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Pastore: «Alle 2 di notte abbiamo chiamato Ancelotti. È venuto al ristorante a festeggiare con noi»

A Diretta.it: «Eravamo in un ristorante a festeggiare il primo titolo di Ligue 1. Come centravanti puro per me Cavani era unico, con lui ho sviluppato un’intesa enorme»

Pastore: «Alle 2 di notte abbiamo chiamato Ancelotti. È venuto al ristorante a festeggiare con noi»

Javier Pastore, ex Palermo, Psg e Roma, ha rilasciato una lunga intervista a ‘Diretta.it’. «Chi è stato il più forte con il quale ho giocato? Con Ibrahimovic mi trovavo a occhi chiusi. In generale, a parte Messi, con il quale ho giocato in nazionale, ti direi che è stato lui il più forte. Poi come centravanti puro per me Cavani era unico».

Continua proprio sull’uruguaiano:

«Fin da Palermo ho sviluppato un’intesa enorme con lui, sia dentro sia fuori dal campo, dove lui preparava il mate e anche l’asado a noi più giovani. In campo sapevo dove fosse scattato anche prima di guardarlo. Dopo Messi credo che Neymar sia stato il più geniale, vedeva cose che gli altri non vedevano, aveva una creatività unica. E poi ce n’è un altro…. Ilicic. Con lui a Palermo ci siamo divertiti tanto. Ma proprio tanto!».

Pastore: «Con Ancelotti al Psg eravamo una vera famiglia»

Un aneddoto su Ancelotti:
«È vero che una notte lo avete svegliato per farlo venire a festeggiare con voi calciatori? (Ride) È verissimo. Eravamo in un ristorante a festeggiare il primo titolo di Ligue 1 della nuova proprietà, e alle due di notte il Pocho Lavezzi lo chiamò davanti a tutti noi. Carlo dormiva, ma rispose comunque, pensando che si trattasse di qualcosa di grave, e dopo neanche venti minuti si presentò al ristorante per venire a festeggiare con noi. Fu qualcosa di incredibile per un allenatore che aveva già vinto tanto. Ci raccontò tanti aneddoti e tante storie del suo passato, dando l’ennesima prova della sua dolcezza. Carlo si fa amare tanto dai suoi giocatori, e con lui al Psg eravamo una vera famiglia» .

Della sua avventura alla Roma, Pastore ha detto: «Appena seppi della possibilità di far ritorno in Italia ero contentissimo. La Roma è tra le più grandi squadre d’Italia, e c’era tanta voglia di far bene. Parlando personalmente, il primo anno non riuscii a trovare l’equilibrio con l’allenatore del momento (Eusebio Di Francesco ndr), che mi faceva giocare più in mezzo al campo come interno e obbligandomi a difendere troppo. Poi arrivò Paulo Fonseca e tutto cambiò in meglio per me dal punto di vista tattico, anche se poi mi fermò l’infortunio all’anca, che mi tenne fermo per un anno e mezzo. Il tutto in una squadra che aveva riposto tante aspettative su di me, un peccato».

 

 

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