non solo perché il gol arriva subito dopo il calcio d’inizio, sfruttando un meccanismo su cui Conte nel postpartita ha confessato di aver lavorato, ma perché al Napoli sono bastati pochi passaggi per entrare letteralmente in porta. Per cambiare il risultato e inclinare l’andamento della partita. Non è mai una cosa scontata.

Il 4-3-3 non esiste (e neanche la difesa a quattro)

Il gol alla prima azione, e questa volta non è una metafora giornalistica, ha in qualche modo spinto/costretto il Como a esasperare la sua identità di gioco. Cioè a forzare subito con il possesso insistito, con i cambi di gioco da una fascia all’altra, con la ricerca delle imbucate tra le linee per Nico Paz. Per tutta risposta, il Napoli si è schierato con un assetto difensivo che non avevamo mai visto prima: un 5-3-2 duro e puro che si determinava grazie al costante ripiegamento di Politano sulla linea dei difensori. E all’avanzata di Kvara sulla stessa linea di Lukaku.

Nel frame in alto si vede chiaramente la linea difensiva a cinque del Napoli; sopra, invece, vediamo il 3-2 con Anguissa-Lobotka-McTominay alle spalle di Kvara-Lukaku

Questo schieramento, pensato e adottato proprio per affrontare il Como, ha consentito al Napoli di evitare qualsiasi scompenso contro il 4-2-3-1 di Fàbregas. Intanto perché uno dei due braccetti (Di Lorenzo e Buongiorno) aveva la possibilità di rompere la linea e andare a braccare da vicino Paz, compito che è toccato più volte a Di Lorenzo. E poi perché Conte, in questo modo, ha potuto chiudere tutte le linee di passaggio interne, costringendo di fatto il Como ad attaccare solo attraverso azioni di accerchiamento. Oppure alla conclusione da fuori.

Di conseguenza, possiamo ammetterlo con assoluta certezza, il Napoli non sta vivendo nessun ritorno al 4-3-3. Né tantomeno si sta verificando il passaggio alla difesa a quattro. La fase di non possesso del Napoli di Conte, infatti, si basa – ancora e sempre – su una chiarissima linea a cinque. Che poi si trasforma effettivamente in una linea a quattro, ma solo quando c’è da impostare il gioco.

E neanche sempre, in verità: contro il Como, infatti, spesso gli azzurri hanno dato un’ulteriore prova di fluidità, disponendosi a tre in fase di costruzione. In certi casi, come vediamo negli screen sotto, gli uomini-cuneo sono stati i terzini, naturalmente a turno. Oppure uno tra Lobotka e Anguissa, con conseguente scalata di McTominay o Kvara a centrocampo. Il Napoli, quindi, ha impostato il gioco anche con una sorta di 3-4-3, il modulo su cui Conte ha lavorato in estate.

Nel frame in alto, la linea a tre è formata da Di Lorenzo, Rrahmani e Buongiorno; sopra, invece, vediamo Lobotka che scende tra i centrali Rrahmani e Buongiorno, con Di Lorenzo avanzato fuori inquadratura e Olivera in posizione di pivote davanti alla difesa.

Il risultato di tutte queste mosse non è stato così esaltante, almeno dal punto di vista puramente tattico. Nel senso: il 5-3-2 difensivo del Napoli ha funzionato discretamente in fondo nel primo tempo il Como ha tirato solo una volta dall’interno dell’area su 8 tentativi complessivi, ha centrato lo specchio della porta solo in 2 occasioni (il gol di Strefezza e un tiro di Paz parato da Caprile), a cui va aggiunto il palo colto da Paz, e non ha creato grandi pericoli. Al tempo stesso, però, va detto che il Napoli del primo tempo non ha mai tirato in porta – gol a parte, naturalmente – su azione manovrata, ha messo insieme solo 3 tiri tentati e – come ha giustamente sottolineato Conte nel postpartita – ha perso tantissimi duelli individuali. Sia con la palla a terra che con la palla in aria. In totale, secondo Whoscored, i giocatori di Fàbregas hanno vinto 6 contrasti di testa e hanno portato 10 tackle andati a buon fine.

Meriti e demeriti

Quando si accumulano certi numeri, vuol dire che qualcosa non ha funzionato. Vuol dire che il sistema scelto per fronteggiare e limitare un avversario – non stiamo parlando solo del 5-3-2, ma anche del modo in cui viene interpretato, quindi dell’atteggiamento tenuto in campo, delle coperture e dei meccanismi di risalita dal campo – non era quello giusto. Come detto, non è stata solo una questione di possesso palla (all’intervallo il dato grezzo diceva 58% Como e 42% Napoli) e dominio territoriale: la squadra di Conte non è riuscita a ripartire, a imbastire azioni pericolose.

Laddove finiscono i demeriti del Napoli, però, iniziano i meriti del Como. Che è venuto allo stadio Maradona forte di un’identità radicata, di un gioco fondato sulla qualità, sulla pazienza, su un costante ragionamento per andare a stanare l’avversario. Basta riguardare l’azione del gol di Strefezza, per capire cosa intendiamo:

Un’ottima azione di possesso dopo una riconquista in zona avanzata

Sì, la rete arriva grazie a un tiro da lontano. Prima della conclusione, però, il Como riconquista palla in zona avanzata, porta tanti uomini nella metà campo del Napoli, muove il pallone con intelligenza e coraggio. aspetta il momento buono per imbucare la sfera tra le linee. Quando arriva il tiro decisivo, inoltre, Strefezza ha due linee di passaggio aperte e anche semplici: anche questo è un segnale importante. Così com’è importante, però, il fatto che tutta questa azione nasca da un pallone buttato via da Di Lorenzo. Dal fatto che il Napoli, nella seconda parte del secondo tempo, non sia riuscito a uscire in modo pulito dalla sua trequarti campo. Insomma, l’abbiamo detto prima: ci sono i meriti e anche i demeriti.

