ilNapolista

Poyet: «Con le regole di oggi, metà dei calciatori degli anni 90 sarebbe in prigione»

L’uruguaiano ex Chelsea al Times: “Oggi nessuno vuole fare il cattivo. Le accademie ti insegnano che non puoi fare fallo. Ma quando mai! Zola il migliore di tutti”

Poyet: «Con le regole di oggi, metà dei calciatori degli anni 90 sarebbe in prigione»
Greece's Uruguayan Head Coach Gustavo Poyet before the UEFA EURO 2024 qualifying play-off final football match between Georgia and Greece in Tbilisi on March 26, 2024. (Photo by Giorgi ARJEVANIDZE / AFP)

Gus Poyet, uruguaiano, era l’uomo di garra quando giocava nel Chelsea di Zola. Ed è stato un tecnico di garra fino alla nazionale greca. In una bella intervista al Times racconta un po’ di aneddoti da calcio inglese, ma soprattutto parla di come il calcio sia cambiato, si sia ammorbidito. E ribadisce: il migliore di tutti era Gianfranco. Gianfranco Zola. “Al 100 percento. La mia definizione di Gianfranco è semplice: ero un giocatore migliore quando giocava con me. Qualunque sia il tuo livello, giocare con Gianfranco ti renderà migliore. Un genio. Aveva tutto. Tecnica, distribuzione, posizionamento. Ogni giorno in allenamento faceva qualcosa, un passaggio, un movimento, una mossa, e tutti dicevamo: grazie mille. Ora torniamo a casa felici. Hai reso bella la nostra giornata”.

Poyet ricorda il suo avvicinamento all’Inghilterra alcolica: “Ero scioccato. Ricordo di essermi infortunato, la mia prima sera fuori. Mi hanno dato una birra e io la tenevo in mano, non sapevo se avrei bevuto. E poi me ne hanno portata un’altra e me l’hanno messa nell’altra mano… Mi sono adattato. Sapevo che dovevo dare qualcosa di me stesso e anche se non ero un gran bevitore dovevo essere presente. Essere parte della squadra. Non ho mai saltato una serata fuori, ma l’ho fatto a modo mio. Per le serate di Natale a Londra i giocatori si riunivano alle due, io arrivavo alle sette. Se iniziavo alle due… non farò nomi ma il modo in cui alcuni bevevano era incredibile. E il giorno dopo, si allenavano, nessun problema. Io sarei stato in coma per sette giorni“.

Il calcio degli anni 90 era ancora molto “fisico. Mi piaceva. Lontano da casa, al nord, era sempre dura. Leeds! Una domanda tipica che mi fanno ovunque nel mondo: chi è stato il giocatore più duro contro cui hai giocato? Be’, ogni volta che ti trovavi di fronte a Roy Keane dovevi essere preparato. Perché sapevi che sarebbe arrivato. Nel tunnel guardavo e c’erano Dennis, Dan Petrescu, Robbie Di Matteo e io a centrocampo. Più Gianfranco Zola. La mia sensazione, guardando gli avversari lì in piedi, era sempre: oggi avete un problema”.

Prosegue Poyet: “Il problema è che nessuno vuole essere quello cattivo ora. A noi piaceva essere quello cattivo! Wisey lo adorava, anche Roy Keane. Non credo che nessuna delle squadre per cui ho giocato negli anni 90 avrebbe sopportato il Var. Metà di noi sarebbe in prigione. Quelle partite tra il Manchester United e il Chelsea? Impossibile. Ora? Nessuno commette fallo. Vedo squadre che perdono 6-0 e nessuno prende nemmeno un cartellino giallo. Ma i giocatori duri, come Roy Keane, erano anche calciatori eccezionali. Il problema sono le accademie. Insegnano solo in un modo. Non insegnano la sofferenza, la competizione, il contatto. Non fraintendetemi. Il contatto non significa fare male, ma il contatto fa parte del gioco. Dicono che non puoi fare fallo su qualcuno. Sì, puoi. Ciò non significa che gli darai un calcio in testa. A proposito… sono stato preso a calci in testa da Roy Keane nel Charity Shield”.

ilnapolista © riproduzione riservata