La ripresa

Nelle interviste del postpartita, Conte l’ha detto più volte: «Nella ripresa abbiamo cambiato qualcosa a livello tattico e siamo stati premiati». Ma, esattamente, a cosa ha fatto riferimento? A un nuovo cambio di sistema, in particolare di sistema difensivo: fin dai primi istanti dopo il rientro dall’intervallo, il Napoli si è messo col 5-4-1 in fase di non possesso. E quindi con Politano esterno a tutta fascia e con Kvara centrocampista di sinistra, davanti a Olivera.

5-4-1, non c’è alcun dubbio

Come detto prima, però, non è solo una questione di moduli e di spaziature. Non lo è mai. Si parte in primis dai principi di gioco e dall’atteggiamento. E il Napoli della ripresa, complice anche una nuova disposizione in fase di non possesso, ha alzato notevolmente i giri del suo motore. Ha intensificato il pressing, è andato a prendere il Como in avanti e con maggior decisione. Ed è così che si sono determinate le condizioni per cui la squadra di Fàbregas ha tenuto il pallone in modo più conservativo, senza essere mai davvero pericolosa: appena 3 tiri tentati in 45 minuti più recupero. Grazie al pressing più alto del Napoli, poi, è nata anche l’azione che ha portato al rigore trasformato da Lukaku:

Pochi istanti dopo questo momento, con cinque uomini nella trequarti campo del Como, Olivera si alzerà su Sergi Roberto e lo costringerà all’errore.

In questo nuovo contesto tattico, Lobotka e Anguissa si sono letteralmente esaltati. A fine gara, secondo le rilevazioni di Sofascore, il centrocampista slovacco ha messo insieme 7 duelli uno contro uno vinti su 7 tentati, 7 contrasti vinti su 7 tentati e un totale di 8 palle recuperate; Anguissa, invece, è stato il giocatore schierato da titolare con la velocità media più elevata in assoluto, 10,97 km/h secondo i dati della Lega. Anche McTominay è stato preziosissimo: nessuno ha corso più di lui, ben 12,4 km accumulati, tra tutti i calciatori entrati in campo durante Napoli-Como.

Prova di forza, poi David Neres (e Lukaku)

Il Como si è via via eclissato, e neanche i cambi di Fàbregas – che è passato al 4-4-2 puro con gli ingressi di Gabrielloni e Belotti – sono riusciti a cambiare l’inerzia della partita. L’unica azione degna di nota della squadra lombarda è arrivata su un lancio lungo valutato male da Olivera e Buongiorno, ma eravamo al minuto 84′ e Paz era troppo stanco per poter impattare bene la sponda di Gabrielloni.

Insomma, il Napoli avrà anche perso la partita tattica del primo tempo, ma poi si è impadronito della ripresa – e del risultato – con una vera e propria prova di forza. A cui ha partecipato anche la panchina, con Mazzocchi e soprattutto David Neres: in poco più di un quarto d’ora di gioco, l’esterno brasiliano ha messo insieme 2 dribbling tentati, 2 conclusioni verso lo specchio difeso da Audero e un totale di 0,67 gol attesi, la quota più alta di tutti i giocatori in campo. Escluso Lukaku, che però ha calciato un rigore.

Ecco, appunto: Romelu Lukaku. Al di là del rigore che ha riportato il Napoli avanti, il centravanti belga ha servito due assist di qualità. L’ha fatto – come detto anche in apertura – interpretando il suo ruolo in maniera diversa rispetto al passato, muovendosi non come unico riferimento offensivo, ma come componente di un tandem. Va bene che McTominay non è e non sarà mai Lautaro Martínez, ma è vero pure che Conte sembra aver trovato il modo per sfruttare il suo centravanti-feticcio al di là del suo evidente ritardo di condizione.

Conclusioni

Quest’ultima frase – Conte sembra aver trovato il modo per sfruttare il suo centravanti-feticcio al di là del suo evidente ritardo di condizione – è la chiave di tutto. Perché va oltre Lukaku, nel senso che descrive l’approccio fluido manifestato dall’allenatore salentino fin da quando è arrivato a Napoli. In questo senso, la partita contro il Como ha avuto – e probabilmente avrà – un significato importante: Conte, infatti, ha disegnato un nuovo assetto per la sua squadra e poi l’ha modificato in corsa. Nel modo giusto. Nel modo che, stringi stringi, gli ha permesso di portare a casa i tre punti.

Per ogni partita del suo Napoli, Conte sta studiando nuove formule, sta prendendo accorgimenti sempre diversi. Non tutti, l’abbiamo visto, si rivelano efficaci. Ma questo non lo inibisce, anzi lo spinge a continuare. A insistere nel suo lavoro di ricerca, di evoluzione costante. Era una strada possibile per una squadra di grande qualità che però, per tanti motivi, doveva necessariamente vivere una stagione di ridefinizione o quantomeno di transizione. La classifica e la sensazione di forza espresse dal Napoli ci dicono che era ed è la strada giusta. Sarà divertente capire fin dove arriverà.

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